Torna alla pagina precedente

Comune: AVELLA (Av)
Sito archeologico: L'abitato romano
Ubicazione: Intero paese
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Avellino- Ufficio scavi di Avella (Via Cupa Sacramento n. 1 - tel.08251044)
Modalità di visita: La città si può percorrere liberamente.
Cenni storici: Situata nel bacino superiore del fiume Clanio, Avella, per la sua posizione geografica, ha sempre rappresentato un importante crocevia. La presenza umana sul suo territorio nella preistoria è accertata fin dal paleolitico superiore mentre il primo insediamento abitativo risalirebbe alla fase appenninica. Le testimonianze d’epoca protostorica, messe in luce da scavi effettuati lungo il corso del fiume Clanio, sono relative ad una necropoli dell’Età del Ferro (secoli VII - VI a.C.) e ad alcuni vasi metallici e ad impasto a vernice nera, dalle forme raffinate e con decorazioni a linee incise. Avella fu originariamente un insediamento del popolo osco; in seguito subì la dominazione, prima da parte della popolazione etrusca, poi da quella sannitica. A tal proposito, la documentazione archeologica esistente offre alcuni reperti, per lo più manufatti, di tipo greco od etrusco. Alcuni autori le attribuiscono un’origine calcidiese, ma le ricerche archeologiche non hanno dato a quest’ipotesi il necessario riscontro. Certo é che, in questa fase dell’antichità, Avella svolse un importante ruolo di mediazione tra le civiltà dell’interno e quelle della costa. Passata sotto la protezione dei Romani nel 399 a.C., fu civitas foederata, mantenendo il suo ordinamento interno basato sul potere del senato, espressione dell’oligarchia locale alleata dei Romani. Essa fu centro della Campania Felix ed il suo abitato occupò il sito coincidente con la parte orientale dell’attuale centro storico, in una posizione strategica per il controllo della direttrice di collegamento tra la pianura campana e la valle del Sabato. Di epoca romana, risalente alla metà del II secolo a. C., è uno dei reperti più significativi e cioè il Cippus Abellanus, rinvenuto nel 1685 fra i ruderi del castello e conservato presso il Seminario Vescovile di Nola. Si tratta di un grosso blocco in pietra arenaria recante, inciso, il testo di un trattato tra Nola ed Avella sull’uso comune delle aree circostanti il tempio di Ercole, posto al confine tra le due città, scritto in lingua osca. Nel periodo della formazione della confederazione italica, avente per fine il riconoscimento dei diritti civili e della relativa guerra sociale (91-88 a.C.), Avella rimase fedele a Roma tanto che fu elevata a Municipium e, più tardi, a colonia, di cui si ha testimonianza attraverso la centuriazione del suo territorio, naturale prosecuzione di quello nolano. Cosicché, dopo la ritirata di Silla dalla Campania, nell’87 subì, per punizione, la distruzione e l’incendio da parte dei Sanniti di Nola. In epoca imperiale i romani vi dedussero una colonia. Proprio al periodo romano va riferita la prima vera e propria organizzazione di tipo urbano. La città di quel tempo ebbe una forma piuttosto arrotondata, fu racchiusa da mura e dotata di ben sei porte. Di questa murazione è sopravvissuto il tracciato della parte orientale, ad andamento regolare, nei pressi dell’anfiteatro. Al suo interno, l’area urbana fu divisa in quattro settori dall’incrocio di due strade ortogonali mentre i quartieri, così individuati, furono a loro volta suddivisi secondo la tipica scacchiera ippodamea, articolata in cardini, in direzione nord-sud, e decumani, in direzione est-ovest. L’antico tracciato, così delineato, rimase leggibile nel tempo in quanto esso continuò a costituire la schema viario intorno a cui si andò strutturando, con esclusione dell’età medievale, il resto del paese. In particolare, l’attuale Corso Vittorio Emanuele, orientato in direzione est-ovest, corrisponde a quello che era l’antico decumano maggiore. Diversi furono gli autori antichi che riferirono di questo centro. Uno di essi fu Virgilio, che la denominò Malifera Abella, cioè terra feracissima di mele ed altri frutti, mentre nell’Eneide racconta come il piccolo centro si fosse dimostrato coraggioso schierandosi dalla parte di Turno contro Enea. Gli altri che ne portarono testimonianza furono Silio Italico, Strabone e Tito Livio, che ne decantarono i prodotti della terra e specialmente le nocciole. Dopo la fine dell’Impero romano, la città decadde anch’essa. Più tardi, subì anche le invasioni barbariche, con relativo saccheggio, da parte dei Visigoti di Alarico e gli assalti guidati da Genserico, re dei Vandali e degli Alari. Conseguenza delle invasioni fu la dispersione degli abitanti per le montagne circostanti. Si suppone che il primo insediamento fosse stato un ricetto militare, edificato nel VII secolo, come baluardo contro il ducato bizantino di Napoli, a controllo della strada per Avellino e Benevento. Contesa tra il Ducato di Napoli e i Longobardi di Benevento, Avella, appartenendo al gastaldato di Nola, con la Divisio Ducatus dell’849 tra Radelchi e Siginolfo, fu inclusa nel dominio dei principi longobardi di Salerno, e ne diventò uno dei punti strategici per la sua posizione di confine tra i ducati di Napoli e di Capua ed il principato di Benevento. Durante la dominazione longobarda, uno dei villaggi formatisi sulle colline fu dotato di opere di fortificazione tra cui il castello. Nell’883 o 884 esso fu soggetto all’attacco, faticosamente respinto, dei Saraceni e, nell’887, fu preso dai Bizantini di Napoli guidati da Atanasio II Nel 937 fu la volta degli Ungari, il cui attacco fu riportato nella Chronica Monasterii Casinensis; la città, insieme a Cimitile e Sarno, fu notevolmente devastata e, conseguentemente, venne a perdere l’importante ruolo di centralità che rivestiva per il suo territorio. In sintesi, si può dire che il destino della città, in questo periodo, fu di decadenza ed abbandono: i suoi abitanti si spostarono gradualmente per rifugiarsi sui monti intorno alla Grotta di San Michele e sulla collina del castello, ove fu creato un nuovo insediamento che fu, in embrione, quello corrispondente all’attuale abitato.
Illustrazione del sito: L’abitato romano coincide topograficamente con la parte orientale dell’odierno paese e, precisamente, lo si trova in parte occultato dalle moderne strutture urbane situate nelle località Cortalupino, Farrio, Casale, zona chiesa di S. Pietro, e interrato nelle zone sottoposte a colture agricole che si estendono, ad est, fino all’anfiteatro e, a nord-ovest, fin quasi al fiume. I limiti della città antica sono tracciati a nord dal Clanio, a sud dalla via Cancelli, ad ovest dalla via S. Giovanni in prossimità di piazza Municipio, e ad est dai resti delle mura urbiche, in parte incorporati dallo stesso anfiteatro. Il circuito delle mura difensive, edificato intorno alla fine del IV secolo a.C., ampliato e restaurato nella seconda metà del II secolo a.C., racchiudeva un’area di circa 40 ettari e aveva un andamento quasi regolare, descrivendo quasi la forma di un rettangolo e rispettando, in certo qual modo, l’orografia della zona. Inverosimile è la notizia riportata dal Capaccio, secondo il quale le mura si estendevano per circa tre miglia, anche se ciò attesta la presenza considerevole delle fortificazioni antiche ancora nel XVI secolo. In quanto alle porte che si aprivano nella cinta di mura, una cronaca redatta da uno studioso locale agli inizi del ’700 ne accerta l’esistenza di sei. Attualmente, però, solo un tratto di mura in opera cementizia, con paramento interno in opera incerta e rivestito, in passato, da una cortina di blocchi squadrati di tufo disposti in opus quadratum, si conserva presso quello che doveva essere l’angolo orientale della fortificazione. La città romana aveva uno schema urbano regolare, ortogonale, con moduli costanti ed era condizionata da una viabilità principale in parte pervenutaci. L’asse principale originante est-ovest (decumano massimo), rettilineo, tagliava esattamente il rettangolo urbano antico e coincide con l’odierno corso Vittorio Emanuele. Questa ipotesi è stata avvalorata anche dalla scoperta di un tratto di strada lastricata con poligoni di calcare e resti delle crepidini in prossimità di via Anfiteatro. La via, frequentata fino alla seconda metà del IV secolo d.C., ha come direttrice proprio il corso Vittorio Emanuele. Gli assi ortogonali a quello principale distano tra loro circa tre actus e sono da individuare in via dei Mulini, via Cancelli, via S. Nicola, via Cardinale D’Avanzo; leggermente spostati risultano l’attuale viottolo d’accesso all’anfiteatro e la strada alle spalle del convento. Strade parallele al decumano massimo sono da riconoscere in via S. Croce e in via Filippo Vittoria. La piazza del forum dell’Abella romana è stata ubicata nell’area pianeggiante situata nelle vicinanze della chiesa di S. Pietro, mentre alcune strutture murarie, pertinenti ad un edificio pubblico di epoca imperiale, sono state messe in luce negli anni Settanta nella località del Santissimo, a pochi metri dall’area che insiste sul foro urbano. L’interramento della città antica è minimo, specialmente nella fascia centrale e sud-orientale, dove oscilla tra i 40 cm, nella zona immediatamente a sud dell’asse viario principale, e gli 80 cm nella zona più a sud. La zona centrale, nella parte ovest, era ad un livello pari, se non superiore, a quello attuale, come dimostrano i ritrovamenti che si limitano a resti di fognatura. Sempre a sud, in via Filippo Vittoria, sono stati rinvenuti resti di un pavimento in cocciopesto con disegno a losanga (rinvenimento da collegare alla stessa domus dalla quale, nel 1931, fu recuperato il celebre mosaico policromo raffigurante re Edipo che uccide Laio, oggi al Museo Nazionale di Napoli), ed infine resti di un mosaico in via S. Croce. Messi in luce anche resti delle strutture murarie che delimitavano gli ambienti della palestra che si trovava nei pressi dell’anfiteatro. Numerose le testimonianze architettoniche di epoca romana reimpiegate nelle murature delle abitazioni del centro antico. Diverse anche le lapidi e le iscrizioni di epoca imperiale. Un’immagine schematica dell’anfiteatro (m. 0,38x0,30) con una coppia in rilievo di gladiatori, dei quali uno ferito cade sull’arena, si conserva sul lato destro di una base onoraria dell’età imperiale, dedicata ad un Lucio Egnatio Invento e attualmente visibile a destra dell’ingresso dell’ex-palazzo ducale, in piazza Municipio. Sul lato principale del blocco di travertino è l’iscrizione su dieci righe: “L. Egnatius Inventus / patri L. Egnati Polli / hic obliterato muneris specta / impetrata editione ab indulgen / max principis diem gladiatorum / et omne apparatum pecunia sua / edidit / coloni et incolae / ob munificentia eius / l. d. d. d.”. Al di sopra della figura dell’edificio pubblico, invece, è scritto: “Tum XII April. Claro et Cethego cos.” (CIL X, 1211 = ILS 5058). Sempre in piazza Municipio è un blocco di travertino con l’iscrizione CIL X 1216 di epoca dioclezianea, che fa menzione del curator frumenti Numerio Pettio Rufo. Altri due basamenti onorari in travertino con iscrizioni ricordano Numerio Marcio Pletorio e Numerio Pletorio Oniro (CIL X 1277). Un’altra lapide con iscrizione (CIL X 1218) è murata nelle pareti di un edificio di via S. Candida, al numero civico 31. Uno scavo compiuto nell’estate del 1991 in piazza Municipio ha, comunque, messo in luce una serie di piccoli ambienti, pertinenti forse ad un deposito privato, con all’interno dolia defossum per la conservazione delle derrate alimentari. Si segnalano, inoltre: a nord-est di via Anfiteatro i resti di un pavimento in opera signina; a sud-est, in via Cancelli, una cisterna in opera mista; più a sud, lungo la stessa strada, resti di un mosaico del II secolo a. C. Numerose le evidenze archeologiche indagate all’interno della zona delimitata dalla cerchia di mura urbane, ma di esse non si conosce l’entità e la funzione, in quanto i dati raccolti durante le esplorazioni sono tutti inediti. Spostandosi verso nord, poiché la città è degradante da nord a sud, l’interramento aumenta considerevolmente fino a raggiungere un metro e mezzo di profondità. L’interramento della zona centro-orientale arriva, nella parte fuori dell’abitato attuale, fino a due metri.
Situazione attuale: Condizioni discrete.

IMMAGINI DEL SITO

Non si assume alcuna responsabilità per eventuali difformità da quanto riportato in questa pagina

Torna alla pagina precedente