Cenni storici: |
La città di
Benevento, situata nel cuore del Sannio, zona montuosa e ricca di verde, ha
un’antichissima quanto incerta origine relativamente al luogo in cui sorse,
alla sua iniziale topografia ed all’impianto urbanistico. Essa risalirebbe
almeno all’ VIII o al VII secolo a. C., in base ad alcuni manufatti in
bronzo e in ceramica rinvenuti in zona e attualmente visibili nel Museo
provinciale del Sannio. Del V secolo a. C., inoltre, sono alcune tombe
rinvenute in corrispondenza del centro storico della città e, in
particolare, sotto l’attuale piazza Matteotti (scavi del 1865). Per
tradizione, la fondazione della città viene attribuita ai greci, a cui
sarebbero riferite le immagini del cavallo e di Apollo Maloesis, protettore
del bestiame, visibili su alcune monete del IV e del III secolo a.C.
Inoltre, una suggestiva leggenda, ripresa dai principali storici
dell’antichità, tra cui Livio e Plinio, collega Benevento al mito di
Diomede, fondatore della città dopo la distruzione di Troia di cui lo stesso
Diomede fu, con Ulisse, l’artefice. Al di là della validità di questa
ipotesi resta l’importante dato che può essere desunto e che riguarda il
fenomeno delle migrazioni marittime adriatiche verso l’Italia. Vi sono,
invece, più attendibili testimonianze della presenza sannitica sul
territorio protrattasi dal IV al III a.C. Relativamente all’ aggregato
urbano esistono solo delle ipotesi ; tra queste l’attribuzione di un primo
impianto del Ponte Leproso sul fiume Sabato ad un’epoca pre-romana e l’idea
che la città sannitica sorgesse in località San Lorenzo, impostata sulle
strade provenienti dal Ponte Leproso e dal Ponte Maior (Ponte Maggiore). La
Benevento sannitica è legata, tra l’altro, al famoso episodio delle Forche
Caudine avvenuto nel 321 a.C. nell’ambito delle guerre sannitiche e che la
vide teatro dell’imboscata e della resa dei Romani. Pare che proprio a
seguito di tale episodio i latini coniarono la denominazione di “Maleventum”.
Legata a Roma è anche la prima notizia storica certa su Benevento , datata
297 a.C., quando, al termine della terza guerra sannitica, i Romani si
impadronirono della città dopo avervi sconfitti gli Apuli. Poco più tardi,
nel 275 a. C., per festeggiare la vittoria ottenuta sull’esercito di Pirro,
re dell’Epiro, dal console Manlio Curio Dentato, la città venne ribattezzata
con il suo inverso positivo: “Beneventum” e, nel 268 a.C., vi fu dedotta una
colonia. Benevento divenne, così, un importante e ricco centro economico
legato all’agricoltura e alla pastorizia ed anche le attività commerciali
furono favorite dal ruolo strategico conferito alla città dalla via Appia,
la strada consolare che, entrando dal ponte Leproso, collegava Capua a
Benevento e proseguiva poi per Brindisi. La città, che rimase fedele a Roma
durante la seconda guerra punica, nell’86 divenne un municipio e assegnata
alla tribù Stellatina. Nel 42 a.C. vi fu dedotta una nuova colonia di
veterani e nel 14 a.C., a sottolineare l’importanza assunta, si registrò la
presenza in città dell’imperatore Augusto. La città romana fu impostata su
un asse longitudinale che costituì il decumano maggiore, avente pressappoco
l’andamento di corso Garibaldi, e da numerosi assi trasversali detti cardini
tra cui il maggiore corrispondeva all’attuale via Carlo Torre. Pertanto
l’impianto topografico fu quello tipico a maglie rettangolari regolari ( 110
metri per 40 metri) che definivano isolati di grande dimensione. L’impianto
urbanistico può essere desunto dal tracciato delle vie che attraversavano la
città. La più importante era l’Appia, che proveniva da Capua ed entrava in
Benevento dal ponte Leproso sul Sabato; poco più a nord correva un braccio
della via Latina, che proveniva da Telese sull’altro versante del Taburno ed
attraversava il Calore col ponte Maggiore, alle spalle del tempio delle
Grazie. Dal lato opposto usciva dalla città l’altro tronco dell’Appia e la
via Beneventana. Quindi il decumanus maior convogliava il traffico dell’Appia
e congiungeva la via Latina con la via Beneventana. La via Traiana
attraversava la città trasversalmente, da nord a sud, secondo il tracciato
dei cardini. La città, dalla pianta quadrangolare, aveva i vertici segnati
dalle attuali Porta Arsa, Rufina e Aurea e dallo sbocco di Corso Garibaldi
in via Torre della Catena. Di tale periodo permangono notevoli testimonianze
che hanno permesso di stabilire la tipologia della città romana imperniata
intorno a strutture quali il foro, il teatro, le terme ed i mercati che
erano ubicati nei pressi dell’antica direttrice Sabato-Calore. Alcuni dei
monumenti superstiti sono il Criptoportico dei Santi Quaranta, l’Arco del
Sacramento mentre relativamente al Tempio di Iside se ne ignora la precisa
ubicazione. Rinvenute, invece, tracce del Tempio di Giove, delle Terme e del
Foro. Ma il più famoso monumento dell’epoca è rappresentato dall’Arco
Traiano, eretto nel 114 d. C. all’inizio dell’omonima via, con una
localizzazione contigua rispetto alla cinta muraria romana. La sua mole,
nell’isolamento conferitogli di recente, dopo che per secoli era stato
inglobato nella murazione medievale, si erge con una altezza di 15,45 metri,
mentre l’arcata raggiunge una larghezza di 8,60 metri. L’opera, di ordine
composito, in massi di calcare, è interamente rivestita di sculture in marmo
pario, raffiguranti le imprese dell’imperatore e porta una epigrafe
commemorativa al piano attico. Altro importante monumento della romanità è
il Teatro romano, realizzato al tempo dell’imperatore Adriano ma ultimato,
intorno al 200 d. C., sotto Caracalla. Piuttosto ben conservato, esso mostra
25 arcate, parte dei portici superiori, l’ambulacro, corridoi, scale, la
cavea, la scena e i piedritti delle tre monumentali porte. Lo sviluppo della
colonia condusse alla espansione della città. Infatti già dai tempi di
Traiano il centro urbano si era spostato verso la collina, dove sorse un
nuovo quartiere, la Regio viae novae, ad oriente della città antica. Ma a
partire dal 369, data di un funesto terremoto, cominciò il declino della
città di Benevento, cui non fu sufficiente la forte reazione della
popolazione che si trovò ben presto a dover affrontare anche le ulteriori
devastazioni apportate dalle invasioni barbariche e dalla guerra
greco-gotica. In particolare, conquistata dai Goti nel 490, la città fu in
seguito liberata, nel 536, dal bizantino Belisario, per poi essere occupata,
nel 546, da Totila, che ne distrusse le mura di cinta. Nel 571 fu la volta
dei Longobardi, che, con Zottone, fondarono il ducato di Benevento e
provvidero ad una consistente opera di ricostruzione con la realizzazione di
mura nella parte più vulnerabile della città; queste dovevano andare dalla
chiesa dell’Annunziata alla piazza delle Calcare (S. Filippo), a sud del
palazzo arcivescovile presso l’Arco del Sacramento. Il ducato si rafforzò
talmente da resistere ai tentativi di conquista da parte dell’Imperatore
bizantino Costante II, tentativi culminati infine nella sconfitta delle
truppe imperiali al passo di Forino. L’ascesa di Beneveno, trasformata in
Principato ad opera di Arechi II (758-774), raggiunse il culmine nel corso
dell’ VIII secolo e proseguì fino al 1033. E proprio Arechi II fu artefice
dell’ampliamento del perimetro delle mura verso occidente secondo un
tracciato corrispondente all’attuale via Torre della Catena, mura che
furono, in questo periodo, probabilmente dotate di nuove porte il cui numero
non costituisce un dato conosciuto. Nella zona racchiusa dalle mura vi fu
inclusa una vasta area per l’edilizia popolare che, rispetto al perimetro
tracciato ai tempi di Narsete, fu detta “città nuova”, ma che in realtà
sorgeva sulla vecchia area della città romana, arretrandosi solo ad ovest
(SS. Quaranta) per i successivi riempimenti del fiume Sabato. Le mura
medioevali seguivano un percorso che, partendo da Porta Aurea, seguiva via
dei Rettori in linea retta verso l’attuale Castello, poi a sud su via
Annunziata, incontrando Porta Rufina, via Torre Catena, via Posillipo e
ricongiungendosi con Porta Aurea. Intanto il ducato accrebbe la propria
potenza con la conquista di Capua e Salerno e con l’espansione del
territorio fino ai limiti del Ducato di Spoleto a nord e dei domini
bizantini a sud. In analogia a quanto accadde in molte altre città, durante
il periodo medioevale, si registrò un abbandono della parte bassa ed una
tendenza a spostarsi in zona collinare con un insediamento adattato alla
morfologia del terreno ed addensato intorno a poli d’interesse costituiti
dai principali edifici del periodo. Rispetto alla perfetta regolarità del
castrum romano, la città fu caratterizzata da una certa varietà d’impianto
che, nella parte settentrionale del Piano di Corte, ove era ubicata la
piazza contornata dagli edifici della corte, si sviluppava seguendo uno
schema concentrico. Così come il Piano di Corte era all’interno della cinta
muraria nel VI sec., anche l’Arco Traianeo ne fu inglobato divenendo una
porta urbica. L’area del Castello, attuale Piazza IV novembre, sposta il
baricentro degli insediamenti tardo medioevali verso la Rocca dei Rettori.
Largo Castello fino al 926 d.C. era esterno alla cinta muraria e porta
Somma, che era un limite della murazione, dal VI al X secolo sorgeva nei
pressi della chiesa di S. Giovanni, ad occidente del fortilizio longobardo,
lungo Corso Garibaldi. Quando nel 926 la murazione fu ampliata, porta Somma
venne spostata nei pressi del fortilizio, nell’area su cui sorse poi la
Rocca dei Rettori. I longobardi, inizialmente avversi al Cattolicesimo,
seguaci dell’eresia ariana e legati ancora al culto pagano di Wothan,
pervennero alla conversione avvenuta nel 663 ad opera del vescovo Barbato,
famoso anche per aver ordinato l’abbattimento del principale simbolo
dell’eresia e del paganesimo, quell’albero di noce intorno al quale si
svolgevano i riti. Le radici, che sopravvissero all’eradicazione, diedero
origine o meglio continuità alla nota leggenda delle “Streghe di Benevento”.
Tale tradizione, che vanta origini addirittura nell’antichità sannitica e
romana, si sviluppò al tempo del culto di Wothan, padre degli dei, e fu
alimentata con lo svolgimento di una cerimonia di guerra intorno ad un
albero sacro.. Dopo la conversione, la leggenda sostituì ai guerrieri donne
malefiche che, danzando freneticamente intorno all’albero, mettevano in
pratica banchetti e riti orgiastici cui partecipava il diavolo, in sembianze
di caprone. Con l’andar del tempo la tradizione non solo sopravvisse, ma si
arricchì di nuovi motivi fino a giungere, in età barocca, alla più nota
versione in cui ai riti orgiastici partecipavano oltre duemila streghe
ciascuna guidata da un demone che ne era servo ed amante. Si aggiunsero
giuramenti e punizioni che si svolgevano al cospetto del Re delle tenebre
con scene terribili che si dissolvevano con l’invocazione di Gesù e della
Vergine o con le prime luci dell’alba. La risonanza della leggenda fu tale
da costituire ispirazione per opere letterarie e musicali. I principali
edifici del periodo longobardo furono il Sacrum Palatium, dimora non più
esistente del principe e della quale non è certa la collocazione, posta
forse tra Porta Somma e la chiesa di Santa Sofia, ed il complesso di Santa
Sofia, simbolo della conversione longobarda. Il Santuario, eretto da Arechi
II nel 762, comprende una chiesa di modeste dimensioni (diametro di 25,50
metri e altezza massima di 8 metri) ma che costituisce un importante esempio
di arte altomedioevale per la sua struttura a pianta centrale con nucleo
costituito da un esagono, ai cui vertici sono collocate sei grandi colonne
collegate tra loro con archi sui quali si sviluppa la cupola e attorno a cui
è un secondo anello decagonale punteggiato da pilastri in pietra calcarea e
mattoni, disposti secondo un disegno vario ed originale che crea
imprevedibili geometrie e prospettive. Notevoli sono anche gli apparati
decorativi e l’annesso monastero delle benedettine con chiostro arabeggiante,
con gruppi di eleganti quadrifore con archi a ferro di cavallo su graziose
colonnine racchiuse da ampie arcate e tracce di decorazione e divenuto
famoso anche come centro di sviluppo della “scrittura beneventana”.
L’edificio monumentale che si sviluppa intorno al chiostro costituisce la
sede del Museo del Sannio, comprendente una sezione archeologica, una
numismatica e una sezione di arte medioevale e moderna con la Pinacoteca ed
il Gabinetto di disegni e stampe. A partire dall’ epoca di Landolfo V, il
principato iniziò la sua fase di definitivo declino e la città fu oggetto di
un’aspra contesa tra i Normanni e lo Stato Pontificio, risolta, nel 1059,
con il trattato di pace tra papa Niccolò II e Roberto il Guiscardo. A
seguito di esso, per circa otto secoli, Benevento divenne un dominio
ecclesiastico messo, però, più volte in discussione da opposizioni interne
alla città, nonché dai tentativi di conquista da parte dei diversi re che
dominarono il vicino regno di Napoli. Tra questi, vanno ricordati lo svevo
Federico II, autore di ben due saccheggi e suo figlio Manfredi. Quest’ultimo
intervenne, tra la fine del 1265 e gli inizi del 1266, nel conflitto con gli
Angioini, chiamati da papa Clemente IV, e, in particolare, nella battaglia
decisiva svoltasi nei pressi di Benevento. Lo scontro, vinto dagli Angioini,
vide Manfredi, spoglio delle insegne regali e dell’elmo, lanciarsi nella
mischia con pochi uomini fidati per poi scomparire nel nulla. Pochi giorni
dopo, a cavallo dell’animale del re svevo, venne arrestato un contadino, che
raccontò di averne visto il cadavere nudo, con ferite al capo e al petto, e
con accanto il corpo del fedele compagno Riccardo Annibale. Dal racconto di
Dante (III canto del Purgatorio) sappiamo che essi, malgrado la scomunica,
trovarono una precaria sepoltura <<in co’ del ponte presso Benevento>>,
mentre i soldati di tutti e due gli eserciti gli costruirono una <<grave
mora>> di sassi quale monumento funebre. Più tardi ad opera di Bartolomeo
Pignatelli arcivescovo di Cosenza, su ordine di Bonifacio VIII, il cadavere
fu dissepolto, bruciato e gettato lontano, in una valle lungo il corso del
Garigliano. Intanto, al termine del sanguinoso scontro, Benevento fu
immediatamente saccheggiata dalle truppe angioine. Nel periodo iniziale
della dominazione pontificia l’impianto urbanistico di Benevento rimase
sostanzialmente invariato se si esclude la sistemazione del quartiere alto
di Porta Somma già tracciato e recintato dai Longobardi. Successivamente
vide l’avvio un processo di stratificazione urbanistica verticale nell’area
corrispondente alle zone del Triggio e del Trescene. L’architettura del
periodo si manifestò nella realizzazione di fortificazioni rese necessarie
dai continui conflitti che caratterizzarono la dinastia angioina, dal
pericolo di incursioni e dalle sommosse popolari. A tal proposito si
ricordano le torri tra cui: Turris Dacomari, Torre della Biffa, Torre degli
Scannelli e Torre Rufini, Torre Pagano e Torre della Catena, l’unica
superstite. Notevole fu l’edificazione di chiese tra cui l’Episcopio e il
Duomo. Quest’ultimo, risalente per il suo primo impianto al VII secolo
quando fu costruito ad opera del vescovo David, fu oggetto di rifacimento
nel secolo IX ad opera del principe Sicone e, nuovamente, nella seconda metà
del XII secolo quando ricevette l’impianto a cinque navate. Restaurato ed
arricchito nella prima metà del XVIII secolo, fu colpito dai bombardamenti
del 1943 e, in seguito, ricostruito. Elementi superstiti ne sono la facciata
costruita su due ordini con portali romanici e il poderoso campanile che
include marmi romani. Per deliberazione di Papa Giovanni XXII fu inoltre
realizzata, nel 1321, la Rocca dei Rettori, imponente edificio posto nel
punto più alto della città, verso il quale convergeva la rete viaria urbana.
Nota anche con la denominazione di “Castello”, la Rocca viene ricordata
anche per aver ospitato molti personaggi famosi tra cui il figlio di Papa
Alessandro VI, Giovanni Borgia, nominato duca di Benevento nel 1497, ma
ucciso prima di poter prendere possesso dei suoi domini. Il Castello è
formato da due distinte costruzioni di cui una, posta a sinistra, è più alta
e presenta pianta poligonale, barbacani, bifore ogivali e coronamento a
beccatelli. La seconda, rientrante, costituisce la vecchia Delegazione
Apostolica, attuale sede dell’Amministrazione Provinciale. Nella Rocca dei
Rettori ha attualmente sede la Sezione Storica del Museo del Sannio. Altro
luogo importante nel periodo medioevale fu il “pontile aurificum” che
costituì il polo intorno al quale l’attiva borghesia mercantile del tempo
svolgeva le proprie attività commerciali. Il conflitto franco-spagnolo che
vide, nel 1527, Benevento occupata da Carlo V, culminò il 28 febbraio 1530
in una solenne pacificazione in cui fu determinante il contributo offerto
dal Cappuccino Ludovico Mura da Napoli. Da allora e a ricordo di tale evento
sullo stemma cittadino apparve la scritta “concordes in unum”. Nel periodo
rinascimentale a Benevento operarono come governatori illustri personaggi
quali Traiano Boccalini, trattatista autore dei “Ragguagli di Parnaso” ,
Ferrante d’Avalos, marchese di Pescara e marito di Vittoria Colonna, nonché
Monsignor della Casa, autore del Galateo. Dal punto di vista culturale l’età
rinascimentale fu caratterizzata da un notevole sviluppo dell’attività
musicale che ebbe come centro la cappella musicale del Duomo e come figura
preminente il compositore Abondio Antonelli. Dal punto di vista urbanistico
si iniziò il tracciato di Corso Garibaldi, furono erette nuove chiese tra
cui S. Antonio, S. Agostino e S. Anna o del Carmine, edifici quali il
Palazzo Magistrale, compiuto sotto il pontificato di Paolo V (1605-1621), e
furono inoltre ricostruiti (1570) la chiesa ed il campanile dell’Annunziata.
Nel corso del Seicento si registrarono alcune iniziative da parte del
governo pontificio che apportarono benefici economici con l’incoraggiamento
dell’attività molitoria e la diffusione dell’enfiteusi. La continuità del
governo pontificio non fu, però, un elemento totalmente positivo per il
benessere della città, anche perché essa cominciò a vedere sempre più
diminuito il proprio ruolo politico schiacciato dall’enorme importanza
assunta dal vicino Regno di Napoli. A questa situazione si aggiunsero la
peste del 1630 ed i terremoti del 1688 e del 1702, che concorsero alla
decimazione della popolazione e alla rovina dell’edificato. Alla successiva
rinascita della città è legato il nome del cardinale Vincenzo Maria Orsini,
vescovo di Benevento e futuro Papa Benedetto XIII, denominato, pertanto,
“alter conditor urbis”, rifondatore della città. A lui si dovettero anche
iniziative a carattere economico ed assistenziale come la realizzazione di
chiese ma anche di un acquedotto, degli Ospedali di San Donato e dei
Pellegrini, l’istituzione di un Monte dei Pegni e di un Monte frumentario a
favore dei contadini poveri. Nel 1768 si registrò l’invasione della città da
parte di Ferdinando IV di Borbone, l’espulsione dei gesuiti e la sottrazione
dei loro beni, il tutto favorito dal desiderio di parte della popolazione di
vedersi annessa al Regno di Napoli. Poco dopo, però, grazie all’intervento
del re di Spagna, Benevento tornò sotto il controllo del potere pontificio.
Nel corso del Settecento l’impianto urbanistico non fu essenzialmente
modificato se non con la continuazione del Corso Garibaldi e l’ edificazione
di importanti e signorili palazzi oltre la costruzione, su resti
trecenteschi, della Chiesa di Sant’Anna. Fu inoltre realizzata la Piazza
Orsini ricavata sull’area della distrutta Basilica di San Bartolomeo,
riedificata dal Raguzzini nel 1729 nella parte alta della città e contenente
le spoglie del santo. Dello stesso autore anche la Chiesa di San Filippo,
eretta due anni prima. Oltre al Raguzzini operano in quel periodo importanti
artisti tra i quali spiccano gli architetti Giovan Battista Nauclerio,
autore del Palazzo Andreotti – Leo, e Luigi Vanvitelli, artefice della
riedificazione del ponte sul Calore, oggi non più visibile in quanto
sostituito, nel 1960, con uno di fattura moderna. Altro illustre personaggio
del tempo fu il Cardinale Pacca. Una pianta schematica, ma che fa cogliere
con una certa precisione la consistenza e la sistemazione della città, fu
fatta eseguire dal Borgia nel 1763. Questa topografia conferma che la città
non subì modifiche fino all’Unità d’Italia, racchiusa come era all’interno
della cinta muraria costruita a più riprese dai Longobardi dal VI al X
secolo. Le porte urbiche erano otto: sul versante del fiume Sabato vi era
Porta Castello cioè Porta Somma, la Portella dell’Annunziata, Porta Rufina,
Port’Arsa delle Calcare; sul versante del Calore vi erano Porta S. Lorenzo,
Porta del Calore detta anche Porta Pia, poi Porta Rettore e Porta Aurea.
Alle soglie del XIX secolo, nel 1799, Benevento si trovò a subire una nuova
invasione, questa volta da parte delle truppe napoleoniche, a ricordo della
quale il generale Championnet fece erigere un albero della libertà, che,
però, fu possibile innalzare solo di notte perché, di giorno, veniva
continuamente abbattuto dalla popolazione ostile ai giacobini. La
collocazione dell’albero era al centro di piazza Orsini nel punto
attualmente segnato da un cerchio di marmo. Le ostilità aumentarono quando,
a seguito della proclamazione dell’annessione alla Repubblica francese,
sancita dal generale Popp, aumentarono le imposizioni fiscali e si
verificarono incresciosi episodi quali il furto di parte del Tesoro della
Cattedrale e dei beni custoditi nel Monte dei Pegni. Ne conseguì
l’insurrezione pubblica e la cacciata dei Francesi, cui fece seguito
l’annessione di Benevento al Regno di Napoli. Tale situazione fu di breve
durata perché nel 1802 Napoleone restituì la città al papa. Nel 1806, poi,
il principato fu concesso al ministro degli esteri Talleyrand che si adoperò
per modernizzare la città, la dotò di servizi per l’istruzione e la cultura
, creò il nuovo spazio di piazza Santa Sofia (attuale piazza Matteotti), al
cui centro la popolazione fece erigere in suo onore una fontana con
obelisco. Tale piazza rappresentò in pratica l’unica modifica apportata
all’impianto urbanistico, non caratterizzato da ulteriori incrementi. Dopo
la sconfitta napoleonica a Lipsia, Benevento, nel 1814, fu occupata dal
principe di Napoli, Gioacchino Murat. Ciò provocò una insurrezione popolare,
per cui,.ad una breve occupazione austriaca della città, seguì il ritorno di
Benevento sotto il dominio papale caratterizzato dall’opera di eccezionali
uomini di governo tra cui spicca il nome di Gioacchino Pecci. Futuro papa
Leone XIII, il Pecci volle la costruzione della Basilica della Madonna delle
Grazie, eretta per assicurarsi la protezione della Vergine dalla dilagante
epidemia di colera. Il dominio pontificio, però, minato alla base dalle
nuove idee risorgimentali, dalla volontà di sottrarsi a quella sorta di
isolamento in cui venne a trovarsi la città e dal desiderio di annessione al
Regno di Napoli come possibilità di crescita economica, aveva ormai perso
molto del consenso popolare. Tra gli episodi più significativi del periodo
vi è un moto carbonaro che, nel 1820, indusse il delegato pontificio ad
abbandonare temporaneamente la città, che tuttavia già l’anno successivo,
con l’intervento degli Austriaci e nonostante il dilagare delle idee
mazziniane e neoguelfe, tornò sotto il governo papale. Dopo l’elezione a
papa del benvoluto Cardinal Mastai Ferretti, sull’onda dell’entusiasmo,
trenta cittadini offrirono il loro contributo per la prima guerra
d’indipendenza Dal punto di vista urbano, la mappa catastale del 1823
(secondo un progetto che doveva vederne la realizzazione per tutti gli stati
governati dai Papi di Roma) ha un notevole valore storico, evidenziando che
la cinta muraria di Benevento era ancora quella longobarda, non avendo avuto
la città una forte espansione edilizia esterna al perimetro di cinta e
quindi pressioni alla sua demolizione. Sempre in bilico tra le forze
ecclesiastiche ed i suoi oppositori, Benevento ricevette nel 1849 la visita
di Pio IX. In quell’occasione, il Pontefice decise l’intervento, più tardi
attuato, della ristrutturazione della Porta Aurea che comportò la
liberazione dalle mura e l’isolamento dell’Arco di Traiano. Gli eventi che
portarono alla unificazione italiana si manifestarono a Benevento con la
formazione di un comitato insurrezionale che organizzò la sollevazione
cittadina. L’ingresso in città dei volontari garibaldini il 3 settembre 1860
determinò l’abbandono di Benevento da parte dell’ultimo delegato apostolico,
monsignor Odoardo Agnelli. |