Cenni storici: |
E' lo stesso tracciato
urbanistico di Marigliano a rivelarne l'origine romana; un'origine peraltro
confermata dalle numerose epigrafi e dai marmi ritrovati nella cittadina,
nata, secondo la testimonianza di Tito Livio, come quartiere d'inverno delle
legioni di Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore. E probabilmente, a
furia di prender tempo, le armate avranno scoperto i benefici delle sorgenti
minerali di cui era ricca la zona, giungendo alla determinazione di fondare
una Villa. L'impianto ortogonale antico, con l'incrocio tra cardini e
decumani, è ancora perfettamente leggibile. Limitato un tempo da quattro
porte di accesso, le conservò fino alla seconda metà del Settecento, quando
furono create nuove e più agevoli vie di collegamento con il territorio
circostante. L'insediamento urbano era inoltre protetto da un valido sistema
difensivo costituito da un perimetro murario e da un doppio fossato rasente
le mura, da bastioni, torrette e punti di avvistamento. Alcune tracce della
cinta muraria, rifatta in età Medievale, sono ancora oggi conservate nel
versante del castello, la cui fondazione risale al XII secolo, quando al
normanno Roberto di Medania, conte di Acerra, fu affidata la terra.
Giungendo a Marigliano si resta colpiti proprio dalla rossa mole del
castello, l'antica fortezza, passata con il feudo di Marigliano ai Carafa
della Stadera (1479), poi a Ferrante Conzaga (1532), a Geronimo di
Montenegro (1574), e da Cesare Zattera a don Giulio Mastrilli (1638). Tanti
passaggi di mano hanno ovviamente comportato successive modifiche
nell'architettura del castello, ben presto convertita dalle funzioni
militari in quella di residenza e rappresentanza. La costruzione attuale,
impostata sull'antica, risale alla prima metà del Settecento, ma reca i
segni dei periodici verificatesi fino ai tempi recenti. Nel 1935 gli eredi
dei Mastrilli hanno venduto il palazzo alle Suore di Carità, che hanno
adibito il monumento a casa di riposo per anziani. Degli antichi fasti resta
la mole della fabbrica, cinta da due fossati, le quattro torri angolari a
base circolare, i maestosi portali e alcuni marmi con gli stemmi ducali.
Interessante è anche il parco del palazzo, sistemato nel 1751 su indicazione
del duca Mario Mastrilli. Il vago e nobile boschetto, come viene indicato in
manoscritti dell'epoca, mostra i tipici segni del giardino settecentesco,
caratterizzato da una ricerca di prospettive scenografiche ottenute mediante
il taglio degli spazi, le composizioni vegetali, il disegno del verde e dei
viali, la suggestione dei reperti neo - archeologici. L'organizzazione della
fitta vegetazione è costituita da innumerevoli tipi di piante, alcune di
grande rilievo storico e botanico. La coreografia del giardino, inoltre, è
completata da peschiere, fontane e da un laghetto artificiale, alimentato da
falde acquifere captate nella zona. Il castello non è l'unico episodio di
architettura civile degno di nota a Marigliano; aggirandosi all'interno
delle cattive tracce di storia, sotto forma di decorazioni marmoree o
lapidee, di ferri battuti, di stucchi, di pitture, iscrizioni, stemmi. Quasi
ovunque, tuttavia, si notano i segni del passare del tempo coniugati alla
costante frequentazione del sito, sicchè nulla o quasi corrisponde a uno
stile preciso a causa delle continue e talvolta poco attente trasformazioni.
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Illustrazione del sito: |
E’ stata la febbrile ed intensa attività
delle ruspe e delle betoniere, impegnate nei lavori di sbancamento e
sistemazione dell’area per gli insediamenti produttivi, nella località Ponte
delle tavole, nell’anello di congiunzione con il territorio comunale di San
Vitaliano, a far emergere altri reperti e “segni” di maggiore consistenza;
reperti e “segni”, che, con la rimozione di lapilli, ceneri, sterpaglie e
terriccio, da cui
sono stati “nascosti” per secoli, consegnavano, gradualmente, alla vista dei
presenti i “contorni” netti e chiari dell’impianto di un megacomplesso
rurale, una Villa, la cui datazione, in prima analisi, è rapportata dagli
esperti all’epoca di Roma imperiale; una imponente struttura, appartenuta ad
una delle tante prestigiose famiglie dell’aristocrazia senatoria, che
avevano numerosi possedimenti terrieri proprio nel centro della Campania
felix. Secondo una prima “lettura” parziale, fatta sulle “pietre” dei
reperti e sulla mappatura dell’impianto, la Villa fu devastata dall’eruzione
del Vesuvio del 505 d. C. Ma risulterebbe già segnata dal degrado, in larga
parte, prima dell’eruzione, da cui fu distrutta. E suoi “resti” sono state
“lette” anche le impronte di un’altrettanto distruttiva esondazione del
fiume Clanio, che nasceva dalla Bocca dell’Acqua Maggiore, tra i monti di
Avella, per concludere il suo zigzagante percorso a Castelvolturno; un
fiume, progressivamente ridotto a dimensione torrentizia, e che per secoli,
con i suoi frequenti straripamenti, è stato il tormento delle popolazioni
della pianura nolana. Considerata l’importanza del rinvenimento, la
Soprintendenza di Napoli e Caserta è intervenuta, circoscrivendo il sito
interessato, per sottoporlo ai sigilli di custodia, per preservarlo dalle
insidie dei cosiddetti “tombaroli”, pronti ad entrare in azione, per mettere
a segno le loro “operazioni” illecite e
di manomissione. |