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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: MIRABELLA ECLANO (Av)
Sito archeologico: Abitato romano
Ubicazione: Località Passo di Mirabella e Madonna delle Grazie
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Avellino (Via Ciccarelli n. 5 - tel.0825781862)
Modalità di visita: Gli scavi sono visibili dalle 9 ad un'ora prima del tramonto; la necropoli eneolitica di Madonna delle Grazie è in proprietà privata ed il permesso di visita va chiesto in loco; gli altri resti sono liberamente visibili
Cenni storici:

Nella zona ove sorge l’attuale Mirabella Eclano si sono succedute nel tempo ben quattro città oltre gli insediamenti preistorici. Testimonianze di questo periodo sul territorio dell’Antica Aeclanum sono fornite dalla necropoli eneolitica rinvenuta di recente e situata in località Madonna delle Grazie a tre chilometri a sud-ovest dell’abitato di Mirabella, lungo la strada che porta a Taurasi. Essa presenta una serie di tombe a forno o a grotticella con camera scavate nella roccia tenera. Il ritrovamento ha inoltre consentito il recupero di corredi funerari tipicamente pastorali con industrie litiche in selce e abbondante vasellame d’impasto oltre a fondi di capanna, a pianta circolare, ricavati nel tenero banco tufaceo, anch’essi rimessi alla luce. La prima delle quattro città fu l’antica Aeclanum o Aeculsanum. Essa prese origine dal primitivo abitato insediatosi in località Passo in epoca presannitica intorno al V secolo a.C.. Eclano, situata in posizione strategica fu poi città sannita. Sembra che Aeclanum sia stata fondata tra il VII ed il VI secolo a.C., quando un gruppo di Sanniti provenienti dalle montagne dell’Appennino Molisano, cercarono di conquistare terre più fertili per sfamare la propria popolazione che era in forte crescita. Aeclanum era una meta appetibile per gli svariati vantaggi che offriva: terreno fertile, aria salubre, abbondanza d’acqua e possibilità di controllo delle vie fluviali dell’Ufita e del Calore. Essa fu ben presto assediata dai Sanniti, che la trasformarono in un piccolo centro agricolo- pastorale. Conquistata dai romani che la fortificarono e la eressero a “Municipium” con diritto al suffragio, fu tra le città più importanti dell’Irpinia, venendosi a trovare alla biforcazione dell’Appia in via Herdonitana, la strada che portava nell’Apulia toccando Herdoniae, e in via Aurelia Aeclanensis che portava ad Aequum Tuticum, attuale Ariano Irpino. La sua posizione strategica e la vicinanza di Benevento favorì ed accellerò il processo di romanizzazione della religione, della lingua, dei costumi e delle forme politiche- amministrative. Durante la guerra sociale, Eclano prese parte alla sollevazione degli Italici contro Roma per il riconoscimento della cittadinanza e, nell’89 a.C. fu assediata, presa e saccheggiata da Silla per aver parteggiato per gli italici. A tale episodio si riferisce la prima notizia riportata da fonti e segnatamente da Appiano (“Bellum civile” I 51) da cui, per l’appunto, si apprende che la città era difesa da una fortificazione lignea (a cui i soldati di Silla dettero fuoco per provocare la resa incondizionata degli abitanti) Poco dopo le venne riconosciuta la dignità di municipio romano con diritto di voto, iscritto alla tribù Cornelia cui era stata assegnata. Primo patronus del municipio attestato da alcune iscrizioni fu Quinzio Valgo. Con il suo intervento fu costruito il nuovo circuito difensivo della città con torri, porte e poderose mura, di cui sono ancora visibili i resti in opera quasi reticolata in corrispondenza dell’attuale frazione Passo. Eclano ottenne oltre il restauro delle mura altri privilegi per l’interessamento del suo illustre figlio Mignazio Magio, antenato dello storico Velleio Patercolo (circa 19 a.C.- circa 31 d.C.), e che contribuì notevolmente ai successi romani in Campania ed in Irpinia. Sotto l’imperatore Ottaviano Augusto Eclano fu assegnata alla II Regio Apulia et Calabria, mentre con Diocleziano fu sottoposta al Corrector Apuliae et Calabriae. Nel II secolo, sotto l’imperatore Adriano, fu dedotta una colonia con il nome di Aelia Augusta Aeclanum e divenne il nodo più importante di una complessa rete viaria che collegava la Campania con la costa adriatica. A tale periodo risale un complesso di strutture urbane pubbliche attualmente nella località Grotte di Passo. Altre testimonianze archeologiche visibili sono un gruppo di abitazioni private, un tratto di strada lastricata, la tholos centrale del macellum. L’importanza assunta da Eclano sia come municipio che come colonia fu testimoniata, oltre che dalle suddette strutture urbane di cui fecero parte anche un anfiteatro ed il forum pequarium, anche dalla fortuna commerciale di cui godette come mercato di bestiame e come punto di scambio e di commercio dei prodotti artigianali ed agricoli. Nella seconda metà del I secolo la città dette i natali a M. Pomponio Bossulo, di cui fu ritrovato l’epitaffio. Ad Eclano, nel frattempo, prese consistenza una fiorente comunità di cristiani; la città fu ben presto sede vescovile ed il più famoso tra i suoi vescovi fu Giuliano di Eclano (385-450) divenuto tale per la sua eresia pelagiana e per la sua controversia con S .Agostino. La città, progressivamente abbandonata in seguito alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente subì la conseguente crisi economica e commerciale che accomunò i destini di molti piccoli centri dell’Italia romana. Con l’avvento dei Longobardi Eclano fu compresa nel Ducato di Benevento, durante le guerre tra Longobardi e Bizantini nella primavera del 663 fu depredata e distrutta dall’imperatore d’Oriente Costante II venuto in Italia per combattere i dominatori di Benevento travolse la resistenza longobarda e sottopose la città al più vandalo dei saccheggi, il centro non riuscì a sopravvivere alla furia bizantina e gli eclanesi superstiti trovarono rifugio nelle campagne circostanti. 

Illustrazione del sito: Resti riferibili all’abitato antico di Aeclanum sono visibili nella località  su di un altopiano di forma triangolare con il vertice a sud, accessibile in antico solo dalla parte opposta, dove passava la via Appia. La struttura urbana, dai dati ricavati finora, appare di età repubblicana, anche se lo sviluppo del centro risale al periodo imperiale. Infatti, nonostante i livelli stratigrafici inferiori rilevino la presenza di frammenti ceramici del IVI sec. a. C., l’età dell’originario insediamento non è accertabile con sicurezza: si può supporre che esistesse già, anche se meno esteso, nel IV-III sec. a. C., epoca alla quale sono riconducibili i reperti più antichi. Alla prima metà del I sec. a. C. si data il recinto murario della città, che segue il rilievo orografico dell’altopiano “Monte Grotte” per una lunghezza di circa 1800 metri, inglobanti una superficie di ben 18 ettari. Le mura, visibili in più tratti, sono intervallate da torri quadrate e semicircolari, e presentano uno spessore medio di circa due metri, con un paramento esterno in opera quasi reticolata e nucleo interno in opera cementizia. La stratificazione dell’area scavata dimostra, quindi, già dal periodo municipale, che la zona è interessata da una edilizia pubblica e privata, ma la pianificazione urbanistica vera e propria è di età adrianea, come confermano alcuni monumenti pubblici, fra cui l’importante complesso termale degli inizi del I secolo d. C. scoperto nel settore nord-ovest della città. Dell’impianto termale, con strutture murarie in opus mixtum, si conservano il tepidarium e il calidarium con relativa vasca da bagno, alcune suspensurae, l’apodyterium e il frigidarium, una modesta piscina natatoria, mentre una serie di contrafforti in opus latericium, sul lato nord, fanno da contenimento ad uno spazio aperto, con belvedere, sulla valle del fiume Calore. Annessi alle terme sono una serie di ambienti, sempre di uso pubblico, che conservano le murature perimetrali, in opera mista, quasi nella loro originaria altezza, in qualche caso fino all’attacco delle volte. Nell’area forense, particolarmente significativa è la presenza di un tholus macelli, di epoca post-adrianea, formato da una serie di pilastri in opus vittatum, da cui si accedeva ad alcune tabernae disposte intorno ad una platea circolare con sottostante impianto di canalizzazione idrica . Ad est del mercato doveva trovarsi un altro edificio pubblico, forse il teatro , come sembrano testimoniare i ritrovamenti nel secolo scorso di cornici, lastre marmoree di rivestimento e pavimentazioni musive policrome. Gli ambienti della casa, il cui impianto originario viene datato tra I e IVI secolo d. C., sembrano essere dislocati su piani diversi, forse per aderire alla pendenza del terreno, che in questo punto della città doveva essere piuttosto scosceso. Altri ambienti ubicati a nord e a sud sono, forse, da riferirsi ad ambienti di rappresentanza. In una fase successiva la casa sembra cambiare destinazione d’uso nei suoi ambienti orientali e nello stesso peristilio, dove si costruiscono pozzi e apprestamenti per produzioni artigianali. A sud-est di questa “casa con peristilio” è un’altra strada lastricata con basoli che, come quella posta ad ovest della domus, ha andamento nord-sud. Quest’ultima è limitata ad est da un lungo ambiente absidato con paramento in opus mixtum del I sec. d. C. Sempre a nord della “casa con peristilio” sono una serie di altri ambienti, in alcuni dei quali sono resti di una fornace in cocciopesto e vasche di sedimentazione del V-VI secolo d. C. A pochi metri a sud del peristilio, furono scoperti, alla fine degli anni Cinquanta, i ruderi di una basilica paleocristiana risalente, con molta probabilità, nel suo impianto originario tra la fine del I e gli inizi del V secolo d. C. Dai resti visibili si rileva che l’edificio doveva avere tre navate e, forse, un portico sul davanti, preceduto da un'area aperta dove è stato rinvenuto un fonte battesimale per il rito ad immersione con pianta a croce greca. All’interno della navata centrale era un coro absidato provvisto di un pavimento a mosaico. La costruzione dell’edificio porta alla sistemazione dell’area obliterando la precedente organizzazione di epoca romana. A quasi 4 metri al di sotto del piano d’uso della basilica sono stati messi in luce tre ambienti, pertinenti ad una domus del I sec. d. C., con murature in opera laterizia e opera mista. Nell’ambiente a nord, quello di maggiore ampiezza, il muro di fondo è conservato per un’altezza di circa un metro ed era rivestito da intonaco di colore giallo ocra, con ripartizioni geometriche in rosso e bruno. Questo stesso ambiente era provvisto di un pavimento in cocciopesto, arricchito da crustae marmoree policrome. Prospiciente una strada basolata, con andamento da nord a est, si rileva un’unità abitativa provvista di peristilio sostenuto da colonne in laterizio coperte di stucco che, al momento della scoperta, era dipinto con decorazioni floreali. Nella zona centrale del pianoro è il quartiere abitativo, esteso per oltre 2000 metri quadrati, racchiuso da tre tracciati stradali, due dei quali, incrociandosi, formano una sorta di insula con lato di 50 metri.

Poco lontano dagli scavi, in seguito ai lavori di restauro di palazzo Angrisano, sono venuti alla luce i resti dell' antica via Appia. Si tratta, nella fattispecie, di un piccolo tratto di strada lastricata, realizzata in pietra calcarea ad opus incertum.

Durante lavori di sistemazione dell’area della chiesa del SS. Rosario di Pompei, nella stessa frazione Passo, sono stati messi in luce resti di un grosso edificio pubblico extraurbano, del I-II secolo d. C., interpretato come un atrium o un forum. “Dell’impianto dell’edificio sembrano riconoscibili due fasi edilizie ben distinte. Alla prima fase sono ascrivibili i muri perimetrali sud, est e ovest di tre grandi ambienti contigui, ma non comunicanti tra loro. Il più grande di tali ambienti, ad ovest, ha forma quadrangolare, con il lato di oltre 10 metri; quello centrale ha forma quadrangolare; il terzo, più piccolo, ad est, è alquanto allungato. In questa prima fase l’ambiente quadrangolare era fornito di un vano di passaggio a sud che lo collegava con un’area non edificata, forse tenuta a giardino. I muri sono provvisti di paramenti in opera mista con specchiature in reticolato e ricorsi in mattoni. La seconda fase dell’edificio è contrassegnata da una spiccata monumentalizzazione dell’area. I muri perimetrali rimangono gli stessi, ma i tramezzi che separano i due ambienti rettangolari vengono abbattuti per realizzare un unico ambiente che, con l’occasione viene rialzato e pavimentato con grossi blocchi rettangolari di calcare bianco. Si è inoltre rinvenuto il vano di entrata ovest con soglia in cui sono evidenti i segni dei cardini del portale”.

Resti di un'importante arteria stradale, larga circa 6 metri (20 piedi), lastricata con pietre di calcare, identificata con la via Appia, è stata rinvenuta sempre a Passo durante lavori di splateamento. Ai lati della strada erano ubicati, in lunga serie, tombe e monumenti funerari pertinenti alla necropoli orientale della città romana. Vi è stato, fra l’altro, rinvenuto un cippo, della seconda metà del I sec. a. C., con l’epigrafe di un liberto della famiglia dei Fannii che rivendica lo spazio acquistato per il suo sepolcro. Tra le evidenze più antiche ci sono i resti di fondazione di un monumento funerario, che ricorda i mausolei con esedra. La necropoli sembra essere stata frequentata in epoca medio-imperiale, periodo a cui appartengono alcuni blocchi con iscrizioni del II-III secolo d. C. Allo stesso periodo risale un sarcofago di calcare, con parti lisce e coperchio a doppio spiovente con acroteri sbozzati. L’ultima fase d’occupazione della necropoli è attestata dalla presenza di piccoli recinti funerari, nei quali erano scavate le deposizioni a gruppi di due o tre. Dalle tombe provengono pochi oggetti di corredo pertinenti per lo più all’ornamento personale e qualche moneta di bronzo della metà del IV secolo d. C. L’utilizzo della necropoli fu abbandonato definitivamente nel VII secolo.

La necropoli rinvenuta in località Madonna delle Grazie, lungo la strada Mirabella-Taurasi, rientra nella cosiddetta corrente culturale "del Gaudo" (III millennio a.C.). La necropoli è costituita da una serie di tombe del tipo “a forno” con camera sepolcrale ipogea, a cui si accede attraverso un vestibolo a forma di pozzo circolare. Le tombe sono scavate nel banco di tufo tenero, ad una profondità variabile intorno ai due metri, e si presentano chiuse all’ingresso da un lastrone di tufo disposto verticalmente. Di pianta ellittica all’interno, la camera sepolcrale ospitava una o più deposizioni di inumati, i cui scheletri sono stati trovati prevalentemente in posizione rannicchiata o supino-retratta. Dalle tombe, contenenti sepolture anche multiple, si sono recuperati corredi funerari, tipicamente pastorali, con industrie litiche in selce (punte di freccia, lame, pugnali) e abbondante vasellame d’impasto. Fra il gruppo di tombe soltanto una, la cosiddetta “tomba del capo tribù” (ora ricostruita nel Museo Irpino di Avellino) era a deposizione singola: l’inumato era stato sepolto, con accanto il suo cane, in posizione rannicchiata, con ricco corredo di vasi e di armi. Si sono rinvenute brocche sferoidali con anse a nastro, pugnali in pietra, cuspidi di frecce, raschiatoi e pugnali di rame ed una piccola ascia enea. Uno scavo del 1972 ha portato alla scoperta di una nuova tomba, a due celle a pianta ellissoidale chiuse ognuna da una lastra di tufo. All’interno delle cella si sono rinvenute ossa umane e punte di freccia. In prossimità dell’area delle tombe eneolitiche sono stati messi in luce fondi di capanna, a pianta circolare, ricavati nel tenero banco tufaceo, con lunghi dromos di accesso.

Situazione attuale: Precaria

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