Cenni storici: |
Le tracce più
consistenti della frequentazione umana in epoca protostorica sono costituite
dal ritrovamento di due tombe del tipo detto “a forno” della Cultura del
Gaudo (facies tipica dell’eneolotico attestata in tutta la Campania), in una
delle quali si ritrovò una lama di pugnale in rame, il tutto risalente
all’età Eneolitica (fine del terzo millennio a.C.). All’età del Bronzo (II°
millennio a.C.) sono invece ascrivibili alcuni frammenti di ceramica di
impasto rinvenuti durante alcuni interventi di scavo nel centro antico.
La maggior parte degli storici concorda nell’affermare che verso la fine del
VII sec. a.C., un gruppo di coloni Calcidesi o Euboici, stanziatisi a Cuma
circa un secolo prima, nel quadro del rafforzamento della propria presenza
nel Golfo di Napoli, creò una base di appoggio sull’attuale collina di
Pizzofalcone, indicata come il luogo di sepoltura della sirena Partenope. Il
piccolo centro abitato, che prese il nome proprio dalla sirena, era
circondato dal mare su tre lati e quindi ben protetto. Nel pieno rispetto
dell’urbanistica greca, Partenope era costituita da una parte bassa in cui
erano concentrati il nucleo abitato ed il porto con funzione sia commerciale
che militare, e dalla parte alta, l’acropoli; di fronte alla collina,
nell’attuale zona delle Mortelle, era la necropoli.
Partenope ebbe la sfortuna di conoscere un periodo di crisi, soprattutto
commerciale, durante le lotte tra Etruschi e Cumani. Successivamente quando
Ierone, tiranno di Siracusa, intervenne a favore di questi ultimi (474 a.C.),
sconfiggendo la flotta etrusca ed obbligando i nemici all’abbandono
definitivo del territorio campano, si ha la fondazione di Neapolis.
Fu così che all’inizio del V sec. a.C. i coloni si spostarono nella zona
dell’attuale Centro Antico di Napoli fondando la cittadina di Neapolis (nel
significato di “città nuova” in opposizione a Partenope). Essa assunse
immediatamente un ruolo di predominio nel ristretto quadro politico del
golfo, grazie anche alla sua posizione felice, difesa naturalmente da
colline e da corsi d’acqua.
Intorno alla metà del V sec., Neapolis venne assoggettata politicamente ad
una popolazione proveniente dall’area molisana, i Sanniti, che giunti quando
il pericolo etrusco era già stato debellato, si unirono gradualmente
all’elemento greco, occupando politicamente e militarmente l’area flegrea,
pur concedendo a Neapolis la sua indipendenza. Era naturale che un popolo
bellicoso come quello dei Sanniti dovesse trovarsi di fronte l’esercito
romano, mossosi per bloccarne l’avanzata. Con la resa dei Sanniti (290 a.C.)
e la fine delle guerre sannitiche, l’influenza romana crebbe fino a
soppiantare la civiltà precedente. Nel 326 a.C. fu sancita la pace tra
Neapolis e Roma, pace che si concretizzò in un trattato di alleanza, il
Foedus Neapolitanum, grazie al quale Neapolis diventava lo sbocco sul mare
per il popolo romano. In tal modo furono facilitati i traffici mercantili e
marittimi, ma ne risentirono l’espansione territoriale e lo sfruttamento
agricolo; inoltre la città fu obbligata a fornire navi e marinai a Roma in
caso di necessità e di guerra. Nonostante ciò, la lingua, la cultura, gli
usi ed i costumi rimasero greci. La notevole vitalità economica e
commerciale è testimoniata, ad esempio, dalla vasta diffusione, in tutto il
bacino del Mediterraneo, della ceramica cosiddetta “Campana A” (a vernice
nera), prodotta in città.
Nel periodo della guerra civile, la prosperità economica di Neapolis divenne
solo un ricordo: nell’82 a.C. gli abitanti si schierarono con Mario contro
Silla cosicché i problemi economici dovuti a questa presa di posizione, non
furono pochi, tanto che la classe mercantile (negotiatores) venne
completamente distrutta. Con lo sviluppo dell’area portuale puteolana, i
traffici si spostarono nella zona flegea e persino la flotta venne
trasferita nei porti dei Laghi d’Averno e Lucrino e di Miseno. Così Neapolis
continuò a vivere conservando esclusivamente le caratteristiche di centro di
otium e di cultura, dove la forma mentis ellenica continuava a dominare. La
ricchezza e l’amenità dei luoghi nei pressi della città, come Posillipo o il
litorale di Chiaia, in età imperiale, permisero lo sviluppo di numerose
ville cui provvedevano abili architetti, fabbri, lavoratori del marmo,
artigiani del ferro e del legno. Per i vizi del turista, tra cui filosofi,
studiosi, retori e politici, non mancavano fabbricanti di saponi, unguenti e
rare essenze, come quella di rose o il finissimo profumo napoletano detto
hèdrycum.
Con l'apertura del porto di Ostia più vicino a Roma, Puteoli passò in
secondo piano e Neapolis colse l'occasione per una ripresa commerciale.
Con la generale crisi dell'Impero Romano nel corso del III secolo d.C.,
nonostante qualche lieve segno di vitalità, Napoli si riduce ad una piccola
città sempre più stagnante. |