Cenni storici: |
Adagiato su un monte
isolato che segna lo spartiacque tra le valli dell’Ofanto e del Calore,
Nusco è il comune più alto della provincia di Avellino. La sua posizione
dominante, dalla quale si gode di una meravigliosa veduta panoramica, gli è
valsa ad assumere l’appellativo di “balcone dell’Irpinia". Le primissime
testimonianze di una presenza umana a Nusco sono costituite da alcuni
reperti vascolari, edicole funerarie, sarcofagi in travertino e da
iscrizioni latine di età imperiale. Come attestano i ritrovamenti
archeologici di un monumentale insediamento rurale, questa località fu
abitata già in epoca romana. In origine Nusco nacque come centro agricolo
costituitosi nel periodo longobardo attorno ad un poderoso castello
costruito da S. Amato nel XI secolo (primo vescovo della diocesi ed attuale
patrono della città), dotato di notevole cultura e senso politico. La
popolazione dei villaggi limitrofi si concentrò gradualmente intorno
all’imponente maniero ciò comportando la nascita di un borgo che divenne
forte ed inespugnabile per le fortissime mura che lo cingevano (delle quali
oggi ne restano solo pochi ruderi). Nell’ XI secolo Nusco acquistò il titolo
di Civitas, anche se non si sa con precisione quale fosse la motivazione per
la quale gli fu conferito questo titolo: probabilmente perché Città Ducale o
perché sede vescovile. Durante il Medioevo la cittadina ha primeggiato come
fortezza sicura per tutte le comunità dell’Alta Irpinia e per molti sovrani,
al punto che nel 1122 Guglielmo, Duca di Puglia, si rifugiò al castello
perché assalito ed inseguito dal Conte Giordano Ariano, non avendogli
riconosciuto il diritto a succedere alla Contessa Altruda, sua madre, nella
parte orientale della contea. La vita civile di Nusco è stata fortemente
legata a quella ecclesiastica, ciò provato dalla presenza di un importante
Seminario Diocesano, voluto dai vescovi del posto. Grazie al Calalogus
Baronum (Catalogo dei Baroni) si è venuti a conoscenza del fatto che tra il
1440 ed il 1160 nella città di Nusco si avvicendarono i membri della
famiglia dei Tivilla, fra cui Rodolfo (1139), Simone (1140), Eude (1158),
Guglielmo (1161) e Fulco (1164): a quest’ultimo il feudo venne sottratto da
Guglielmo I, detto il Malo. A partire dalla seconda metà del XII secolo il
territorio nuscano passò nelle mani dei Comes Acerrarum et domini Nusci
(Conti di Acerra e signori di Nusco), cioè della famiglia D’Aquino. Dopo
essere stato per ventisei anni feudo di Riccardo D’Aquino, nel 1197 Nusco
passò prima al capitano tedesco Ditpoldo di Schucisspeunt, al demanio
imperiale svevo ed infine a Tommaso D’Aquino, che lo ricevette in dono nel
1273. Nel 1254 Nusco era sottoposta al potere di Tommaso II, Conte di Capua
e cognato di Manfredi di Svevia. Quest’ultimo, nell’ottobre dello stesso
anno, tornando dal Castello di Atripalda, sostò per un giorno al maniero per
poi proseguire per Venosa e Lucera. Alla fine del XIII secolo, con gli
Angioini nel Regno di Napoli, il borgo passò alla nobile famiglia dei
signori di Joinville, che in un secondo momento presero il nome di De
Gianvilla regnando quasi ininterrottamente fino al 1522, anno della morte
dell’ultima discendente. Nel 1545 Giovan Battista de Aczia vendette il
territorio nuscano a G. B.Cotugno, dal quale il Conte di S. Angelo dei
Lombardi, Gian Giacomo II Caracciolo, l’acquistò nove anni dopo per quaranta
mila ducati. Dopo essere stato in possesso di altre illustri famiglie
dell’epoca, la “città murata” fu amministrata fino al 1806, anno
dell’abolizione dei diritti feudali, dalla famiglia Imperiale. Va ricordato
inoltre che Nusco è stata parte attiva dei moti reazionari del 1820- 1821,
in quanto qui sorsero due vendite della Carboneria: I figli della patria e
La prudenza. Molti furono i cittadini nuscani che vennero condannati
all’esilio,o che furono sospesi dai loro incarichi pubblici, dal Tribunale
Borbonico di Avellino e tra i tanti ricordiamo Luigi Caprariello, Michele
Natale, Felice Della Saponara, Francesco Lenzi. Sulla cattedra episcopale di
Nusco, dal 1080 al 1986 si sono susseguiti circa settanta presuli
storicamente accertati, la cui presenza non può far altro che sottolineare
la preponderante influenza dei vescovi nella vita non solo religiosa ma
anche amministrativa e civile dell’antico borgo fortificato della provincia
dell’avellinese. |
Illustrazione del sito: |
La località Chianole,
ubicata lungo il versante di Nusco che guarda l’alta valle del Calore, è
ricca di testimonianze archeologiche, anche se non è stata mai oggetto di
una sistematica ricognizione. Vi è stato identificato un termine graccano
ancora oggi impiegato come termine di divisione di proprietà. Sul corpo
cilindrico sono i nomi dei magistrati che operarono la limitatio: Marco
Fulvio Flacco, Gaio Papirio Carbone, Gaio Sempronio Gracco (129-123 a. C.)
nella loro qualità di tresviri agris iudicandis adsignandis. Sulla sommità è
l’indicazione del cardo primo del decumano. A S. Maria di Fontigliano è un
piccolo antiquarium in cui si conservano iscrizioni riferibili a mausolei
funerari pertinenti a magistrati e lastre decorate pertinenti a sepolture di
tipo gentilizio. La necropoli individuata nella zona si riferisce ad un
praedium, una proprietà terriera a cui rinvia lo stesso toponimo Fontigliano.
In località Serra di Nusco, da una serie di sepolture scoperte in passato
provengono materiali archeologici oggi conservati nel Museo Irpino di
Avellino, tra cui una collana con pendaglietti, un pendente di ambra, resti
di collana a bottone ed alcuni bracciali a sezione circolare, di cui uno ad
ovuli, un pendaglio a catenine di bronzo (pettorale) che trova immediati
confronti con esemplari di Sala Consilina (Salerno), pendagli fittili in
argilla rosata con tracce di combustione, una coppa di bronzo, frammenti di
saltaleone e due fibule sempre di bronzo, di cui una a navicella. |