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Comune: OLEVANO SUL TUSCIANO (Sa)
Sito archeologico: Resti di villa romana - Resti di abitato tardo-antico
Ubicazione: I resti della villa sono in località Santa Maria a Corte e si raggiungono in pochi minuti dalla frazione Monticelli ed i ruderi sono visibili passando per la strada che conduce al cimitero. I resti dell'abitato tardo-antico sono in località Castello e sono raggiungibili dalla frazione Salitto proseguendo per la località Cannabosto da cui, immediatamente verso destra, salendo, parte una strada sterrata che conduce direttamente al Castrum. 
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Salerno
Modalità di visita: Liberamente visibile
Cenni storici:

Borgo di antiche origini, Olevano prende probabilmente il nome dai vasti oliveti, che costituiscono l’economia primaria della popolazione, e dal fiume Tusciano, che ne attraversa il territorio. Manufatti litici ed ossei e frammenti di ceramiche dell’area meridionale appenninica, scoperti nella grotta di Nardantuono, testimoniano la presenza dell’uomo nella zona dall’età eneolitica a quella del bronzo medio, legata forse alla presenza di genti nomadi che sostavano nella grotta durante i loro trasferimenti. I resti di una villa romana, risalente al I secolo a. C., rinvenuti in località Santa Maria a Corte, attestano invece la romanizzazione del luogo ed una continuità abitativa protrattasi fin verso il III secolo d. C..Ulteriore testimonianza di antiche presenze è l’insediamento rupestre della Grotta dell’Angelo, consacrata, fin dai primi secoli del cristianesimo, al culto di San Michele e situata sulle pendici occidentali del monte Raione. La particolarità della grotta è data da una serie di cappelle, edificate lungo un percorso mistico, tutte indipendenti l’una dall’altra, e dalle sue pareti, che presentano affreschi databili dal IX-X secolo e relativi alla vita di Cristo e alla vita di San Pietro. Colpito da una grave crisi economica tra il III ed il VI secolo, il paese si riprese solo in età longobarda con la costruzione, tra il VI-VII secolo, su preesistenze greche e romane, del Castrum Olibani, contornato da una triplice cinta muraria, i cui ruderi testimoniano ancora oggi il suo decisivo ruolo di difesa contro gli attacchi esterni.La donazione alla Chiesa salernitana delle terre di Olevano, fatta, intorno all’VIII secolo, dal longobardo Gisulfo, fu confermata nel 1022 dall’imperatore Enrico II, che concesse all’arcivescovo di Salerno, Amato II, il Castrum “cum omnibus adiacentibus sibi”. Olevano, che intanto era assurto ad importante centro mercantile e fondamentale snodo viario, rimase feudo ecclesiastico fino al XVI secolo e continuò a svolgere, nelle epoche successive, tale ruolo di primaria importanza per tutti i traffici della vallata.

Illustrazione del sito:

Della villa romana restano pochi resti quasi intellegibili. Per quanto riguarda l'abitato tardo-antico, i ruderi del castello, il cui nucleo principale è posto tra i due massi rocciosi che sono sulla sommità del monte omonimo, sorgono a circa 650 metri sul livello del mare. La funzione della fortezza era principalmente quella di ospitare la popolazione durante gli attacchi e le scorrerie piratesche che venivano dal mare, attraverso la pianura sottostante. Esso assolve a compiti decisivi per la difesa del principato di Salerno e proprio per la sua posizione non fu mai espugnato. Infatti l'insediamento domina tutta la pianura fino al mare per cui ogni movimento di truppe era ben visibile, tanto da permettere alla popolazione di potersi rifugiare nelle sue mura ed avere il tempo disponibile per prepararsi a sostenere gli attacchi. Nella seconda cinta di mura (la prima è ben visibile in alcuni tratti nei pressi del centro antico sottostante - erano inglobate le torrette di avvistamento e un portone di accesso. Essa cinge l'ampio pianoro costituente la maggior parte dell'area archeologica del Castrum - esso stesso edificato su preesistenze greche e romane - oggi sconvolta da una recente opera di forestazione con messa a dimora di centinaia di pini e abeti. Percorrendo la pineta, un piccolo sentiero conduce ai ruderi racchiusi nella prima cinta; dopo pochi minuti di salita si incontrano i ruderi della chiesa del castello, edificata extra moenia; essa è leggibile in pianta e presenta la navata ed una piccola abside: notizie la intestano a Santa Maria degli Angeli. Proseguendo, si intravedono a ridosso della pineta, due torrioni a pianta quadrata, posti a breve distanza tra loro, uniti da un pianerottolo su un muraglione terrapieno. Le fabbriche, costituite da pietra del luogo e riutilizzo di materiale di risulta, hanno assunto una colorazione identica alle rocce cui sono aggrappate per cui diventa impossibile, da una certa distanza, individuare la differenza tra lei e la roccia stessa. Il nucleo conserva buona parte delle strutture portanti che permettono ancora un'agevole lettura degli ambienti: infatti nell'androne principale, dipartono verso est il belvedere costituito da un torrione sormontato da un arco che si affaccia sulla valle del Tusciano; verso sud il salone di rappresentanza ed altri locali di pertinenza siti anche a livelli superiori; nella parte più bassa esistono anche cisterne scavate nella roccia nelle quali confluivano le acque meteoriche, sia naturalmente sia convogliate attraverso canalizzazioni in cotto. La struttura occupa l'intero spazio tra i due massi la cui sommità è raggiungibile attraverso arditi camminamenti naturali e a tratti manufatti. E' ancora visibile un arco sospeso nella zona più alta del secondo masso. Alla base di quest'ultimo esiste una piccola grotta nella quale, narra la leggenda, era inizialmente la statua di San Michele, poi trasferita nella grotta grande attuale dimora dell'Arcangelo. 

Note:  

IMMAGINI DEL SITO

 

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