Cenni storici: |
Borgo di antiche
origini, Olevano prende probabilmente il nome dai vasti oliveti, che
costituiscono l’economia primaria della popolazione, e dal fiume Tusciano,
che ne attraversa il territorio. Manufatti litici ed ossei e frammenti di
ceramiche dell’area meridionale appenninica, scoperti nella grotta di
Nardantuono, testimoniano la presenza dell’uomo nella zona dall’età
eneolitica a quella del bronzo medio, legata forse alla presenza di genti
nomadi che sostavano nella grotta durante i loro trasferimenti. I resti di
una villa romana, risalente al I secolo a. C., rinvenuti in località Santa
Maria a Corte, attestano invece la romanizzazione del luogo ed una
continuità abitativa protrattasi fin verso il III secolo d. C..Ulteriore
testimonianza di antiche presenze è l’insediamento rupestre della Grotta
dell’Angelo, consacrata, fin dai primi secoli del cristianesimo, al culto di
San Michele e situata sulle pendici occidentali del monte Raione. La
particolarità della grotta è data da una serie di cappelle, edificate lungo
un percorso mistico, tutte indipendenti l’una dall’altra, e dalle sue
pareti, che presentano affreschi databili dal IX-X secolo e relativi alla
vita di Cristo e alla vita di San Pietro. Colpito da una grave crisi
economica tra il III ed il VI secolo, il paese si riprese solo in età
longobarda con la costruzione, tra il VI-VII secolo, su preesistenze greche
e romane, del Castrum Olibani, contornato da una triplice cinta muraria, i
cui ruderi testimoniano ancora oggi il suo decisivo ruolo di difesa contro
gli attacchi esterni.La donazione alla Chiesa salernitana delle terre di
Olevano, fatta, intorno all’VIII secolo, dal longobardo Gisulfo, fu
confermata nel 1022 dall’imperatore Enrico II, che concesse all’arcivescovo
di Salerno, Amato II, il Castrum “cum omnibus adiacentibus sibi”. Olevano,
che intanto era assurto ad importante centro mercantile e fondamentale snodo
viario, rimase feudo ecclesiastico fino al XVI secolo e continuò a svolgere,
nelle epoche successive, tale ruolo di primaria importanza per tutti i
traffici della vallata. |
Illustrazione del sito: |
Della villa romana
restano pochi resti quasi intellegibili. Per quanto riguarda l'abitato
tardo-antico, i ruderi del castello, il cui nucleo principale è posto tra i
due massi rocciosi che sono sulla sommità del monte omonimo, sorgono a circa
650 metri sul livello del mare. La funzione della fortezza era
principalmente quella di ospitare la popolazione durante gli attacchi e le
scorrerie piratesche che venivano dal mare, attraverso la pianura
sottostante. Esso assolve a compiti decisivi per la difesa del principato di
Salerno e proprio per la sua posizione non fu mai espugnato. Infatti
l'insediamento domina tutta la pianura fino al mare per cui ogni movimento
di truppe era ben visibile, tanto da permettere alla popolazione di potersi
rifugiare nelle sue mura ed avere il tempo disponibile per prepararsi a
sostenere gli attacchi. Nella seconda cinta di mura (la prima è ben visibile
in alcuni tratti nei pressi del centro antico sottostante - erano inglobate
le torrette di avvistamento e un portone di accesso. Essa cinge l'ampio
pianoro costituente la maggior parte dell'area archeologica del Castrum -
esso stesso edificato su preesistenze greche e romane - oggi sconvolta da
una recente opera di forestazione con messa a dimora di centinaia di pini e
abeti. Percorrendo la pineta, un piccolo sentiero conduce ai ruderi
racchiusi nella prima cinta; dopo pochi minuti di salita si incontrano i
ruderi della chiesa del castello, edificata extra moenia; essa è leggibile
in pianta e presenta la navata ed una piccola abside: notizie la intestano a
Santa Maria degli Angeli. Proseguendo, si intravedono a ridosso della
pineta, due torrioni a pianta quadrata, posti a breve distanza tra loro,
uniti da un pianerottolo su un muraglione terrapieno. Le fabbriche,
costituite da pietra del luogo e riutilizzo di materiale di risulta, hanno
assunto una colorazione identica alle rocce cui sono aggrappate per cui
diventa impossibile, da una certa distanza, individuare la differenza tra
lei e la roccia stessa. Il nucleo conserva buona parte delle strutture
portanti che permettono ancora un'agevole lettura degli ambienti: infatti
nell'androne principale, dipartono verso est il belvedere costituito da un
torrione sormontato da un arco che si affaccia sulla valle del Tusciano;
verso sud il salone di rappresentanza ed altri locali di pertinenza siti
anche a livelli superiori; nella parte più bassa esistono anche cisterne
scavate nella roccia nelle quali confluivano le acque meteoriche, sia
naturalmente sia convogliate attraverso canalizzazioni in cotto. La
struttura occupa l'intero spazio tra i due massi la cui sommità è
raggiungibile attraverso arditi camminamenti naturali e a tratti manufatti.
E' ancora visibile un arco sospeso nella zona più alta del secondo masso.
Alla base di quest'ultimo esiste una piccola grotta nella quale, narra la
leggenda, era inizialmente la statua di San Michele, poi trasferita nella
grotta grande attuale dimora dell'Arcangelo. |