Cenni storici: |
La piana del Sarno è
stata fin dalla protostoria abitata da popolazioni indigene che sfruttavano
la fertilità dei terreni, ma anche la naturale via di collegamento con il
mare che era costituita dal fiume Sarno. Intorno al IX sec. a.C. erano
sicuramente abitate le zone di Striano, San Valentino Torio e San Marzano,
ossia le aree più interne della piana, mentre verso la foce la
frequentazione umana era soltanto sporadica. Dal IX sec. a.C. in poi fu
abitata la zona in località Longola a Poggiomarino, come attestato dal
rinvenimento di un abitato fluviale lungo il Sarno. Fu verso la fine del VII°
sec. a.C. che il sito di Pompei, allora posto alla foce del Sarno ed
all’incrocio di importanti strade, venne presumibilmente abitato stabilmente
dalle stesse popolazioni indigene dell’interno (Osci). Entro breve il sito
venne colonizzato da popolazioni greche che mantennero il potere per circa
un secolo. La città passò poi in mano agli Etruschi e, nel corso del V° sec.
a.C., sotto il dominio dei Sanniti: fu questo il periodo di maggiore
espansione urbana per Pompei che dagli originari 9 ettari passò ad occupare
tutto il costone lavico per un totale di 63,5 ettari.
Nell'89 a.C. Pompei fu attaccata dai Romani che, al comando di Silla,
riuscirono a vincere i Sanniti: la città divenne municipium romano. Nell'80
a.C. Publio Cornelio Silla, nipote del dittatore, vi dedusse una colonia,
“Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum”. Questo fu un periodo di progressiva
romanizzazione della vita sociale e culturale per la città, che comunque non
dimenticò mai le influenze subite nel corso dei secoli. Intensa fu anche
l'attività commerciale che fece di Pompei una delle città più importanti
dell'Impero: ne fu testimonianza una rissa scoppiata nell'anfiteatro fra
Pompeiani e Nocerini proprio per motivi di gelosia territoriale (59 d.C.).
Il 5 febbraio del 62 d.C. un violento terremoto si abbatté sulla città,
provocando ingenti danni e trasformandola in un enorme cantiere. Il 24
agosto del 79, quando ancora erano in corso i restauri dei danni dovuti al
terremoto di 17 anni prima, verso le dieci del mattino il Vesuvio esplose,
rovesciando su Pompei una miriade di lapilli che la seppellirono per
un'altezza di 2,6 metri. Chi non fece in tempo a fuggire, fu soffocato dai
gas o schiacciato dai tetti delle case. Le vittime furono migliaia. Il
racconto dell'eruzione lo dobbiamo a Plinio il Giovane che, in due lettere
inviate a Tacito, descrive la morte dello zio, Plinio il Vecchio, avvenuta
per soffocamento sulla spiaggia di Stabia, dove egli si era recato per
assistere, da buon naturalista, al fenomeno vulcanico. L'imperatore istituì
una commissione per i soccorsi, ma era ormai troppo tardi.
L'eruzione sommerse Pompei sotto uno strato di 4-6 metri. Dell'antica città
restò nei secoli solo un vago ricordo. L'area veniva chiamata genericamente
"Civita" ovvero l'antica città. Evidentemente i contadini si imbattevano
spesso in antichi ruderi.
Nella convinzione si trattasse dell'antica Stabia, nel 1748 si cominciò a
scavare, per volere di Carlo III di Borbone, nella zona dell'anfiteatro. Da
dieci anni si stava già scavando ad Ercolano, ma tutta l'attenzione si volse
naturalmente su questo nuovo scavo. Solo nel 1763, col rinvenimento di
un'iscrizione in cui si menzionava la colonia pompeiana, ci si rese conto
che quella che si stava scavando era Pompei. La direzione degli scavi venne
affidata all'ingegnere militare Roque Joachim de Alcubierre. I reperti
vennero dapprima trasferiti alla Reggia di Portici e a partire dal 1787 nel
Museo di Napoli, uno dei maggiori musei pubblici di Europa. Gli scavi di
questo primo secolo si svolsero senza un criterio omogeneo (esso era
eseguito da schiavi) e con pochissima documentazione grafica, con l'unico
intento di ricavarne il maggior numero possibile di tesori.
Nel 1861, con l'unità d'Italia, gli scavi passarono sotto la direzione di
Giuseppe Fiorelli il quale cominciò la schedatura di ogni ritrovamento. Si
provvide anche a ricoprire gli edifici per evitare il deterioramento di
affreschi e mosaici. Da allora è stato un susseguirsi di continue importanti
scoperte come quella del 2000, quando nell'insula 22 della regione I, in una
casa a ridosso delle mura dove sono venuti alla luce dieci corpi, travolti
nella loro dimora, mentre tentavano di ripararsi.
Attualmente, con il 75 % della città ormai dissepolta, gli scavi sono quasi
fermi poiché ci si è resi conto che il restauro e la conservazione non
riescono a far fronte alla degradazione del materiale già scavato.
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