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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: POMPEI (Na)
Sito archeologico: Abitato romano
Ubicazione: Ad ovest del centro abitato con accesso dagli ingressi di Via Porta Marina (nei pressi del casello autostradale di Pompei e della stazione Circumvesuviana di Pompei Scavi) e di Piazza Anfiteatro (verso il centro della cittadina)
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Pompei
Modalità di visita: Gli scavi archeologico sono visitabili tutti i giorni dalle ore 8,30 alle ore 17 (da novembre a marzo) o alle ore 19,30 (da aprile ad ottobre). Sono chiusi il 1° gennaio, il 1° maggio ed il 25 dicembre. L'ingresso è di 11 euro da 25 a 65 anni e di 5,50 euro da 18 a 25 anni.
Cenni storici:

La piana del Sarno è stata fin dalla protostoria abitata da popolazioni indigene che sfruttavano la fertilità dei terreni, ma anche la naturale via di collegamento con il mare che era costituita dal fiume Sarno. Intorno al IX sec. a.C. erano sicuramente abitate le zone di Striano, San Valentino Torio e San Marzano, ossia le aree più interne della piana, mentre verso la foce la frequentazione umana era soltanto sporadica. Dal IX sec. a.C. in poi fu abitata la zona in località Longola a Poggiomarino, come attestato dal rinvenimento di un abitato fluviale lungo il Sarno. Fu verso la fine del VII° sec. a.C. che il sito di Pompei, allora posto alla foce del Sarno ed all’incrocio di importanti strade, venne presumibilmente abitato stabilmente dalle stesse popolazioni indigene dell’interno (Osci). Entro breve il sito venne colonizzato da popolazioni greche che mantennero il potere per circa un secolo. La città passò poi in mano agli Etruschi e, nel corso del V° sec. a.C., sotto il dominio dei Sanniti: fu questo il periodo di maggiore espansione urbana per Pompei che dagli originari 9 ettari passò ad occupare tutto il costone lavico per un totale di 63,5 ettari.
Nell'89 a.C. Pompei fu attaccata dai Romani che, al comando di Silla, riuscirono a vincere i Sanniti: la città divenne municipium romano. Nell'80 a.C. Publio Cornelio Silla, nipote del dittatore, vi dedusse una colonia, “Colonia Cornelia Veneria Pompeianorum”. Questo fu un periodo di progressiva romanizzazione della vita sociale e culturale per la città, che comunque non dimenticò mai le influenze subite nel corso dei secoli. Intensa fu anche l'attività commerciale che fece di Pompei una delle città più importanti dell'Impero: ne fu testimonianza una rissa scoppiata nell'anfiteatro fra Pompeiani e Nocerini proprio per motivi di gelosia territoriale (59 d.C.).
Il 5 febbraio del 62 d.C. un violento terremoto si abbatté sulla città, provocando ingenti danni e trasformandola in un enorme cantiere. Il 24 agosto del 79, quando ancora erano in corso i restauri dei danni dovuti al terremoto di 17 anni prima, verso le dieci del mattino il Vesuvio esplose, rovesciando su Pompei una miriade di lapilli che la seppellirono per un'altezza di 2,6 metri. Chi non fece in tempo a fuggire, fu soffocato dai gas o schiacciato dai tetti delle case. Le vittime furono migliaia. Il racconto dell'eruzione lo dobbiamo a Plinio il Giovane che, in due lettere inviate a Tacito, descrive la morte dello zio, Plinio il Vecchio, avvenuta per soffocamento sulla spiaggia di Stabia, dove egli si era recato per assistere, da buon naturalista, al fenomeno vulcanico. L'imperatore istituì una commissione per i soccorsi, ma era ormai troppo tardi.
L'eruzione sommerse Pompei sotto uno strato di 4-6 metri. Dell'antica città restò nei secoli solo un vago ricordo. L'area veniva chiamata genericamente "Civita" ovvero l'antica città. Evidentemente i contadini si imbattevano spesso in antichi ruderi.
Nella convinzione si trattasse dell'antica Stabia, nel 1748 si cominciò a scavare, per volere di Carlo III di Borbone, nella zona dell'anfiteatro. Da dieci anni si stava già scavando ad Ercolano, ma tutta l'attenzione si volse naturalmente su questo nuovo scavo. Solo nel 1763, col rinvenimento di un'iscrizione in cui si menzionava la colonia pompeiana, ci si rese conto che quella che si stava scavando era Pompei. La direzione degli scavi venne affidata all'ingegnere militare Roque Joachim de Alcubierre. I reperti vennero dapprima trasferiti alla Reggia di Portici e a partire dal 1787 nel Museo di Napoli, uno dei maggiori musei pubblici di Europa. Gli scavi di questo primo secolo si svolsero senza un criterio omogeneo (esso era eseguito da schiavi) e con pochissima documentazione grafica, con l'unico intento di ricavarne il maggior numero possibile di tesori.
Nel 1861, con l'unità d'Italia, gli scavi passarono sotto la direzione di Giuseppe Fiorelli il quale cominciò la schedatura di ogni ritrovamento. Si provvide anche a ricoprire gli edifici per evitare il deterioramento di affreschi e mosaici. Da allora è stato un susseguirsi di continue importanti scoperte come quella del 2000, quando nell'insula 22 della regione I, in una casa a ridosso delle mura dove sono venuti alla luce dieci corpi, travolti nella loro dimora, mentre tentavano di ripararsi.
Attualmente, con il 75 % della città ormai dissepolta, gli scavi sono quasi fermi poiché ci si è resi conto che il restauro e la conservazione non riescono a far fronte alla degradazione del materiale già scavato.

Illustrazione del sito:

Itinerari in corso di preparazione.

IMMAGINI DEL SITO

 

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