Cenni storici: |
Sulla costa campana,
nelle vicinanze di Salerno, laddove oggi è la cittadina di Pontecagnano,
sorgeva un importante centro dai connotati etrusco-campani, proprio oltre i
Monti Lattari in corrispondenza del punto in cui la penisola sorrentina
curva a formare il golfo salernitano. Di esso si ignora quale fosse il nome
originario. Non lungi era una fondazione etrusca di problernatica
identificazione (Vietri/Fratte), l'antica Marcina, ricordata dalle fonti
letterarie «tra le Sirenusse e Posidonia» (Strabone, Geografia, 5,4, 13,
tradita come Mamarcina da Stefano di Bisanzio).
È tuttavia certo che Pontecagnano, comunque si chiamasse, si situava in una
zona intimamente connessa alla storica presenza degli Etruschi in Campania,
nell'Agro Picentino, che da Sorrento - come rammentava Plinio (storia
Naturale, 5,3,70) - si estendeva sino al fiume Silaro (o Sele). Della piana
del Sele Pontecagnano, prima della fondazione della greca Posidonia-Paestum,
fu indubbiamente il centro di maggior rilievo, caratterizzato da un lungo
arco di vita, come testimoniano le migliaia di tombe scavate le quali si
distribuiscono entro una vasta oasi cronologica che dal principio del IX
secolo giunge all'inizio del III a.C., epoca nella quale si assiste a una
sorta di contrazione e di ripiegamento.
Dopo il IV secolo a.C., una rivivificazione del centro coinciderà con la
fondazione della colonia romana di Picentia nel 268 a.C. (Strabone,
Geografia, 5, 4, 13), che secondo le font storiche fu originata dal
trasferimento nel Salernitano della tribu’ adriatica dei Picentini, da cui
derivò anche il nome del comprensorio tra i fiumi Sarno e Sele,
rispettivamente a nord e a sud. Al principio del I secolo a.C. Pontecagnano
subì una distruzione dovuta; un incendio, forse da porre in connessione con
le ben note vicen de politiche di Silla, cui fece seguito una successiva
fase di vita de centro che si protrarrà sino al v secolo d.C.
L' Abitato e le Necropoli
Le esplorazioni condotte in anni recenti hanno evidenziato che l'abitato di
Pontecagnano, con la sua estensione pari a circa ottanta cinque ettari,
doveva sorgere in posizione lievemente sopraelevata rispetto alla zona
pianeggiante tutt'intorno. La sua maggiore organizzazione strutturale
coincise con la fase recente del periodo Orientalizzante (fine del VII
secolo a.C.), quando una sorta di pianificazione urbanistica regolarizzò i
connotati dello spazio residenziale secondo un criterio rimasto
sostanzialmente immutato sino al volgere del IV secolo a.C.
Una strada interna, oggi corrispondente al tracciato di via Cavalleggeri,
fungeva da elemento divisore in due aree dalle prerogative urbane diverse:
la prima situta a occidente, ove insisteva il vero e proprio settore
abitativo, con edifici privati e pubblici; fra gli edifici pubblici meritano
di essere ricordati due complessi santuari, dislocati un poco discosti dal
nucleo centrale, frequentati a partire dal periodo arcaico (VI-V secolo a.C.).
Il primo, in località Pastini, è meritevole di menzione anche per aver
restituito una coppa in impasto con l'iscrizione amina [..], probabilmente
un gentilizio. La tipologia di ex voto donati dai frequentatori dell'area
sacra - divinità femminile assisa sul trono e offerente che reca un
maialetto - definiscono l'ambito agrario e ctonio delle forme di devozione
che vi si praticavano.
Il secondo santuario, in località Carlanzone, affacciava su uno spiazzo
porticato, ove era stata impiantata anche una fornace per mattoni laterizi.
Le due stipi votive rinvenute illustrano che esso ebbe vita dalla fase
arcaica sino al volgere del IV secolo a.C., epoca cui si riferiscono le
tracce di abbandono delle altre strutture dell'abitato. Oltre a frammenti di
ceramica di bucchero, vi sono state recuperate anche alcune iscrizioni in
alfabeto greco acheo. La zona orientale, in base ai ritrovamenti
archeologici, sembrerebbe invece avere accolto un quartiere artigianale e
industriale: lo testimonia, fra l'altro, l'esistenza del ceramico della
città con le relative fornaci, alle cui botteghe era demandata la produzione
di laterizi e ceramica corrente fra il principio del VI secolo a.C. e la
metà del secolo successivo.
Con il IV secolo a.C. si registra un progressivo affievolirsi e lo spegnersi
delle attività di culto e di quelle artigianali, in assonanza con un
generale decalage del profilo culturale, economico e politico del centro nel
più generale quadro della Campania preromana. Le aree sepolcrali
circondavano esternamente l'abitato secondo una partizione spaziale già in
essere a partire dalla prima età del Ferro, nel corso del IX e dell'VIII
secolo a.C., destinate a un utilizzo che si protrarrà sino al volgere del IV
secolo a.C. La loro distribuzione avalla l'ipotesi secondo la quale
l'insediamento indigeno più antico e quello successivo di età storica, dai
caratteri etrusco-campani, si sovrapposero. Oltre che sul versante
sud-occidentale dell' abitato - in quel lembo di territorio che guardava al
Picentino - per l'impianto delle necropoli fu successivamente prescelto
anche il lato meridionale, ove una zona fu destinata a piccola area
cemeteriale in epoca Orientalizzante.
Anche a oriente dell'abitato, in località Sant'Antonio, si estendeva una
importante necropoli dell'età del Ferro. In generale, le necropoli di
Pontecagnano, ad eccezione di alcuni rinvenimenti occasionali verificatisi
già nella seconda metà dell'Ottocento, furono indagate con criterio di
maggior sistematicità a partire dai decenni centrali del Novecento, in
concomitanza con le più estese e mirate esplorazioni che in quegli anni
restituivano alla conoscenza storico-archeologica della Campania preromana i
costumi funerari della prima età del Ferro del comprensorio di Salerno (Sala
Consilina, Capodifiume, Arenosola ecc.). Le fasi più antiche individuate
attraverso i corredi funebri - con i vasi cinerari biconici e gli oggetti di
ornamento in metallo - ponevano in luce i legami di Pontecagnano con la
cultura villanoviana dell 'Etruria meridionale costiera, confermata
dall'adozione del medesimo tipo di contenitore per le ceneri del defunto.
Analogamente ad alcuni dei centri dell'Etruria propria, i sintomi di una
progressiva differenziazione sociale sembrano precocemente manifestarsi
proprio nella prima età del Ferro, fra la seconda metà del IX e l'VIII
secolo a.C., periodo al quale sono ascrivibili alcuni ricchi corredi con
oggetti in metallo, dove fanno la loro comparsa elementi relativi
all'armamento sia offensivo e che difensivo, quali spade, lance, gambali per
i polpacci (schinieri) ecc., e cui corrisponde, nell'apprestamento della
struttura esterna del sepolcro, un tono di maggiore impegno e imponenza, per
ottenere il quale si ricorre anche a parti costruite in tufo.
Fra i materiali di accompagno non mancano esempi di ceramiche dipinte
provenienti dalla Grecia (isola di Eubea), forse grazie alla mediazione
delle colonie euboiche fondate in Campania nel corso dell'VIII secolo, in
primo luogo Cuffia, che era stata preceduta dalla fondazione a carattere
emporico sull' isola di Ischia (Pithecusa). Appartiene a questo orizzonte
antico un peculiare e assai noto coperchio di cinerario in ceramica
d'impasto, sul quale appaiono rappresentate due curiose figure: un
personaggio femminile e un essere mostruoso abbracciati l'uno all'altro,
forse da identificarsi come immagini appartenenti a una sfera non umana. I
contatti con l'etrusca Capua, istituiti nella seconda metà dell'VIII secolo
a.C., costituirono probabilmente il tramite attraverso il quale a
Pontecagnano giunsero i vasi in impasto con applicazioni plastiche a
rappresentazione animale, prevalentemente piccoli cavalli posti sulle anse,
conosciuti, oltre che nella Campania settentrionale, soprattutto nell'area
falisca, con la quale Capua possedeva significative e privilegiate relazioni
culturali.
A partire da questo momento, che coincide con lo schiudersi del periodo
Orientalizzante (dal 720 a.C. circa), il costume funerario prevede
l'adozione della tomba a fossa, il cui impiego sembra ora in progressiva
diffusione, e proprio dalla necropoli in contrada Sant'Antonio provengono i
chiari segni dell'esistenza a Pontecagnano di una elite, che affida le
proprie necessità di autorappresentazione sociale, economica e, ancor prima,
di ordine culturale, a ricchi corredi "principeschi" nei quali il rito
dell'incinerazione costituisce, con le ceneri deposte in grandi calderoni
metallici, un chiaro riferimento di natura ideologica e una colta allusione
al rituale eroico di omerica memoria, eccezionalmente praticato anche nella
greca Cuffia (Tomba "principesca" 104 del Fondo Artiaco, con calderone in
argento e ceneri protette da un drappo di stoffa), in un contesto nel quale
l'inuffiazione appare ormai affermarsi come la consuetudine. Esemplificano
sontuosamente questa temperie due splendide tombe orientalizzanti (tombe 926
e 928), databili alla prima metà del VII secolo a.C., rinvenute nel 1966 nei
pressi di piazza Risorgimento. Si tratta di due sepolcri maschili costruiti
con l'ausilio di lastre di travertino poste verticalmente a formare una
sorta di recinto rettangolare, all'interno del quale era stato ricavato,
delimitando lo spazio, un loculo, ove furono collocati i beni di prestigio
più intimamente connessi allo status sociale del defunto che vi era deposto.
Il ricchissimo corredo - nel quale figura anche il calderone metallico per
le ceneri del defunto - comprendeva prezioso vasellame metallico da mensa,
oggetti di ornamento personale (fibule in argento), utensili per la
manipolazione del fuoco e la cottura delle carni (spiedi, alaci e pinze),
asce in ferro, armi, ceramica. Questi utensili, che orientano alla sfera del
sacrificio, erano stati adagiati nella fossa-recinto. Una maggiore
omogeneità sembra invece caratterizzare la compagine sociale di Pontecagnano
tra gli ultimi decenni della fase Orientalizzante e l'epoca arcaica (fine
del VII-VI secolo a.C.), non mancando esempi di ricchi complessi sepolcrali
ma palesandosi una distribuzione dei proventi economici più uniforme e
diffusa in linea orizzontale.
Lo dimostrano la presenza di vasellame di pregio importato, la ceramica di
bucchero e il sorgere di botteghe locali che producono vasellame da simposio
a imitazione delle botteghe di Corinto e sulla falsariga di quelle,
anch'esse dedite alla riproduzione dei vasi dipinti, attive in Etruria
(ceramica etrusco-corinzia). Al principio del VI secolo si diffonde anche la
scrittura, caratteristicamente impiegata sulle ceramiche nelle formule di
possesso che parlano in prima persona. Durante il VI secolo avanzato e il V,
la documentazione appare piuttosto parsimoniosa e non ci sorregge pertanto
nella ricostruzione globale del profilo storico-archeologico di Pontecagnano
in questa fase. Nel frattempo, dopo la battaglia di Cuma (474 a.C.), anche
la fondazione di Neapolis, che cade negli stessi anni, contribuisce a
rimodellare gli equilibri della regione, nella quale oltretutto si
riversarono, nel frattempo, le popolazioni di lingua sannitica. Note di
prosperità non mancano ancora durante il IV secolo a.C., con le necropoli
ormai caratterizzate dal costume funerario tipico dei Sanniti, che adottano
la tomba a camera, talora dipinta, per i ceti abbienti locali. Nonostante
ciò, la dominanza culturale dell'elemento etrusco non si spegne, come
mostrano le iscrizioni ancora redatte con il caratteristico alfabeto. |