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Le "Terme di Nettuno" erano conosciute
erroneamente come "Tempio di Nettuno": si tratta dei ruderi di un imponente
complesso termale, il più grande e monumentale dell'antica Puteoli, disposto
su più livelli lungo il pendìo della collina con il prospetto rivolto verso
il porto, quasi a voler stupire il viaggiatore proveniente dal mare con un
grandioso effetto scenografico.
L'impianto, eretto nella prima metà del II sec. d.C. (come confermano i
bolli adrianei rinvenuti in sito), in epoche successive fu oggetto di vari
interventi di restauro, documentati fino al IV d.C.
Le terme erano a pianta assiale, con un percorso, cioè, che seguiva la
successione calidarium-tepidarium-frigidarium-natatio. Attualmente sono per
la maggior parte interrate; i resti in proprietà Lubrano si riferiscono ai
livelli superiori e alla parte posteriore dell'edificio, relativa all'area
del frigidarium. Le due massicce cortine murarie, lunghe m. 60 e alte m. 16
ca., appartengono alla parete di fondo degli ambienti freddi;
originariamente chiusa al centro da una grande abside, essa era scandita da
numerose nicchie, fregi e archi di passaggio.
Entrati nell'area del frigidarium, si scorgono i resti di una serie di
ambienti disposti sui due lati dell'abside; essi avevano volte alternate a
botte e a crociera ed erano decorati da mosaici. Dall'attuale livello di
calpestio, lungo i muri, sporgono le sommità di arcate e volte degli
ambienti sottostanti. Le strutture a valle, relative agli ambienti caldi,
non sono visitabili in quanto coperte da strutture moderne o danneggiate da
crolli.
All'interno del civico 102 di via Pergolesi si possono ancora osservare, in
discreto stato di conservazione (ma in condizioni disagevoli per la
visitabilità), i praefurnia. Il notevole dislivello tra questi resti e
quelli di via Terracciano dà la misura dell'estensione delle terme e dei
salti di quota esistenti fra le terrazze su cui erano dlsposte.
La pianta e i percorsi interni si ispirano al modello formatosi a Roma sulle
terme di Tito e applicato anche alle Terme di Traiano. Dal punto di vista
più generale della monumentalità e dell'imponenza, il complesso puteolano
rispetta puntualmente i canoni dell'architettura termale di II-III secolo,
intesi, quale che fosse la tipologia della pianta, a realizzare effetti di
scenografica grandiosità.
Di fronte alle Terme di Nettuno, alle spalle del n. civico 21 di via
Terracciano, sono visibili gli imponenti ruderi del Ninfeo di Diana.
L'edificio, che deve il suo nome al ritrovamento in sito di una statua della
dea, era forse collegato funzionalmente alle vicine terme.
Rimasto sempre in vista, costituì uno degli elementi caratteristici del
paesaggio puteolano, oggetto di numerose raffigurazioni di incisori e
vedutisti, dalle quali risulta la sua precoce rovina.
Il ninfeo, costruito in opera laterizia (fine II-inizi III sec. d.C.),
presentava il perimetro esterno rettangolare con il lato breve, in cui si
apriva l'ingresso, concavo. La sala interna, a pianta circolare, era
illuminata da ampi finestroni. Ben conservati risultano oggi solo il
basamento circolare e parte dell'alzato con evidenti restauri moderni.
Nel 1922, uno scavo condotto nei pressi portò alla luce i resti di un
tempietto prostilo, a quattro colonne, della stessa epoca del ninfeo. Parte
della ricca decorazione architettonica (architrave, capitelli ecc. ) è
visibile nel lapidario dell'Anfiteatro Maggiore. |