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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: ROSCIGNO (Sa)
Sito archeologico: Resti di abitato lucano
Ubicazione: Pianoro di Monte Pruno località Pattano e località Cuozzi ("Terrazza degli stranieri")
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Salerno
Modalità di visita: Liberamente visibile
Cenni storici:

Ubicato su di un colle che domina la valle dei fiumi Ripiti e Sammaro, il comune di Roscigno è noto soprattutto per il vecchio nucleo urbano, abbandonato nei primi decenni di questo secolo per un incombente pericolo di frana e rimasto cristallizzato nel tempo; modello eccezionale di borgo agricolo formatosi attorno alla piazza ed alla chiesa settecentesca, risulta perfettamente conservato nel suo impianto e nelle sue strutture, di recente è stato inserito nel patrimonio dell’UNESCO. A circa due chilometri a Nord/Est si staglia l’articolata fisionomia del monte Pruno (m. 890), estremo sperone sud/occidentale della catena degli Alburni. Con la sua variegata configurazione naturale costituita da fitti boschi, radure, rocce affioranti, profonde gole ed acque sorgive, il monte domina l’unico valico possibile per la comunicazione tra i Vallo di Diano e la fertile piana di Paestum. Non a caso il terrazzo superiore conserva l’appellativo di “balcone degli Alburni” e l’ampia visione che si ha di tutta la conformazione naturale dei monti e della valle, giustifica largamente la fatica di raggiungerlo. La data di fondazione di Roscigno risulta avvolta nel mistero, ma è certo che questo comune è nato originariamente come casale di Corleto Monforte. Situato nell’alto Cilento all’estremo limite della valle del Calore, il comune prende il nome dalla corruzione dialettale del termine “usignolo” in “Russignuolo”. Il suo stemma è difatti rappresentato da un cuore e da un usignolo con la scritta “Luscinia cantat”. Ci sono però diverse teorie in merito al sopracitato toponimo; esso potrebbe infatti derivare non tanto dal nome del volatile, ma più probabilmente dal latino russeus, “rosso”, in riferimento al tipico colore del terreno. Verso la fine del XI secolo i Benedettini costruirono un convento con accanto la chiesa di S. Venere, sito a circa un chilometro di distanza dall'attuale località Piano. I pastori della vicina Corleto che possedevano terreni e pascoli in prossimità dell'edificio religioso, si trovavano a dover percorrere quotidianamente circa quattro chilometri per giungere dall'abitato ai loro poderi. Per questo motivo intorno al convento iniziarono a sorgere i primi insediamenti, poi il numero delle abitazioni s'incrementò sempre più, fino a creare un vero e proprio agglomerato al quale fu dato il nome di Roscigno. Si può dunque dedurre che Roscigno fu probabilmente fondata nel corso del XIV secolo dagli abitanti della vicina Corleto, attratti dai rigogliosi pascoli presenti presso le sorgenti dei fiumi Ripiti e Sammaro.

Illustrazione del sito:

La storia della ricerca archeologica della zona è scarna: già negli anni ‘20, nel corso di lavori agricoli fu recuperato un nucleo consistente di pezzi di ambra di lavorazione capuana (vaghi circolari, pendenti a bulla ed intagliati oggi al Museo Provinciale di Salerno) provenienti, con ogni probabilità da ricchi corredi funerari andati distrutti e databili tra il VI ed il V sec. a.C. nella località Pattano, alle falde SO del Monte Pruno. Nel 1938 una sepoltura ‘principesca’ con recinto rettangolare e copertura a tumulo venne trovata invece proprio sul pianoro di Monte Pruno. Il defunto, deposto supino, aveva nel suo corredo una corona d’argento e una collana ed era stato sepolto con il suo carro e la punta della sua lancia. Ma il corredo comprendeva numerosi oggetti metallici, di argento, bronzo e ferro, provenienti da officine etrusche, tarantine e greche e componevano un vero e proprio ‘servizio’ da banchetto con il bellissimo candelabro in bronzo o il raffinato kantharos d’argento; la presenza poi di ben tre strigili di bronzo, denotavano come il principe sepolto fosse ben a conoscenza di pratiche e costumanze greche. Diversi anche i vasi attici, protoitalioti ed indigeni, nonché forme vascolari a vernice nera. Nel 1960 ispezioni archeologiche del suolo portano all’individuazione di una fitta area di frammenti fittili e di tegole in tutta l’area e nel 1988 viene avviato un programma di ricerca e di tutela del patrimonio archeologico locale che hanno portato alla localizzazione dei resti sul pianoro di Monte Pruno e alle sue pendicidi resti di un insediamento antico, le cui prime tracce si datano verso la fine del VII sec. a. C. Diverse le sepolture per lo più a fossa terragna indagate e che confermano un’occupazione generalizzata del pianoro e delle sue pendici già negli anni finali del VI secolo a.C. Ai primi decenni del V sec. a. C. si data una sepoltura, anch’essa con ricco corredo, rinvenuta a breve distanza da quella più famosa recuperata negli anni ‘30. La sepoltura, intaccata dai clandestini, ha conservato tuttavia buona parte del suo corredo metallico che, con i suoi due elmi di bronzo, la spada e due lance connotano il defunto come un capo guerriero lucano. Nel corso della seconda metà del IV sec. a. C. il pianoro viene circondato, su tre lati, da una poderosa cinta muraria a doppia cortina in opera pseudo-isodoma con blocchi rettangolari di calcare e possente emplecton: un tratto delle mura esplorato e messo in luce si trova sul lato S/O del colle e lo si può seguire per una lunghezza di circa 70 metri. Al momento della costruzione delle mura, sul pianoro si dispongono una serie di strutture abitative in forma sparsa già dalla seconda metà del VI sec. a.C. da dove si sono recuperati frammenti di ceramica bicroma geometrica, di coppe ioniche tipo B2 e frammenti di bacini di bronzo ad orlo perlinato. Ma unità abitative vere e proprie sono testimoniate dalla scoperta di strutture murarie e crolli di tetti a doppio spiovente con tegole, coppi e kalypteres egemones e si datano solo al IV sec. a.C.

Ulteriori indagini archeologiche compiute negli anni Novanta a circa 1 km dal pianoro del Monte Pruno, alle pendici sud occidentali del colle, hanno portato alla scoperta di strutture abitative e sepolcrali. Ai piedi della terrazza corre un largo tratturo, ancora oggi funzionale, noto nella toponomastica locale come “trazzera degli stranieri” ed esplorato, stratigraficamente, per un breve tratto proprio nel punto dove si diparte un diverticolo che conduce sul pianoro del Monte Pruno. In una stretta valletta, a ridosso del tracciato di questo tratturo, si sono concentrate le ricerche archeologiche, che hanno portato alla luce un’interessante sepoltura femminile che ha restituito tra gli oggetti di corredo una collana con vaghi di ambra della metà circa del VI sec. a. C. Nella seconda metà del IV sec. a. C., in questa stessa valletta, si impianta una complessa struttura abitativa con i vani disposti intorno ad un cortile porticato; gli ambienti attualmente messi in luce coprono una superficie di circa 400 mq. L’imponenza dell’unità abitativa, oltre che dalla sua ampiezza eccezionale, è sottolineata dalla decorazione fittile del tetto a doppio spiovente con kalupteres egemones ed acroterio centrale a disco, dalla presenza di intonaco parietale, dalla ricchezza e dall’abbondanza dei materiali rinvenuti sotto il crollo della copertura. L’edificio è rimasto in uso almeno fino alla metà circa del III sec. a. C. e ha restiuito abbondante materiale ceramico da fuoco, contenitori acromi di ceramica a vernice nera tra cui piattelli, coppette e bicchieri con fascia risparmiata, numerosi pesi da telaio e due grandi louteria in argilla rossastra. Poco distante, ad una quota leggermente più alta, è stata individuata una piccola necropoli da mettere in relazione all’unità abitativa: le sepolture a semicamera, tagliate nel bancone naturale, si appoggiano al costone ed hanno un orientamento nord-sud. Tra quelle meglio conservate è la 3200 con il recinto rettangoalre ed il piano di deposizione ricoperto da un sottile strato di argilla grigiastra. Numerosi gli oggetti di corredo recuperati , tra cui due cinturoni a larga fascia con ganci a cicala di tipo italico, vasellame metallico e vascolare di produzione pestana. 

Note:  

IMMAGINI DEL SITO

 

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