Cenni storici: |
I luoghi dell’odierna
Santa Maria Capua Vetere sono gli stessi ove nell’antichità ebbe luogo la
famosa città di Capua, nome poi passato a designare un’altra cittadina a
poca distanza. Di tale periodo classico Santa Maria Capua Vetere conserva
numerose testimonianze nelle grandiose vestigia dell’antichità presenti sul
territorio. Come sovente accade per città di antica fondazione molte sono
state le teorie relative alla sua origine più o meno avvalorate dai
ritrovamenti archeologici effettuati che attesterebbero l’esistenza di
popolazioni stanziate già a partire dal IX secolo a.C. Quella ritenuta più
attendibile collega la cittadina allo stanziamento del popolo etrusco, del
resto già presente su altre zone della penisola., e sarebbe testimoniata dal
ritrovamento di buccheri e di una tegola epigrafata ora conservata al Museo
di Berlino. Secondo tale ipotesi gli Etruschi fondarono la città tra il VIII
e il VI secolo a.C. su un territorio già abitato dagli Osci o Opici,
popolazione di origine indoeuropea. In realtà l’epoca di fondazione è ancora
incerta giacché le fonti fanno riferimento a periodi differenti ed ad un
ampio arco temporale oscillante tra l’800 ed il 471 a.C. In base alla
tipologia dell’impianto urbanistico, è stato osservato che la città non
sembrerebbe di formazione antichissima per cui si è fatta avanti l’ipotesi
che, al loro giungere, gli Etruschi si sarebbero stabiliti in adiacenza al
villaggio osco preesistente e che solo successivamente abbiano fondato la
città secondo quanto attestato dall’epigrafe. Della città scrissero Tito
Livio e Diodoro Siculo. Entrambi testimoniarono che nel corso della seconda
metà del V secolo a.C. la città fu conquistata dai Sanniti, una popolazione
di stirpe osca proveniente dalle regioni montuose del Sannio, che andarono
sostituendo a Capua ai costumi etruschi quelli ellenistici cui loro stessi
si erano conformati. Lo sviluppo dei traffici e del commercio la resero
città florida e potente cosicché, agli inizi del IV secolo, i Romani
avviarono la costruzione della via Appia per collegare Capua alla capitale.
Coinvolta nelle guerre sannitiche la città riuscì a liberarsi dal dominio di
questo popolo. In quel periodo, i rapporti con Roma furono talvolta di
alleanza e talvolta di antagonismo. Nel 343 a.C., dopo la richiesta di aiuto
contro i Sanniti, Capua si ritrovò la capitale per alleata e pochi anni dopo
le fu assegnata la civitas sine suffragio cioè la cittadinanza priva di
voto. Nella seconda guerra sannitica si staccò da Roma e a seguito di ciò,
appresa la notizia della sconfitta dei Sanniti presso Aquino, il dittatore
Caio Menio l’assediò. Così la città si sottomise nuovamente a Roma
riottenendo il precedente assetto politico. Malgrado ciò la città innescò
moti di ribellione determinati da un desiderio di rivalsa, di indipendenza e
supremazia nei confronti di Roma. Tutto questo complesso di ambizioni ebbe
la sua principale manifestazione al tempo della seconda guerra punica. In
quell’occasione i capuani, per opera del partito popolare retto dai senatori
Pacuvio Calavio e Vibio Virio, si schierarono con Annibale, accogliendolo in
città con le sue milizie. Durante quel soggiorno, protrattosi per gran parte
dell’inverno tra il 216 ed il 215 a.C., Annibale ed il suo esercito
beneficiarono dei cosiddetti “ozi capuani”, resi famosi da Tito Livio che ne
parlò nella sua “Ab urbe condita” ; la tradizione vuole che sia stato
proprio questo andamento di vita ad indebolire i cartaginesi e a renderli
vulnerabili nei confronti dei Romani. In realtà pare che tale sconfitta sia
stata condizionata dalla mancanza di altre città alleate ad Annibale e da
una serie di conquiste fallite. Per Capua, fallita clamorosamente nel suo
intento, arrivò da Roma la conseguente punizione: nel 211 a.C. fu
completamente annientata politicamente e privata del suo territorio che si
trovò acquisito, così, al demanio dello stato mentre la popolazione andò
dispersa nei villaggi vicini. In tale punizione, esemplare ma non severa, è
stata letta la volontà da parte di Roma di sopravvivenza per quel
fertilissimo territorio. Circa un secolo più tardi, con l’ascesa democratica
al potere con Mario e Cinna fu ripreso un disegno di Caio Gracco finalizzato
al recupero per Capua della libera proprietà fondiaria. Nell’83 a.C. vi fu
insediata una colonia ed i terreni furono divisi tra i nuovi coloni.
L’antica Capua è ricordata anche per la figura di Spartaco, gladiatore della
scuola di Lentulo, che, nel 73 a.C., capeggiò una famosa rivolta degli
schiavi domata solo due anni più tardi ad opera di Crasso. Nel 58 a.C. per
volere di Giulio Cesare le fu restituita la cittadinanza romana e, dopo la
battaglia di Anzio, con l’insediamento dei veterani di Augusto, fu elevata a
colonia con il titolo di Colonia Julia Augusta Felix. Di questo è
testimonianza un’antica epigrafe mutila rinvenuta negli scavi
dell’Anfiteatro capuano nel 1726 ed ora conservata nel Museo Campano
dell’attuale Capua.. Essa divenne, inoltre, centro amministrativo sede del
Corrector Campaniae. Sotto l’imperatore Adriano, Capua tornò ad essere un
centro di notevole importanza e ricchezza, fu uno dei migliori granai
dell’impero e conservò tale ruolo nei secoli; Cicerone la definì “luogo di
aratori, mercato di villici e cellaio e granaio della terra campana”. A tal
proposito uno degli elementi che favorirono la crescente espansione edilizia
ed economica della città in età imperiale fu la possibilità di navigare il
fiume Volturno e la posizione all’incrocio delle grandi vie consolari che la
favorirono nei traffici commerciali. Tale sviluppo in termini di prosperità
economica e demografica continuò anche sotto l’imperatore Nerone che ospitò
nuovamente una colonia di veterani Ancora nel IV secolo, in base alla
testimonianza del poeta Ausonio, la città era considerata tra le più
importanti ne parlò del mondo romano a addirittura la prima della parte
meridionale; pare che in età tardo imperiale la sua popolazione dovesse
aggirarsi intorno alle centocinquantamila unità La sua importanza è
testimoniata altresì dai numerosi edifici che in essa sorsero quali il
Circo, il Ginnasio, il Foro dei nobili e quello del Popolo, il Campidoglio,
l’Anfiteatro, la Scuola dei Gladiatori, il Teatro, le Terme, gli Acquedotti,
l’Arco trionfale, i templi e le numerose sontuose ville sorte nei dintorni,
il Mitreo. Quest’ultimo particolarissimo santuario fu dedicato a Mitra,
divinità persiana personificazione del Sole, il cui culto fu importato a
Roma in epoca imperiale. Al suo interno il territorio capuano, oltre quello
dell’attuale Santa Maria, annoverava anche parte delle attuali San Prisco,
Curti e Macerata Campania. La città fu cinta da mura, estese per un
perimetro di circa sei miglia, in cui si aprivano sette porte ciascuna
corrispondente ad uno degli itinerari che confluivano tutti nel Foro del
Popolo. Tra questi ve ne era uno che conduceva a nord verso il Monte Tifata
e il tempio di Giove ed un altro che conduceva a sud, verso Cuma. Orientata
in direzione est-ovest, la via Appia, costruita a partire dal IV secolo a.C.
per collegare Roma con Capua, fu anche il decumano massimo della città.
Inoltre passava in corrispondenza di Capua anche la lunghissima via Seplasia,
famosa perché fiancheggiata da botteghe di ori e profumi. La decantata
prosperità di Capua fu uno dei fattori che la esposero maggiormente agli
assalti dei barbari unitamente alla sua posizione indifesa nella pianura a
sud del Volturno e del Monte Tifata. La città si trovò ad essere devastata
dai Visigoti di Alarico nel 410 e dai Vandali di Genserico nel 456. Un
secolo più tardi l’impero di Giustiniano riuscì a garantire un periodo di
maggiore tranquillità interna che terminò con la dominazione longobarda.
Difatti, dopo il 594, Capua fu sede di una contea ed appartenne al Ducato di
Benevento. Risorta nell’VIII secolo, la città fu distrutta dai Saraceni
nell’841, mentre era ancora sotto i longobardi che al tempo furono impegnati
in lotte interne tra i diversi principi della dinastia per questioni
territoriali. Fu in particolare il principe Radelchi, nella speranza di
ottenere la successione nel Ducato di Benevento a chiedere l’aiuto dei
Saraceni i quali intervennero secondo quello che fu sempre il loro stile,
con incendi e saccheggi. La popolazione costretta alla fuga si rifugiò nella
fortezza di Sicopoli e vi rimase finché si passò alla ricostruzione sul sito
della Capua moderna sorta sulle rovine di Casilinum, in un luogo più difeso
in un’ansa del Volturno. Risvolto negativo di questa nuova fondazione furono
i danni apportati alle strutture romane dall’opera di spoliazione compiuta
dagli stessi abitanti della zona che si servirono degli antichi materiali
per costruire grandi edifici pubblici nella nuova Capua, primo fra tutti il
Duomo, ma anche per realizzare strade ed erigere abitazioni. Intanto il sito
della Capua antica, subordinata alla nuova, andò lentamente ripopolandosi
con la ricostituzione di alcuni borghi. Uno di essi fu il borgo di Berolais
o Berelais, assegnato al longobardo Landone, in cui fu istituita una
diocesi. Esso fu soggetto, nell’890 nuovamente ad una invasione saracena e,
conseguentemente, decadde mente maggior sviluppo ebbero altri borghi come
Sant’Erasmo e San Pietro sorti intorno alle prime basiliche cristiane. Sul
posto della città antica rimase anche la chiesa di S. Maria Maggiore,
attuale Duomo, che costituì il fulcro intorno al quale si formò un modesto
abitato che col tempo acquistò una notevole importanza e si ingrandì
inglobando anche villaggi vicini come lo stesso Sant’Erasmo. Fu tale abitato
che nel 1315 assunse il nome di Villa Sanctae Mariae Maioris, desunto per
l’appunto dall’omonima chiesa. Intanto alcune vestigia romane continuarono a
subire trasformazioni edilizie; la più evidente fu quella dell’anfiteatro,
trasformato in fortezza dai Principi longobardi nel X secolo. Nell’ XI
secolo, Capua passò sotto il dominio normanno ritrovandosi divisa in tre
distretti: la Terra Cangia, la Terra Capuana. e la Terra Lanei, così
denominata per il fiume Clanio che ne percorreva la parte meridionale. A
quest’ultima afferivano i tre villaggi di Sant’Erasmo, San Pietro Santa
Maria Maggiore; essi vennero unificati nella Diocesi di Santa Maria
Suricorum. Con la dominazione sveva e poi quella angioina, dalla seconda
metà del XIII secolo, il casale di Santa Maria Maggiore venne a trovarsi in
una condizione privilegiata. La sua chiesa fu scelta per il battesimo di re
Roberto d’Angiò, nato nel 1278 nella torre di Sant’Erasmo, casale che ospitò
la residenza estiva dello stesso re. I privilegi proseguirono accrescendosi
a partire dal 1442 con l’avvento degli Aragonesi molto devoti alla Madonna
venerata nella Basilica. I secolari privilegi si tradussero in termini di
sviluppo del casale tanto che nel XVII secolo esso già contava circa
cinquemila abitanti. Dal secolo successivo Santa Maria Maggiore per la
ricchezza di antichità che poteva offrire divenne una delle tappe favorite
dai viaggiatori neoclassici e romantici. Sulla metà del Settecento la città
si trovò a beneficiare indirettamente dello straordinario evento innescato
dai Borboni con la costruzione della Reggia giacché essa venne a trovarsi
alla confluenza delle strade che, da Capua e da Napoli, portano a Caserta.
La manifestazione più evidente fu la localizzazione di numerosi quartieri
militari borbonici. Essi coinvolsero anche le antiche strutture del
Criptoportico, fino al Seicento meta preferita per le passeggiate poi
sovrastate dal Convento di San Francesco finché quest’ultimo non fu
trasformato in un quartiere di cavalleria borbonico. Nei secoli XVIII e XIX
a Santa Maria Maggiore nacquero ed operarono alcune importanti personalità
del mondo culturale, l’archeologo Alessio Simmaco Mazzocchi (1684-1771)
artefice del rinvenimento e dell’interpretazione della già citata iscrizione
recante informazioni circa la elevazione a colonia della città sotto Augusto
ed autore di una monografia sul tema, Giacomo Rucca (1785-1860), archeologo
anch’egli ed il filosofo ed esteta Antonio Tari (1809-1884). Intanto, la
città si era resa partecipe ai moti rivoluzionari napoletani del 1799 ed
avendo riportatone gravi danni in termini di vite umane con l’esecuzione di
suoi patrioti, all’inizio dell’Ottocento, fu ricompensata da Giuseppe
Bonaparte con la nomina ad intendenza ossia capoluogo della provincia della
Terra di Lavoro. Cosicché da casale di Capua, essa divenne nel 1806 comune
autonomo conservando il nome di Santa Maria Maggiore; poi ricevette la nuova
denominazione. Nel 1808 l’intendenza fu spostata prima a Capua per
iniziativa di Gioacchino Murat e poi nel 1818 a Caserta per volere di
Ferdinando I. Malgrado ciò lo stesso Murat stabilì a Santa Maria la sede del
Tribunale. L’istituzione del Tribunale fu molto importante per lo sviluppo
della città in quanto di conseguenza venne a formarsi una classe
alto-borghese che influì sulle trasformazioni edilizie nella città. A
partire dall’Ottocento, furono infatti costruiti od ampliati molti edifici e
la città assunse in complesso un volto assai elegante. Intanto,
relativamente alle vestigia d’antichità, quello stesso periodo fu
determinante per lo svolgimento dell’attività archeologica, iniziata per la
verità già dalla metà del secolo precedente, oltre che per il già ricordato
interesse suscitato nel clima del grand tour. Inoltre è da segnalare, al
riguardo, l’iniziativa di Francesco I che 1826 emanò un editto col quale
finalmente si proibirono saccheggi ed azioni vandaliche sui monumenti che
nel frattempo avevano subito notevoli espoliazioni. Due anni più tardi nelle
precedenti strutture che nei secoli avevano preso il posto dei resti
dell’antico Criptoportico, fu creato un carcere che è stato, in tempi più
recenti, oggetto di dislocazione. Il clima risorgimentale fu vissuto a Santa
Maria Maggiore con particolare intensità e partecipazione e a testimonianza
di ciò fu apposta nel 1913 una lapide di marmo su un edificio di piazza
Mazzini le cui parole testuali, scritte dallo storico e giurista Raffaele
Perla, nipote di uno dei patrioti giustiziati per i moti del 1799 sono le
seguenti: << fervido aiuto offerto nel 1860 da questa città alle schiere
guidate da Garibaldi nei decisivi cimenti per l’Unità e la Redenzione
d’Italia>>. Il monumento ai caduti con l’angelo della Vittoria, invece,
ricorda la battaglia del Volturno vinta sulle milizie borboniche nel 1860 a
seguito della quale fu l stesso Garibaldi a ringraziare la città per
l’appoggio ricevuto donandole la bandiera tricolore con lo scudo sabaudo.
Nel 1862 con regio decreto fu stabilita per il comune la sua attuale
denominazione. Da allora in poi Santa Maria Capua Vetere fu interessata da
un continuo sviluppo demografico ed edilizio. Relativamente a quest’ultimo
esso in tempi recenti si è manifestato piuttosto disordinatamente e con poca
considerazione dell’impianto viario antico sebbene ancora numerose siano
oggi le singole testimonianze materiali del mondo classico, presenti sul
territorio. L’area già oggetto di ricerche archeologiche nel Settecento e
nell’Ottocento che portarono al ritrovamento di reperti ora conservati nel
Museo provinciale campano di Capua, andò soggetta nel secondo dopoguerra a
una ulteriore azione di scavo i cui reperti sono invece conservati nelle
sale del Museo archeologico dell’antica Capua, un’importante recente
acquisizione per la città con la sua istituzione nel 1995 negli spazi
dell’ex Istituto di incremento ippico ed in particolare nei locali un tempo
adibiti a stallaggio per i cavalli dell’esercito borbonico. |