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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: Santa Maria Capua Vetere (Ce)
Sito archeologico: Anfiteatro campano
Ubicazione: Piazza I Ottobre
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Napoli
Modalità di visita: Visitabile dalle 9 ad un'ora prima del tramonto con ingresso a pagamento (4 euro; 2 euro da 18 a 25 anni; gratuito per minorenni ed ultrasessantacinquenni). Il biglietto è valido anche per la visita al Mitreo, al Museo dei Gladiatori ed al Museo Archeologico dell'Antica Capua
Cenni storici:

I luoghi dell’odierna Santa Maria Capua Vetere sono gli stessi ove nell’antichità ebbe luogo la famosa città di Capua, nome poi passato a designare un’altra cittadina a poca distanza. Di tale periodo classico Santa Maria Capua Vetere conserva numerose testimonianze nelle grandiose vestigia dell’antichità presenti sul territorio. Come sovente accade per città di antica fondazione molte sono state le teorie relative alla sua origine più o meno avvalorate dai ritrovamenti archeologici effettuati che attesterebbero l’esistenza di popolazioni stanziate già a partire dal IX secolo a.C. Quella ritenuta più attendibile collega la cittadina allo stanziamento del popolo etrusco, del resto già presente su altre zone della penisola., e sarebbe testimoniata dal ritrovamento di buccheri e di una tegola epigrafata ora conservata al Museo di Berlino. Secondo tale ipotesi gli Etruschi fondarono la città tra il VIII e il VI secolo a.C. su un territorio già abitato dagli Osci o Opici, popolazione di origine indoeuropea. In realtà l’epoca di fondazione è ancora incerta giacché le fonti fanno riferimento a periodi differenti ed ad un ampio arco temporale oscillante tra l’800 ed il 471 a.C. In base alla tipologia dell’impianto urbanistico, è stato osservato che la città non sembrerebbe di formazione antichissima per cui si è fatta avanti l’ipotesi che, al loro giungere, gli Etruschi si sarebbero stabiliti in adiacenza al villaggio osco preesistente e che solo successivamente abbiano fondato la città secondo quanto attestato dall’epigrafe. Della città scrissero Tito Livio e Diodoro Siculo. Entrambi testimoniarono che nel corso della seconda metà del V secolo a.C. la città fu conquistata dai Sanniti, una popolazione di stirpe osca proveniente dalle regioni montuose del Sannio, che andarono sostituendo a Capua ai costumi etruschi quelli ellenistici cui loro stessi si erano conformati. Lo sviluppo dei traffici e del commercio la resero città florida e potente cosicché, agli inizi del IV secolo, i Romani avviarono la costruzione della via Appia per collegare Capua alla capitale. Coinvolta nelle guerre sannitiche la città riuscì a liberarsi dal dominio di questo popolo. In quel periodo, i rapporti con Roma furono talvolta di alleanza e talvolta di antagonismo. Nel 343 a.C., dopo la richiesta di aiuto contro i Sanniti, Capua si ritrovò la capitale per alleata e pochi anni dopo le fu assegnata la civitas sine suffragio cioè la cittadinanza priva di voto. Nella seconda guerra sannitica si staccò da Roma e a seguito di ciò, appresa la notizia della sconfitta dei Sanniti presso Aquino, il dittatore Caio Menio l’assediò. Così la città si sottomise nuovamente a Roma riottenendo il precedente assetto politico. Malgrado ciò la città innescò moti di ribellione determinati da un desiderio di rivalsa, di indipendenza e supremazia nei confronti di Roma. Tutto questo complesso di ambizioni ebbe la sua principale manifestazione al tempo della seconda guerra punica. In quell’occasione i capuani, per opera del partito popolare retto dai senatori Pacuvio Calavio e Vibio Virio, si schierarono con Annibale, accogliendolo in città con le sue milizie. Durante quel soggiorno, protrattosi per gran parte dell’inverno tra il 216 ed il 215 a.C., Annibale ed il suo esercito beneficiarono dei cosiddetti “ozi capuani”, resi famosi da Tito Livio che ne parlò nella sua “Ab urbe condita” ; la tradizione vuole che sia stato proprio questo andamento di vita ad indebolire i cartaginesi e a renderli vulnerabili nei confronti dei Romani. In realtà pare che tale sconfitta sia stata condizionata dalla mancanza di altre città alleate ad Annibale e da una serie di conquiste fallite. Per Capua, fallita clamorosamente nel suo intento, arrivò da Roma la conseguente punizione: nel 211 a.C. fu completamente annientata politicamente e privata del suo territorio che si trovò acquisito, così, al demanio dello stato mentre la popolazione andò dispersa nei villaggi vicini. In tale punizione, esemplare ma non severa, è stata letta la volontà da parte di Roma di sopravvivenza per quel fertilissimo territorio. Circa un secolo più tardi, con l’ascesa democratica al potere con Mario e Cinna fu ripreso un disegno di Caio Gracco finalizzato al recupero per Capua della libera proprietà fondiaria. Nell’83 a.C. vi fu insediata una colonia ed i terreni furono divisi tra i nuovi coloni. L’antica Capua è ricordata anche per la figura di Spartaco, gladiatore della scuola di Lentulo, che, nel 73 a.C., capeggiò una famosa rivolta degli schiavi domata solo due anni più tardi ad opera di Crasso. Nel 58 a.C. per volere di Giulio Cesare le fu restituita la cittadinanza romana e, dopo la battaglia di Anzio, con l’insediamento dei veterani di Augusto, fu elevata a colonia con il titolo di Colonia Julia Augusta Felix. Di questo è testimonianza un’antica epigrafe mutila rinvenuta negli scavi dell’Anfiteatro capuano nel 1726 ed ora conservata nel Museo Campano dell’attuale Capua.. Essa divenne, inoltre, centro amministrativo sede del Corrector Campaniae. Sotto l’imperatore Adriano, Capua tornò ad essere un centro di notevole importanza e ricchezza, fu uno dei migliori granai dell’impero e conservò tale ruolo nei secoli; Cicerone la definì “luogo di aratori, mercato di villici e cellaio e granaio della terra campana”. A tal proposito uno degli elementi che favorirono la crescente espansione edilizia ed economica della città in età imperiale fu la possibilità di navigare il fiume Volturno e la posizione all’incrocio delle grandi vie consolari che la favorirono nei traffici commerciali. Tale sviluppo in termini di prosperità economica e demografica continuò anche sotto l’imperatore Nerone che ospitò nuovamente una colonia di veterani Ancora nel IV secolo, in base alla testimonianza del poeta Ausonio, la città era considerata tra le più importanti ne parlò del mondo romano a addirittura la prima della parte meridionale; pare che in età tardo imperiale la sua popolazione dovesse aggirarsi intorno alle centocinquantamila unità La sua importanza è testimoniata altresì dai numerosi edifici che in essa sorsero quali il Circo, il Ginnasio, il Foro dei nobili e quello del Popolo, il Campidoglio, l’Anfiteatro, la Scuola dei Gladiatori, il Teatro, le Terme, gli Acquedotti, l’Arco trionfale, i templi e le numerose sontuose ville sorte nei dintorni, il Mitreo. Quest’ultimo particolarissimo santuario fu dedicato a Mitra, divinità persiana personificazione del Sole, il cui culto fu importato a Roma in epoca imperiale. Al suo interno il territorio capuano, oltre quello dell’attuale Santa Maria, annoverava anche parte delle attuali San Prisco, Curti e Macerata Campania. La città fu cinta da mura, estese per un perimetro di circa sei miglia, in cui si aprivano sette porte ciascuna corrispondente ad uno degli itinerari che confluivano tutti nel Foro del Popolo. Tra questi ve ne era uno che conduceva a nord verso il Monte Tifata e il tempio di Giove ed un altro che conduceva a sud, verso Cuma. Orientata in direzione est-ovest, la via Appia, costruita a partire dal IV secolo a.C. per collegare Roma con Capua, fu anche il decumano massimo della città. Inoltre passava in corrispondenza di Capua anche la lunghissima via Seplasia, famosa perché fiancheggiata da botteghe di ori e profumi. La decantata prosperità di Capua fu uno dei fattori che la esposero maggiormente agli assalti dei barbari unitamente alla sua posizione indifesa nella pianura a sud del Volturno e del Monte Tifata. La città si trovò ad essere devastata dai Visigoti di Alarico nel 410 e dai Vandali di Genserico nel 456. Un secolo più tardi l’impero di Giustiniano riuscì a garantire un periodo di maggiore tranquillità interna che terminò con la dominazione longobarda. Difatti, dopo il 594, Capua fu sede di una contea ed appartenne al Ducato di Benevento. Risorta nell’VIII secolo, la città fu distrutta dai Saraceni nell’841, mentre era ancora sotto i longobardi che al tempo furono impegnati in lotte interne tra i diversi principi della dinastia per questioni territoriali. Fu in particolare il principe Radelchi, nella speranza di ottenere la successione nel Ducato di Benevento a chiedere l’aiuto dei Saraceni i quali intervennero secondo quello che fu sempre il loro stile, con incendi e saccheggi. La popolazione costretta alla fuga si rifugiò nella fortezza di Sicopoli e vi rimase finché si passò alla ricostruzione sul sito della Capua moderna sorta sulle rovine di Casilinum, in un luogo più difeso in un’ansa del Volturno. Risvolto negativo di questa nuova fondazione furono i danni apportati alle strutture romane dall’opera di spoliazione compiuta dagli stessi abitanti della zona che si servirono degli antichi materiali per costruire grandi edifici pubblici nella nuova Capua, primo fra tutti il Duomo, ma anche per realizzare strade ed erigere abitazioni. Intanto il sito della Capua antica, subordinata alla nuova, andò lentamente ripopolandosi con la ricostituzione di alcuni borghi. Uno di essi fu il borgo di Berolais o Berelais, assegnato al longobardo Landone, in cui fu istituita una diocesi. Esso fu soggetto, nell’890 nuovamente ad una invasione saracena e, conseguentemente, decadde mente maggior sviluppo ebbero altri borghi come Sant’Erasmo e San Pietro sorti intorno alle prime basiliche cristiane. Sul posto della città antica rimase anche la chiesa di S. Maria Maggiore, attuale Duomo, che costituì il fulcro intorno al quale si formò un modesto abitato che col tempo acquistò una notevole importanza e si ingrandì inglobando anche villaggi vicini come lo stesso Sant’Erasmo. Fu tale abitato che nel 1315 assunse il nome di Villa Sanctae Mariae Maioris, desunto per l’appunto dall’omonima chiesa. Intanto alcune vestigia romane continuarono a subire trasformazioni edilizie; la più evidente fu quella dell’anfiteatro, trasformato in fortezza dai Principi longobardi nel X secolo. Nell’ XI secolo, Capua passò sotto il dominio normanno ritrovandosi divisa in tre distretti: la Terra Cangia, la Terra Capuana. e la Terra Lanei, così denominata per il fiume Clanio che ne percorreva la parte meridionale. A quest’ultima afferivano i tre villaggi di Sant’Erasmo, San Pietro Santa Maria Maggiore; essi vennero unificati nella Diocesi di Santa Maria Suricorum. Con la dominazione sveva e poi quella angioina, dalla seconda metà del XIII secolo, il casale di Santa Maria Maggiore venne a trovarsi in una condizione privilegiata. La sua chiesa fu scelta per il battesimo di re Roberto d’Angiò, nato nel 1278 nella torre di Sant’Erasmo, casale che ospitò la residenza estiva dello stesso re. I privilegi proseguirono accrescendosi a partire dal 1442 con l’avvento degli Aragonesi molto devoti alla Madonna venerata nella Basilica. I secolari privilegi si tradussero in termini di sviluppo del casale tanto che nel XVII secolo esso già contava circa cinquemila abitanti. Dal secolo successivo Santa Maria Maggiore per la ricchezza di antichità che poteva offrire divenne una delle tappe favorite dai viaggiatori neoclassici e romantici. Sulla metà del Settecento la città si trovò a beneficiare indirettamente dello straordinario evento innescato dai Borboni con la costruzione della Reggia giacché essa venne a trovarsi alla confluenza delle strade che, da Capua e da Napoli, portano a Caserta. La manifestazione più evidente fu la localizzazione di numerosi quartieri militari borbonici. Essi coinvolsero anche le antiche strutture del Criptoportico, fino al Seicento meta preferita per le passeggiate poi sovrastate dal Convento di San Francesco finché quest’ultimo non fu trasformato in un quartiere di cavalleria borbonico. Nei secoli XVIII e XIX a Santa Maria Maggiore nacquero ed operarono alcune importanti personalità del mondo culturale, l’archeologo Alessio Simmaco Mazzocchi (1684-1771) artefice del rinvenimento e dell’interpretazione della già citata iscrizione recante informazioni circa la elevazione a colonia della città sotto Augusto ed autore di una monografia sul tema, Giacomo Rucca (1785-1860), archeologo anch’egli ed il filosofo ed esteta Antonio Tari (1809-1884). Intanto, la città si era resa partecipe ai moti rivoluzionari napoletani del 1799 ed avendo riportatone gravi danni in termini di vite umane con l’esecuzione di suoi patrioti, all’inizio dell’Ottocento, fu ricompensata da Giuseppe Bonaparte con la nomina ad intendenza ossia capoluogo della provincia della Terra di Lavoro. Cosicché da casale di Capua, essa divenne nel 1806 comune autonomo conservando il nome di Santa Maria Maggiore; poi ricevette la nuova denominazione. Nel 1808 l’intendenza fu spostata prima a Capua per iniziativa di Gioacchino Murat e poi nel 1818 a Caserta per volere di Ferdinando I. Malgrado ciò lo stesso Murat stabilì a Santa Maria la sede del Tribunale. L’istituzione del Tribunale fu molto importante per lo sviluppo della città in quanto di conseguenza venne a formarsi una classe alto-borghese che influì sulle trasformazioni edilizie nella città. A partire dall’Ottocento, furono infatti costruiti od ampliati molti edifici e la città assunse in complesso un volto assai elegante. Intanto, relativamente alle vestigia d’antichità, quello stesso periodo fu determinante per lo svolgimento dell’attività archeologica, iniziata per la verità già dalla metà del secolo precedente, oltre che per il già ricordato interesse suscitato nel clima del grand tour. Inoltre è da segnalare, al riguardo, l’iniziativa di Francesco I che 1826 emanò un editto col quale finalmente si proibirono saccheggi ed azioni vandaliche sui monumenti che nel frattempo avevano subito notevoli espoliazioni. Due anni più tardi nelle precedenti strutture che nei secoli avevano preso il posto dei resti dell’antico Criptoportico, fu creato un carcere che è stato, in tempi più recenti, oggetto di dislocazione. Il clima risorgimentale fu vissuto a Santa Maria Maggiore con particolare intensità e partecipazione e a testimonianza di ciò fu apposta nel 1913 una lapide di marmo su un edificio di piazza Mazzini le cui parole testuali, scritte dallo storico e giurista Raffaele Perla, nipote di uno dei patrioti giustiziati per i moti del 1799 sono le seguenti: << fervido aiuto offerto nel 1860 da questa città alle schiere guidate da Garibaldi nei decisivi cimenti per l’Unità e la Redenzione d’Italia>>. Il monumento ai caduti con l’angelo della Vittoria, invece, ricorda la battaglia del Volturno vinta sulle milizie borboniche nel 1860 a seguito della quale fu l stesso Garibaldi a ringraziare la città per l’appoggio ricevuto donandole la bandiera tricolore con lo scudo sabaudo. Nel 1862 con regio decreto fu stabilita per il comune la sua attuale denominazione. Da allora in poi Santa Maria Capua Vetere fu interessata da un continuo sviluppo demografico ed edilizio. Relativamente a quest’ultimo esso in tempi recenti si è manifestato piuttosto disordinatamente e con poca considerazione dell’impianto viario antico sebbene ancora numerose siano oggi le singole testimonianze materiali del mondo classico, presenti sul territorio. L’area già oggetto di ricerche archeologiche nel Settecento e nell’Ottocento che portarono al ritrovamento di reperti ora conservati nel Museo provinciale campano di Capua, andò soggetta nel secondo dopoguerra a una ulteriore azione di scavo i cui reperti sono invece conservati nelle sale del Museo archeologico dell’antica Capua, un’importante recente acquisizione per la città con la sua istituzione nel 1995 negli spazi dell’ex Istituto di incremento ippico ed in particolare nei locali un tempo adibiti a stallaggio per i cavalli dell’esercito borbonico.

Illustrazione del sito: L’anfiteatro campano, il più grande del mondo romano dopo il Colosseo, venne costruito tra la fine del I e gli inizi del II secolo d.C. sui resti di un anfiteatro più antico, forse di età graccana (fine II sec. a.C.), le cui tracce sono state scoperte durante recenti sondaggi. “L’edificio, interamente costruito su arcate, si articola sul prospetto esterno in alzato su quattro ordini architettonici, tutti dorici, più imponenti nelle arcate inferiori, man mano più svelti in quelle superiori. I pilastri portanti dei primi tre piani erano decorati da colonne addossate, mentre l’ultimo piano era costituito da un muro continuo senza arcate animato da pilastri. La struttura interna dell’edificio è molto articolata, con i portici esterni di pietra, l’interno di laterizio, le enormi arcate sovrapposte, l’ordinata serie di scale che consentivano di raggiungere rapidamente dai quattro ingressi principali e da ognuna delle arcate esterne la cavea. Di grande interesse le strutture dell’arena, il cui piano era costituito in antico da un tavolato di legno facilmente smontabile. La struttura sottostante, oggi in vista, è formata da nove corridoi, costituenti una maglia di ambienti sotterranei destinati a ospitare tutti quei servizi indispensabili per lo svolgimento dei giochi”. . 
Note:  

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