Cenni storici: |
Per la sua posizione geografica , Taurano è
stata da sempre una delle zone più aperte alla coesistenza, più o meno
pacifica, di vari gruppi tribali. Qualche autore parla di una antichissima
civiltà, quella di Fraconia, che sarebbe sorta e sviluppatasi fin dal II
millennio a.C., a monte dall'attuale centro abitato. Il nome storico di
questa zona si riallaccia alla civiltà appenninica, alla pastorizia, al
culto del sole, dell'acqua, della montagna e del bove. La particella "fra"
che significa sole e il sostantivo "conia" che sta per polvere, indicano che
la località era indicata come la "terra del sole" o anche "polvere di sole".
Infatti il vasto altopiano, sito in posizione eccellente, ben esposto,
fertilissimo e ricco d'acqua, avvalora l'ipotesi che questa terra venne
scelta in tempi remoti come insediamento, prima del loro spostamento nella
piana nolana.
La presenza di molte grotte ha indubbiamente influito sullo stanziamento di
vari gruppi tribali in cerca di spazio vitale e di rifugi, protetti dalle
fiere e dai rigori climatici. Di questa civiltà comunque si conosce ben
poco.
È certo che intorno al V secolo a.C. la zona venne invasa e saccheggiata
dagli Osci-Nolani i quali danno origine ad un nuovo nucleo abitato a nome
Taurania.
Di Taurano, importante oppidum appartenente agli osci-sanniti campani, tribù
collegata da un vincolo federale a Nola, si conosce poco nonostante la sua
importanza storica. La etimologia del nome Taurano ci ricorda il toro, guida
e vittima allo stesso tempo delle popolazioni osco-sannitiche.
Disparate sono le ipotesi sull'origine del nome: nel suo stemma figura un
toro che potrebbe derivare dal greco tauros-a-noos (città costruita da un
toro impazzito) o dal latino taurus anus (orifizio esterno dell'intestino
retto del toro) e si potrebbe dunque intendere come luogo ove le popolazioni
osco-sannitiche, tra marzo e aprile, prima di salire sui monti, offrivano a
Marte tutte le primizie ed in suo onore sgozzavano i tori e leggevano i
presagi futuri.
Di Taurania si hanno testimonianze riportate da vari autori tra cui Plinio
il Giovane, Tito Livio e Remondini.
Viene distrutta da Roma durante la guerra sociale (è rasa al suolo da Silla
nel 90 a.C.) e in seguito, essendo inserita nel tessuto urbano di Nola, a
quest'ultima lega le sue vicende storiche. Durante le invasioni barbariche
il territorio montano di Taurano diviene rifugio sicuro per le popolazioni
nolane. Qui si rifugiò durante la lotta iconoclastica (tra il VII e l'VIII
sec. d.C.) una comunità cristiana guidata dal suo Vescovo (la cui presenza
sembra avvalorata dalla Croce Patriarcale, incisa sulle pareti di una grotta
nel tufo). |
Illustrazione del sito: |
La villa romana di S. Giovanni del Palco,
venuta parzialmente alla luce nel 1981, era una villa posta al centro di un
latifondo, strettamente legata alla economia della parte di territorio di
Nola prendente nome dai "Lauriniensis" e facilmente raggiungibile dalla
città. Per la localizzazione della fabbrica determinante è stata la presenza
delle preziose sorgenti poco discoste, a monte della villa. L'essere poi
posizionata in situazione panoramica, di fronte al Vesuvio ed ai rilievi
Flegrei di Monte S. Angelo ha contribuito, senz'altro, a far sì che una
parte di essa assumesse le caratteristiche di "villa urbana". Detto
complesso ha avuto uno sviluppo progressivo mediante ampliamenti e
trasformazioni. La parte ora nota - estesa per circa 1330 mq, disposta su
tre livelli raccordati da scale di cui due ancora transitabili, fa parte di
un settore aggiunto nei primi decenni dell'era volgare, la parte restante
dovrebbe essere situata in corrispondenza dell'attuale complesso conventuale
di S. Giovanni del Palco. Il periodo di costruzione è databile, grazie al
rinvenimento di ceramiche e vernice nera prodotta in Napoli e di terre cotte
decorative del rivestimento del bordo del tetto, al II secolo a.C. o quanto
meno anteriormente agli anni 80 del I secolo a.C. La costruzione della villa
va messa in rapporto allo sfruttamento di vigneti ed oliveti. La villa di S.
Giovanni del Palco si compone di tre livelli è situata a sud del Convento
omonimo, nel territorio del Comune di Lauro. Per accedervi occorre
percorrere una breve stradina - segnante il confine, così come la villa, tra
i territori di Taurano e Lauro - che si diparte dal piazzale antistante il
Convento.
L'accesso immette al terzo livello della villa, mediante una scala, poi, si
giunge al secondo dove sono situati gli ambienti termali.
Tra le cose visibili possiamo distinguere, senz'altro, la stanza a destra
delle predette scale, in cui si riscontrano pitture di quarto stile a fondo
nero e riquadri bianchi e pavimento in cocciopesto a superficie nera.
Un corridoio con pitture di terzo stile a zoccolo nero, parete crema e
riquadri rossoblù, il pavimento, sempre in cocciopesto, è verniciato in
rosso, con tessere in marmo a file parallele. Dal corridoio si accede poi al
frigidarium coperto (uno dei primi esempi), tale sala è tra le meglio
conservate. La stanza è rettangolare, la vasca è disposta su uno dei lati
lunghi. La vasca e lo zoccolo erano in marmo. Il pavimento della parte
antistante è a mosaico bianco e copre tracce di una precedente
pavimentazione. La copertura di questa porzione è a volta. A confine del
muro di detto ambiente, ad est, è situato il captur aquae, il luogo ove
avveniva la captazione della sorgente. In questa zona si raccoglievano anche
le acque piovane che, filtrate, venivano distribuite in tutta la villa.
L'accesso dal frigidarium agli ambienti caldi è attualmente ostruito da un
crollo, l'ingresso attuale è stato ricavato in fase di restauro. Il
calidarium, anch'esso a pianta rettangolare, presenta, come i calidaria più
antichi, uno dei lati corti absidato, le due vasche erano così disposte: una
su un lato lungo e l'altra sul secondo lato corto. La base era costituita da
doppio pavimento (hypocaustum) onde permettere il passaggio di acqua calda
nella intercapedine creata dagli stessi. Il pavimento superiore, ora
scomparso, era sostenuto da pilastrini (suspensurae), o da colonnine in
mattoni bessales. A ridosso delle pareti, fino alla quota del sovrapavimento,
si notano dei "tubuli" in terracotta atti a permettere la immissione di
vapore all'interno della stanza. Al calidarium, in fasi successive, furono
affiancati altri ambienti caldi. Uno di questi è disposto accanto ad uno
ambiente accessorio ma essenziale per la ottimale fruizione degli ambienti
caldi, il praefurnium, cioè la fornace che permetteva il riscaldamento
dell'acqua. A sud di tali ambienti, a piano terra, si trova il ninfeo,
parzialmente crollato, a forma di esedra, caratterizzato dalla presenza di
mosaici descriventi scene di caccia, realizzato con tessere in pasta vitrea
a schiuma di mare, conchiglie e pietre calcaree. |