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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: TEANO (Ce)
Sito archeologico: Abitato sidicino e romano: resti vari in città, mura, teatro, anfiteatro, cisterna, basilica paleocristiana, necropoli, santuario, villa romana
Ubicazione: Nel centro abitato sono le mura ed i resti sotto la Cattedrale; fuori città ad est sono il teatro e l'anfiteatro; in località San Paride, lungo la strada per Capua, è la Basilica di San Paride; in località Loreto sono i resti del santuario; nei pressi di Maiorisi sono i resti di una villa romana
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta
Modalità di visita: Le mura sono liberamente visibili; la cisterna sotto la Cattedrale è visibile chiedendo in loco; il teatro è visitabile richiedendo il permesso alla Soprintendenza o al Museo (aperto regolarmente dal 27 giugno 2009); l'anfiteatro è in proprietà privata; la Basilica di San Paride è visibile all'esterno oppure all'interno chiedendo alla Soprintendenza
Cenni storici:

Ubicata su un colle ai piedi del vulcano do Roccamonfina, l’attuale città di Teano sorge nei luoghi dell’antica Teanum Sidicinum. Essa trasse il suo nome dal popolo fondatore, i Sidicini di origine Ausone, stabilitisi progressivamente fra il V ed il IV secolo. Relativamente a frequentazioni umane verificatesi sul territorio prima di tale insediamento, ne abbiamo testimonianza dalle scoperte archeologiche effettuate tra cui risultano alcuni reperti risalenti all’Età del Bronzo. Numerose sono, inoltre, le stipi votive del grande santuario di Giunone Populonia trovate in località Loreto, ai margini della città antica, e i reperti in terracotta della masseria Soppegna e del fondo Ruozzo. Della più tarda città, invece, testimoniano i resti delle necropoli situate lungo alcuni dei principali assi viari extraurbani, nelle località Bagnonuovo, masseria Campofaio, Torricelle, Grafevola, Orto Ceraso. Significative anche le tracce che hanno consentito l’individuazione di antiche strade quali la via Latina che congiungeva Roma e Capua, percorso stradale, variante dell’Appia, che da Minturno e Sessa Aurunca raggiungeva Teano, un altro che raggiungeva Alife e Telesia, mentre dall’area sudorientale si dipartiva la via che conduceva all’Agro Falerno. L’antica città fu racchiusa da una cinta muraria in blocchi di tufo per una estensione di circa 105 ettari ed altre mura furono edificate a cingere l’acropoli. La sua importanza già in epoca preromana fu dovuta proprio alla situazione posizionale per cui essa fu luogo di sosta obbligata per i traffici intercorrenti tra Lazio ed Etruria con il Sannio e le colonie della Magna Grecia. Essa, punto d’incontro tra le vie Latina ed Appia, costituì, in definitiva, una delle principali porte di accesso a quell’area denominata Campania Felix. Anche il romano Livio riportò testimonianza sul ruolo di controllo esercitato da Teano su un territorio che, prima della calata dei Volsci, giungeva fino a Fregelle. Lo stesso autore, inoltre, ritenne i Sidicini, popolazione di stirpe sannitica, causa indiretta della prima guerra sannitica scoppiata alla metà del IV secolo a.C. La città riuscì a resistere alle mire di dominio dei Sanniti che attaccarono i Sidicini per l’appunto nel 343 a.C. Rivoltisi in seguito verso i Campani, sconfitti sotto le proprie mura, costrinsero questi ultimi a rivolgersi a Roma per avere protezione. I contrasti si conclusero con un trattato di pace che, comunque, consentì ai Sanniti di avere mano libera contro i Sidicini stessi. Nelle successive lotte contro i Sanniti, i Sidicini furono sostenuti ancora da Capua e dai Latini; nel 337 a.C. con l’appoggio, questa volta, anche di Roma riuscirono a sconfiggere gli Aurunci e a distruggerne il capoluogo Sessa Rapporti di fedele alleanza furono, invece, quelli stretti con i Romani già a partire dalla fine del IV secolo, seppur riuscendo a conservare una certa autonomia. Tale alleanza ebbe fondamentale importanza durante la seconda guerra punica ed in particolare nel 218 a.C. quando i Sidicini furono impegnati nella battaglia del Trasimeno contro Annibale. I Romani, difatti, la considerarono, in base alla posizione geografica e alle fortificazioni esistenti, base ideale per le operazioni militari in Campania. Dopo la battaglia di Canne, nel 216 a.C. la città, rimasta fedele a Roma, fu presidiata da una legione per il controllo della via Latina. Nel 211 a.C. il foro di Teano fu il luogo in cui alcuni consoli di Capua, dopo la resa della città, furono giustiziati per iniziativa del console Q. Fulvio; nello stesso luogo, nel 123 a. C., avvenne la fustigazione del questore Marco Mario a causa della poca solerzia dimostrata nel far sgombrare la sezione maschile delle terme dopo che la moglie del console aveva espresso il desiderio di utilizzarle. Teano rimase alleata a Roma anche durante la guerra sociale; in quell’occasione fu luogo dell’incontro tra le truppe di Scipione e Silla nell’83 a.C. In epoca imperiale, Augusto la elevò a colonia e fu centro secondo, per importanza, solo a Capua. La città vide l’edificazione di numerosi edifici pubblici quali foro, terme, basiliche, teatro, anfiteatro e ville; pertanto, nel I secolo a. C. fu un ricercatissimo luogo di villeggiatura. Teano fu ricordata dallo storico Strabone insieme a Capua come le maggiori città di tutta la Campania. Testimonianze scritte dell’epoca romana sulla città sono quelle di Orazio, Plinio, e Vitruvio che ne risaltarono le bellezze architettoniche e naturali. Nel 330 d.C. fu sede vescovile per opera di San Paride. Nel VI secolo, l’occupazione bizantina ne comportò l’ampliamento delle mura di cinta. In età longobarda Teano fu gastaldato e contea, suoi signori furono Maginolfo, ricordato per la sua crudeltà, e Landenolfo della stirpe dei conti capuani che gli subentrò nell’843. Storico dell’opera fu Erchemperto autore dell’Historiola. Durante le incursioni dei Saraceni, costituì un sicuro rifugio, grazie anche alle efficienti fortificazioni esistenti ed in particolare esercitò tale ruolo nei confronti dei monaci Benedettini che sopravvissero alle distruzioni dell’Abbazia di Montecassino e di San Vincenzo al Volturno, avvenute rispettivamente nell’883 e nell’881.I monaci si stabilirono, in particolare, nel convento di San Benedetto ove condussero anche alcuni beni d’archivio tra cui il codice contenente la regola autografa del Santo. Questa purtroppo andò distrutta con tutto il monastero con l’incendio seguito alle devastazioni dell’896. Appartenenti a Teano e redatti nel 936 e nel 963 sono due dei primi quattro documenti scritti in lingua volgare ed essi; si trattò, dei cosiddetti “Placiti di Teano” cioè speciali documenti amministrativi raccolti con giuramento delle parti. Fra il X e l’XI secolo, la risorta Abbazia di Montecassino estese notevolmente la propria influenza a discapito della contea di Teano generando, con essa, diversi contrasti. Dall’anno 1000 in poi Teano subì tutte le fasi storiche che hanno segnato la storia dell’Italia meridionale. A tal proposito pare che durante le lotte che anticiparono l’avvicendarsi dei diversi domini stranieri la città offrì una strenua resistenza prima di cedere alle rispettive truppe. Nel corso delle terribili lotte tra i Normanni e la lega delle contee longobarde, fu conquistata nel 1062 da Riccardo, conte normanno di Aversa, che, dopo aver preso per fame la città di Capua, assalì Teano con l’aiuto di traditori che incendiarono la città, costringendo i conti Pandolfo e Landenolfo alla fuga e gli abitanti al giuramento di fedeltà. Quando tra anni più tardi fu organizzata la lega antinormanna contro Riccardo d’Aversa, quest’ultimo riuscì a conciliarsi con alcuni conti alleati e ne sconfisse altri tra cui i conti di Teano, Caiazzo e Volturno. Comunque, al termine degli eventi, forse in seguito ad accordi intercorsi, il territorio di Teano rimase ancora ai longobardi tanto che esso fini al 1299 fu ancora chiamato terra filiorum Pandulfi. Con i Normanni iniziò anche a Teano un momento favorevole dovuto alla coincidenza di diversi elementi : la pressoché cessata minaccia dei Saraceni, la prosperità economica incrementata grazie ad un più intenso lavoro della terra, favorito da concessioni enfiteutiche e livellarie, l’istituzione del feudo. Coinvolta da tale fenomeno di trasformazione, Teano venne a perdere la sua funzione di agglutinamento, di capitale e la sua unità politica e territoriale, venendo a costituire uno dei tanti feudi che i Normanni istituirono in tutta l’Italia meridionale. Tali trasformazioni ebbero un riflesso nel substrato materiale di Teano, come in tutte quelle altre città che rivestirono in età antica un’importanza politica ed economica, nella realizzazione di un frastagliamento di vie di raccordo tra borghi, campi, e feudi che decretò la perdita di ruolo delle grandi arterie stradali dell’antichità. Nel 1155 Teano fu invece conquistata da Riccardo, conte dell’Aquila. Oggetto di contesa tra Enrico IV di Svevia e Tancredi di Lecce, fu, nel 1191, soggetta al primo, giunto per rivendicare l’eredità della moglie Costanza d’Altavilla e poi, nello stesso anno, al secondo. Nel 1210 Teano fu assediata per sette giorni dall’Imperatore Ottone che, con Sessa, Roccamondragone, Traetta, Suio e Maranola , la donò a Ruggiero, figlio del conte di Fondi , Riccardo. Nel 1221 Federico II sottrasse la città al conte Ruggiero per punirlo di aver parteggiato per Ottone. L’imperatore svevo riservò grande cura alla città, ove sostò più volte, tanto che dopo aver dato l’assetto politico definitivo al regno, volle che a Teano, elevata a livello di Curia, il Giustiziere della Terra di Lavoro vi tenesse i Parlamenti. Nel 1236 la chiesa di San Paride divenne sede per la Commenda del Sacro Ordine dei Cavalieri di Malta, allora venutasi a creare. Il 1266 fu l’anno dell’affermazione degli Angioini che affidarono il feudo di Teano a Gualtieri d’Alneto, siniscalco di Provenza e, da questi, ai successori Guglielmo e Roberto. La figlia di questi, Margherita, andò in sposa a Ludovico Dampierre De Bethume e, nel 1321, in seconde nozze, a Beltrando Del Balzo, conte di Andria e di Montescaglioso. Nel 1360 suo figlio Francesco duca d’Andria ottenne il titolo di principe di Teano, ma, nel 1373, fu dichiarato ribelle per insubordinazione ai Reali nell’ambito delle dispute insorte tra i Del Balzo e i Sanseverino. Il feudo fu così concesso ai Marzano che lo detennero fino al 1461.

Illustrazione del sito: L’abitato moderno di Teano si è sovrapposto quasi integralmente a quello antico, che ne è rimasto cancellato. La città antica sembra essersi formata grazie a una progressiva concentrazione di Sidicini fra V e IV secolo a.C. A quest’ultimo secolo risalgono le prime testimonianze delle necropoli sistemate lungo alcuni dei principali assi viari extraurbani, nelle località Bagnonuovo, masseria Campofaio, Torricelle, Grafevole, Orto Ceraso. Una cinta muraria in opera quadrata probabilmente del IV secolo a.C. circondava un’area di almeno 105 ettari. L’acropoli, sulla quale si estende l’odierno centro storico, era difesa da una propria cerchia di mura, della quale sono visibili tuttora tratti in via Gigli e presso il Seminario. All’interno delle mura è ancora possibile riconoscere, in parte, un’area ortogonale, comprendente l’arce e una vasta zona a est, fino a poca distanza dal corso del fiume Savone. Più incerta rimane la linea delle mura meridionali, delle quali sono stati rinvenuti resti antichi a sud del viale Ferrovia, che ricalca il tracciato della via Latina. Sotto l’atrio della Cattedrale di San Clemente si trovano due sfingi in granito rosa, una base di statua con l’iscrizione CIL X 4785, mentre all’angolo è l’edicola funeraria della liberta Trebia Eleuteris. All’interno dell’edificio si rilevano vari fusti di colonna e capitelli corinzio di epoca romana. Nei sotterranei della Cattedrale sono conservati rilievi, sarcofagi, frammenti di materiali architettonici di età romana e l’iscrizione CIL X 4782. Dai sotterranei si accede ad una grande cisterna di notevole larghezza (metri 10,25) voltata tardo-antica a tre navate spartite da pilastri rettangolari. Il massiccio campanile romanico è rivestito in blocchi di calcare e tufo locale e in esso sono pure inseriti elementi di spoglio romani, tra cui l’epigrafe di Clodiano (CIL X 4792) un’edicola funeraria con i due coniugi Herennia Papjhie e Marco Africano. L’adiacente Palazzo vescovile presenta l’atrio con campate sorrette da colonne e capitelli di spoglio sempre di epoca romana. Presso il Seminario, come suindicato, si può vedere un lungo tratto delle mura dell’acropoli del IV sec. A.C. in grandi blocchi squadrati di tufo, caratterizzato da grandi pilastri cilindrici che sorreggevano il cammino di ronda. Anche nell’atrio del Museo Sidicino sono stati collocati vari elementi architettonici e alcune iscrizioni romane. Ad un chilometro e mezzo dal centro antico sorge la romanica Basilica di San Paride, presso una sorgente legata alla leggenda del santo: all’interno della quale scavi condotti durante il suo restauro hanno messo in luce strutture in blocchi di tufo uniti senza malta di epoca preromana, cui si sovrappone il complesso paleocristiano. Presso la sorgente è stato rinvenuto un gruppo di monete di Giustiniano.

Importanti avanzi di un santuario sorto tra la fine del II e i primi decenni del I secolo a.C. sono in località Grotte. Il complesso monumentale, disposto su terrazze, ricorda per l’impianto grandiosamente scenografico di gusto ellenistico, analoghe sistemazioni in area latina e italica (come ad esempio quella del santuario di Pietrabbondante). Nelle terrazze più alte, imponenti sostruzioni in opera incerta appoggiate alla collina indicano il sito dell’edificio templare, collocato tra due corpi laterali forse adibiti a portici. Più in basso era il teatro, quasi a costituire una gradinata ascendente verso il tempio sul modello dei santuari di Palestrina e Tivoli: realizzato in età ellenistica (fine II secolo a.C.), l’edificio, nella sua forma attuale, mostra la fase di ristrutturazione che ebbe in età imperiale per volere degli imperatori della dinastia severiana, quando furono realizzati gli ambulacri esterni alla cavea che fu ampliata inglobando i muri di età repubblicana. L’intervento maggiore fu attuato nell’edificio scenico, a pianta rettilinea con tre ordini sovrapposti di colonne e un inquadramento monumentale su due ordini per la porta centrale (regia) disposti su un’altezza complessiva di oltre ventiquattro metri. Le più antiche strutture visibili hanno il paramento in opus incertum tendente al quasi reticulatum con caementa di tufo grigio e ammorsature in blocchetti rettangolari, mentre per le volte della stessa fase sono usate grosse scaglie disposte a cuneo. La parte alta del complesso monumentale poggia ad est su otto ambienti con volta a botte, comunicanti fra di loro per mezzo di vani ad arco ed un corridoio su rampa poggiante su archi e con volta a botte indipendente dalle altre strutture. Per la ricchezza dei motivi decorativi e per la varietà dei marmi impiegati il teatro di Teano si può affiancare ai maggiori complessi per spettacoli noti nel mondo antico. La decorazione architettonica ci è giunta in un ottimo stato di conservazione: gli elementi, crollati l’uno sull’altro per un sisma di notevole entità in epoca tardo-antica, sono stati poi sigillati da potenti strati di terreno vegetale, che ne hanno impedito la spoliazione in epoca medievale. Nuove indagini hanno portato al recupero degli elementi architettonici e scultorei e all’individuazione della fossa scenica, della quale si è individuata sia l’articolazione con pilastri e mensole di sostegno del palcoscenico ligneo sia i blocchi forati in calcare per l'alloggiamento delle travi del sipario. A breve distanza dal teatro, presso il lato meridionale delle mura urbane, si trova un grande anfiteatro di età sillana, con rifacimenti successivi.

Sulle pendici orientali del costone di Loreto che scende verso il Savone, è un santuario che occupava un’area di due ettari e viene frequentato a partire dal VI secolo a.C., come testimonia il ritrovamento di alcune terrecotte votive e architettoniche. Il complesso acquistò carattere monumentale verso gli inizi del III secolo a.C. con la realizzazione di opere di terrazzamento e la costruzione di quattro piccoli templi a podio realizzati, con strutture formate da assise regolari di blocchi di tufo uniti senza malta, tra il III e il II secolo a.C. Tra il II e i primi decenni del I sec. a.C. nuove opere di sostruzione testimoniano di un ulteriore sforzo edilizio volto a rendere più imponente e organico l’aspetto del santuario. Nel corso degli scavi condotti nell’area sono stati rinvenuti numerosi oggetti votivi, tra cui numerose teste e frammenti di statue in terracotta a grandezza naturale. Abbondanti pure i rinvenimenti di ceramica a vernice nera e di alcuni modellini fittili di edifici templari del III-II sec.a.C., interessante documentazione dell’architettura di area italica.

Cospicue tracce di un insediamento di età romana (corrispondente a una grande villa o ad un villaggio) sono state individuate nella piana di Maiorisi, in località San Giuliano. Sulla collina di S.Giulianeta si trovano imponenti sostruzioni in opus incertum, di età repubblicana, forse appartenenti a una grande villa, che comprendono un criptoportico voltato a tre bracci nei pressi del quale sorge una necropoli. In località Santa Croce si trova un’altra enorme villa romana di età imperiale, le cui terme furono esplorate agli inizi del Novecento. Nuovi scavi in località Terragnano testimoniano l’estensione del complesso termale. Tratti di strada selciata romana sono infine visibili nelle località Passerelle, San Lieno, Montelucno, Vallerano, nelle vicinanze della frazione San Giuliano e in prossimità di Tuoro, lungo la strada della “Molara”.

I lavori per la linea ferroviaria ad alta velocità hanno messo in luce due strutture. La prima è una terma di età imperiale. L’edificio è realizzato in opera reticolata mista in opera laterizia. Si conservano tre vasche, due dal contorno quadrangolare e una dal contorno rettangolare con il lato corto arrotondato. Tutte e tre le vasche erano riscaldate tramite un sistema di tubuli fittili e rivestite da intonaco idraulico. Poco discosta vi è una quarta vasca, di cui si è conservato solamente il fondo rivestito in opera signina (particolarmente adatta per rendere impermeabili ambienti quali vasche e cisterne) e una parte del nucleo delle quattro pareti.
Del secondo edificio sono riconoscibili almeno tre ambienti aperti probabilmente verso il centro della valle.
Il sistema Alta velocità ha finanziato anche un ampliamento dell’indagine al di fuori dell’esproprio, che ha permesso di confermare la monumentalità del primo edificio, con strutture conservate fino a 3 metri di altezza.

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