Cenni storici: |
Ubicata su un colle ai
piedi del vulcano do Roccamonfina, l’attuale città di Teano sorge nei luoghi
dell’antica Teanum Sidicinum. Essa trasse il suo nome dal popolo fondatore,
i Sidicini di origine Ausone, stabilitisi progressivamente fra il V ed il IV
secolo. Relativamente a frequentazioni umane verificatesi sul territorio
prima di tale insediamento, ne abbiamo testimonianza dalle scoperte
archeologiche effettuate tra cui risultano alcuni reperti risalenti all’Età
del Bronzo. Numerose sono, inoltre, le stipi votive del grande santuario di
Giunone Populonia trovate in località Loreto, ai margini della città antica,
e i reperti in terracotta della masseria Soppegna e del fondo Ruozzo. Della
più tarda città, invece, testimoniano i resti delle necropoli situate lungo
alcuni dei principali assi viari extraurbani, nelle località Bagnonuovo,
masseria Campofaio, Torricelle, Grafevola, Orto Ceraso. Significative anche
le tracce che hanno consentito l’individuazione di antiche strade quali la
via Latina che congiungeva Roma e Capua, percorso stradale, variante dell’Appia,
che da Minturno e Sessa Aurunca raggiungeva Teano, un altro che raggiungeva
Alife e Telesia, mentre dall’area sudorientale si dipartiva la via che
conduceva all’Agro Falerno. L’antica città fu racchiusa da una cinta muraria
in blocchi di tufo per una estensione di circa 105 ettari ed altre mura
furono edificate a cingere l’acropoli. La sua importanza già in epoca
preromana fu dovuta proprio alla situazione posizionale per cui essa fu
luogo di sosta obbligata per i traffici intercorrenti tra Lazio ed Etruria
con il Sannio e le colonie della Magna Grecia. Essa, punto d’incontro tra le
vie Latina ed Appia, costituì, in definitiva, una delle principali porte di
accesso a quell’area denominata Campania Felix. Anche il romano Livio
riportò testimonianza sul ruolo di controllo esercitato da Teano su un
territorio che, prima della calata dei Volsci, giungeva fino a Fregelle. Lo
stesso autore, inoltre, ritenne i Sidicini, popolazione di stirpe sannitica,
causa indiretta della prima guerra sannitica scoppiata alla metà del IV
secolo a.C. La città riuscì a resistere alle mire di dominio dei Sanniti che
attaccarono i Sidicini per l’appunto nel 343 a.C. Rivoltisi in seguito verso
i Campani, sconfitti sotto le proprie mura, costrinsero questi ultimi a
rivolgersi a Roma per avere protezione. I contrasti si conclusero con un
trattato di pace che, comunque, consentì ai Sanniti di avere mano libera
contro i Sidicini stessi. Nelle successive lotte contro i Sanniti, i
Sidicini furono sostenuti ancora da Capua e dai Latini; nel 337 a.C. con
l’appoggio, questa volta, anche di Roma riuscirono a sconfiggere gli Aurunci
e a distruggerne il capoluogo Sessa Rapporti di fedele alleanza furono,
invece, quelli stretti con i Romani già a partire dalla fine del IV secolo,
seppur riuscendo a conservare una certa autonomia. Tale alleanza ebbe
fondamentale importanza durante la seconda guerra punica ed in particolare
nel 218 a.C. quando i Sidicini furono impegnati nella battaglia del
Trasimeno contro Annibale. I Romani, difatti, la considerarono, in base alla
posizione geografica e alle fortificazioni esistenti, base ideale per le
operazioni militari in Campania. Dopo la battaglia di Canne, nel 216 a.C. la
città, rimasta fedele a Roma, fu presidiata da una legione per il controllo
della via Latina. Nel 211 a.C. il foro di Teano fu il luogo in cui alcuni
consoli di Capua, dopo la resa della città, furono giustiziati per
iniziativa del console Q. Fulvio; nello stesso luogo, nel 123 a. C., avvenne
la fustigazione del questore Marco Mario a causa della poca solerzia
dimostrata nel far sgombrare la sezione maschile delle terme dopo che la
moglie del console aveva espresso il desiderio di utilizzarle. Teano rimase
alleata a Roma anche durante la guerra sociale; in quell’occasione fu luogo
dell’incontro tra le truppe di Scipione e Silla nell’83 a.C. In epoca
imperiale, Augusto la elevò a colonia e fu centro secondo, per importanza,
solo a Capua. La città vide l’edificazione di numerosi edifici pubblici
quali foro, terme, basiliche, teatro, anfiteatro e ville; pertanto, nel I
secolo a. C. fu un ricercatissimo luogo di villeggiatura. Teano fu ricordata
dallo storico Strabone insieme a Capua come le maggiori città di tutta la
Campania. Testimonianze scritte dell’epoca romana sulla città sono quelle di
Orazio, Plinio, e Vitruvio che ne risaltarono le bellezze architettoniche e
naturali. Nel 330 d.C. fu sede vescovile per opera di San Paride. Nel VI
secolo, l’occupazione bizantina ne comportò l’ampliamento delle mura di
cinta. In età longobarda Teano fu gastaldato e contea, suoi signori furono
Maginolfo, ricordato per la sua crudeltà, e Landenolfo della stirpe dei
conti capuani che gli subentrò nell’843. Storico dell’opera fu Erchemperto
autore dell’Historiola. Durante le incursioni dei Saraceni, costituì un
sicuro rifugio, grazie anche alle efficienti fortificazioni esistenti ed in
particolare esercitò tale ruolo nei confronti dei monaci Benedettini che
sopravvissero alle distruzioni dell’Abbazia di Montecassino e di San
Vincenzo al Volturno, avvenute rispettivamente nell’883 e nell’881.I monaci
si stabilirono, in particolare, nel convento di San Benedetto ove condussero
anche alcuni beni d’archivio tra cui il codice contenente la regola
autografa del Santo. Questa purtroppo andò distrutta con tutto il monastero
con l’incendio seguito alle devastazioni dell’896. Appartenenti a Teano e
redatti nel 936 e nel 963 sono due dei primi quattro documenti scritti in
lingua volgare ed essi; si trattò, dei cosiddetti “Placiti di Teano” cioè
speciali documenti amministrativi raccolti con giuramento delle parti. Fra
il X e l’XI secolo, la risorta Abbazia di Montecassino estese notevolmente
la propria influenza a discapito della contea di Teano generando, con essa,
diversi contrasti. Dall’anno 1000 in poi Teano subì tutte le fasi storiche
che hanno segnato la storia dell’Italia meridionale. A tal proposito pare
che durante le lotte che anticiparono l’avvicendarsi dei diversi domini
stranieri la città offrì una strenua resistenza prima di cedere alle
rispettive truppe. Nel corso delle terribili lotte tra i Normanni e la lega
delle contee longobarde, fu conquistata nel 1062 da Riccardo, conte normanno
di Aversa, che, dopo aver preso per fame la città di Capua, assalì Teano con
l’aiuto di traditori che incendiarono la città, costringendo i conti
Pandolfo e Landenolfo alla fuga e gli abitanti al giuramento di fedeltà.
Quando tra anni più tardi fu organizzata la lega antinormanna contro
Riccardo d’Aversa, quest’ultimo riuscì a conciliarsi con alcuni conti
alleati e ne sconfisse altri tra cui i conti di Teano, Caiazzo e Volturno.
Comunque, al termine degli eventi, forse in seguito ad accordi intercorsi,
il territorio di Teano rimase ancora ai longobardi tanto che esso fini al
1299 fu ancora chiamato terra filiorum Pandulfi. Con i Normanni iniziò anche
a Teano un momento favorevole dovuto alla coincidenza di diversi elementi :
la pressoché cessata minaccia dei Saraceni, la prosperità economica
incrementata grazie ad un più intenso lavoro della terra, favorito da
concessioni enfiteutiche e livellarie, l’istituzione del feudo. Coinvolta da
tale fenomeno di trasformazione, Teano venne a perdere la sua funzione di
agglutinamento, di capitale e la sua unità politica e territoriale, venendo
a costituire uno dei tanti feudi che i Normanni istituirono in tutta
l’Italia meridionale. Tali trasformazioni ebbero un riflesso nel substrato
materiale di Teano, come in tutte quelle altre città che rivestirono in età
antica un’importanza politica ed economica, nella realizzazione di un
frastagliamento di vie di raccordo tra borghi, campi, e feudi che decretò la
perdita di ruolo delle grandi arterie stradali dell’antichità. Nel 1155
Teano fu invece conquistata da Riccardo, conte dell’Aquila. Oggetto di
contesa tra Enrico IV di Svevia e Tancredi di Lecce, fu, nel 1191, soggetta
al primo, giunto per rivendicare l’eredità della moglie Costanza d’Altavilla
e poi, nello stesso anno, al secondo. Nel 1210 Teano fu assediata per sette
giorni dall’Imperatore Ottone che, con Sessa, Roccamondragone, Traetta, Suio
e Maranola , la donò a Ruggiero, figlio del conte di Fondi , Riccardo. Nel
1221 Federico II sottrasse la città al conte Ruggiero per punirlo di aver
parteggiato per Ottone. L’imperatore svevo riservò grande cura alla città,
ove sostò più volte, tanto che dopo aver dato l’assetto politico definitivo
al regno, volle che a Teano, elevata a livello di Curia, il Giustiziere
della Terra di Lavoro vi tenesse i Parlamenti. Nel 1236 la chiesa di San
Paride divenne sede per la Commenda del Sacro Ordine dei Cavalieri di Malta,
allora venutasi a creare. Il 1266 fu l’anno dell’affermazione degli Angioini
che affidarono il feudo di Teano a Gualtieri d’Alneto, siniscalco di
Provenza e, da questi, ai successori Guglielmo e Roberto. La figlia di
questi, Margherita, andò in sposa a Ludovico Dampierre De Bethume e, nel
1321, in seconde nozze, a Beltrando Del Balzo, conte di Andria e di
Montescaglioso. Nel 1360 suo figlio Francesco duca d’Andria ottenne il
titolo di principe di Teano, ma, nel 1373, fu dichiarato ribelle per
insubordinazione ai Reali nell’ambito delle dispute insorte tra i Del Balzo
e i Sanseverino. Il feudo fu così concesso ai Marzano che lo detennero fino
al 1461. |
Illustrazione del sito: |
L’abitato moderno di Teano si è sovrapposto
quasi integralmente a quello antico, che ne è rimasto cancellato. La città
antica sembra essersi formata grazie a una progressiva concentrazione di
Sidicini fra V e IV secolo a.C. A quest’ultimo secolo risalgono le prime
testimonianze delle necropoli sistemate lungo alcuni dei principali assi
viari extraurbani, nelle località Bagnonuovo, masseria Campofaio, Torricelle,
Grafevole, Orto Ceraso. Una cinta muraria in opera quadrata probabilmente
del IV secolo a.C. circondava un’area di almeno 105 ettari. L’acropoli,
sulla quale si estende l’odierno centro storico, era difesa da una propria
cerchia di mura, della quale sono visibili tuttora tratti in via Gigli e
presso il Seminario. All’interno delle mura è ancora possibile riconoscere,
in parte, un’area ortogonale, comprendente l’arce e una vasta zona a est,
fino a poca distanza dal corso del fiume Savone. Più incerta rimane la linea
delle mura meridionali, delle quali sono stati rinvenuti resti antichi a sud
del viale Ferrovia, che ricalca il tracciato della via Latina. Sotto l’atrio
della Cattedrale di San Clemente si trovano due sfingi in granito rosa, una
base di statua con l’iscrizione CIL X 4785, mentre all’angolo è l’edicola
funeraria della liberta Trebia Eleuteris. All’interno dell’edificio si
rilevano vari fusti di colonna e capitelli corinzio di epoca romana. Nei
sotterranei della Cattedrale sono conservati rilievi, sarcofagi, frammenti
di materiali architettonici di età romana e l’iscrizione CIL X 4782. Dai
sotterranei si accede ad una grande cisterna di notevole larghezza (metri
10,25) voltata tardo-antica a tre navate spartite da pilastri rettangolari.
Il massiccio campanile romanico è rivestito in blocchi di calcare e tufo
locale e in esso sono pure inseriti elementi di spoglio romani, tra cui
l’epigrafe di Clodiano (CIL X 4792) un’edicola funeraria con i due coniugi
Herennia Papjhie e Marco Africano. L’adiacente Palazzo vescovile presenta
l’atrio con campate sorrette da colonne e capitelli di spoglio sempre di
epoca romana. Presso il Seminario, come suindicato, si può vedere un lungo
tratto delle mura dell’acropoli del IV sec. A.C. in grandi blocchi squadrati
di tufo, caratterizzato da grandi pilastri cilindrici che sorreggevano il
cammino di ronda. Anche nell’atrio del Museo Sidicino sono stati collocati
vari elementi architettonici e alcune iscrizioni romane. Ad un chilometro e
mezzo dal centro antico sorge la romanica Basilica di San Paride, presso una
sorgente legata alla leggenda del santo: all’interno della quale scavi
condotti durante il suo restauro hanno messo in luce strutture in blocchi di
tufo uniti senza malta di epoca preromana, cui si sovrappone il complesso
paleocristiano. Presso la sorgente è stato rinvenuto un gruppo di monete di
Giustiniano.
Importanti avanzi di un
santuario sorto tra
la fine del II e i primi decenni del I secolo a.C. sono in località Grotte.
Il complesso monumentale, disposto su terrazze, ricorda per l’impianto
grandiosamente scenografico di gusto ellenistico, analoghe sistemazioni in
area latina e italica (come ad esempio quella del santuario di
Pietrabbondante). Nelle terrazze più alte, imponenti sostruzioni in opera
incerta appoggiate alla collina indicano il sito dell’edificio templare,
collocato tra due corpi laterali forse adibiti a portici. Più in basso era
il teatro, quasi a costituire una gradinata ascendente verso il tempio sul
modello dei santuari di Palestrina e Tivoli: realizzato in età ellenistica
(fine II secolo a.C.), l’edificio, nella sua forma attuale, mostra la fase
di ristrutturazione che ebbe in età imperiale per volere degli imperatori
della dinastia severiana, quando furono realizzati gli ambulacri esterni
alla cavea che fu ampliata inglobando i muri di età repubblicana.
L’intervento maggiore fu attuato nell’edificio scenico, a pianta rettilinea
con tre ordini sovrapposti di colonne e un inquadramento monumentale su due
ordini per la porta centrale (regia) disposti su un’altezza complessiva di
oltre ventiquattro metri. Le più antiche strutture visibili hanno il
paramento in opus incertum tendente al quasi reticulatum con caementa di
tufo grigio e ammorsature in blocchetti rettangolari, mentre per le volte
della stessa fase sono usate grosse scaglie disposte a cuneo. La parte alta
del complesso monumentale poggia ad est su otto ambienti con volta a botte,
comunicanti fra di loro per mezzo di vani ad arco ed un corridoio su rampa
poggiante su archi e con volta a botte indipendente dalle altre strutture.
Per la ricchezza dei motivi decorativi e per la varietà dei marmi impiegati
il teatro di Teano si può affiancare ai maggiori complessi per spettacoli
noti nel mondo antico. La decorazione architettonica ci è giunta in un
ottimo stato di conservazione: gli elementi, crollati l’uno sull’altro per
un sisma di notevole entità in epoca tardo-antica, sono stati poi sigillati
da potenti strati di terreno vegetale, che ne hanno impedito la spoliazione
in epoca medievale. Nuove indagini hanno portato al recupero degli elementi
architettonici e scultorei e all’individuazione della fossa scenica, della
quale si è individuata sia l’articolazione con pilastri e mensole di
sostegno del palcoscenico ligneo sia i blocchi forati in calcare per
l'alloggiamento delle travi del sipario. A breve distanza dal teatro, presso
il lato meridionale delle mura urbane, si trova un grande anfiteatro di età
sillana, con rifacimenti successivi.
Sulle pendici orientali del costone di
Loreto che scende verso il Savone, è un santuario che occupava un’area di
due ettari e viene frequentato a partire dal VI secolo a.C., come testimonia
il ritrovamento di alcune terrecotte votive e architettoniche. Il complesso
acquistò carattere monumentale verso gli inizi del III secolo a.C. con la
realizzazione di opere di terrazzamento e la costruzione di quattro piccoli
templi a podio realizzati, con strutture formate da assise regolari di
blocchi di tufo uniti senza malta, tra il III e il II secolo a.C. Tra il II
e i primi decenni del I sec. a.C. nuove opere di sostruzione testimoniano di
un ulteriore sforzo edilizio volto a rendere più imponente e organico
l’aspetto del santuario. Nel corso degli scavi condotti nell’area sono stati
rinvenuti numerosi oggetti votivi, tra cui numerose teste e frammenti di
statue in terracotta a grandezza naturale. Abbondanti pure i rinvenimenti di
ceramica a vernice nera e di alcuni modellini fittili di edifici templari
del III-II sec.a.C., interessante documentazione dell’architettura di area
italica.
Cospicue tracce di un insediamento di età
romana (corrispondente a una grande villa o ad un villaggio) sono state
individuate nella piana di Maiorisi, in località San Giuliano. Sulla collina
di S.Giulianeta si trovano imponenti sostruzioni in opus incertum, di età
repubblicana, forse appartenenti a una grande villa, che comprendono un
criptoportico voltato a tre bracci nei pressi del quale sorge una necropoli.
In località Santa Croce si trova un’altra enorme villa romana di età
imperiale, le cui terme furono esplorate agli inizi del Novecento. Nuovi
scavi in località Terragnano testimoniano l’estensione del complesso
termale. Tratti di strada selciata romana sono infine visibili nelle
località Passerelle, San Lieno, Montelucno, Vallerano, nelle vicinanze della
frazione San Giuliano e in prossimità di Tuoro, lungo la strada della “Molara”.
I lavori per la linea ferroviaria ad
alta velocità hanno messo in luce due strutture. La prima è una terma di età
imperiale. L’edificio è realizzato in opera reticolata mista in opera
laterizia. Si conservano tre vasche, due dal contorno quadrangolare e una
dal contorno rettangolare con il lato corto arrotondato. Tutte e tre le
vasche erano riscaldate tramite un sistema di tubuli fittili e rivestite da
intonaco idraulico. Poco discosta vi è una quarta vasca, di cui si è
conservato solamente il fondo rivestito in opera signina (particolarmente
adatta per rendere impermeabili ambienti quali vasche e cisterne) e una
parte del nucleo delle quattro pareti.
Del secondo edificio sono riconoscibili almeno tre ambienti aperti
probabilmente verso il centro della valle.
Il sistema Alta velocità ha finanziato anche un ampliamento dell’indagine al
di fuori dell’esproprio, che ha permesso di confermare la monumentalità del
primo edificio, con strutture conservate fino a 3 metri di altezza. |