Cenni storici: |
Oplontis era un sobborgo
marinaro alle pendici del Vesuvio nell’incantevole insenatura del Golfo di
Partenope. I suoi abitanti erano dediti alla pesca, all’agricoltura, alla
caccia ed all’artigianato. In primo tempo Oplonti fu frequentata da fenici e
greci che diedero vita ad un fiorente commercio. In seguito divenne
un’appendice delle città romane Nola e Pompei i cui abitanti si servivano
del suo porto per il commercio con i paesi del Mediterraneo. L’eruzione del
79 d.C. seppellì, sotto una coltre di cenere, Ercolano, Pompei, Oplonti e
Stabia. Col passare degli anni la vita lentamente riprese, ma le invasioni
barbariche, la caduta dell’Impero Romano ed il lungo periodo dell’alto Medio
Evo fecero si che queste terre furono abbandonate dai pochi abitanti.
|
Illustrazione del sito: |
La villa, non ancora visitabile, merita
un cenno, sia per la sua destinazione, diversa da quella della villa di
Poppea, sia per i materiali rinvenuti, sia infine per quanto i risultati
degli Scavi hanno offerto di nuovo alla soluzione del problema, ad Oplontis,
delle ville in rapporto al territorio.
La villa, detta anche "di Lucius Crassius Tertius" da un sigillo in bronzo
rinvenuto, risalente alla fine del II sec. a. C., è venuta alla luce
casualmente nel 1974, a seguito dei lavori di costruzione di una scuola.
Il nucleo centrale dell'edificio è costituito da un porticato a due ordini
di colonne doriche in tufo grigio di Nocera.
Lungo i bracci di tale peristilio, completamente ricostruito, ricollocando
in loco gli originari rocchi delle colonne e i relativi capitelli, vi è una
serie di stanze, molto probabilmente magazzini, almeno a giudicare da quanto
in essi rinvenuto (pesi, suppellettili, ceramica da trasporto, paglia
carbonizzata, una grande quantità di piccoli e acerbi melograni, utilizzati
forse per la concia delle pelli).
I bracci del peristilio furono utilizzati come deposito di contenitori da
trasporto: più di 400 anfore, in massima parte da vino, erano appoggiate ai
muri, capovolte ed inserite l'una nell'altra. Questo dato, assieme al
rinvenimento di un fornelletto in pietra sul quale era poggiata una pentola
contenente resina di conifere (utilizzata come rivestimento della parete
interna delle anfore), spiegherebbe la funzione dell'edificio, probabilmente
un'azienda che si occupava della lavorazione di prodotti agricoli e
dell'imbottigliamento e del commercio del vino, prodotto altrove, almeno a
giudicare dalla mancanza, nella villa, dei torchi vinari e di altre apposite
attrezzature.
Una simile destinazione a magazzini sembra attribuibile ad altri ambienti,
con copertura a volta, allineati sul fronte sud, in uno dei quali si
rinvennero 54 individui, non solo abitanti della villa.
Accanto ad essi, assieme ad altro materiale, è stata rinvenuta una cospicua
quantità di gioielli, oltre a numerose monete, molte delle quali in oro e
argento.
Altre orificerie erano in una cassa lignea, caduta dal piano superiore.
Il piano superiore, nel versante sud, è occupato da un quartiere signorile,
forse la residenza del dominus, nel quale alcuni ambienti sono decorati con
pitture in IV stile, ma tra i quali vi è un raro esemplare di II stile
cosiddetto "schematizzato", risalente all'età repubblicana.
Sul lato nord dell'edificio sono emerse alcune piccole abitazioni a due
piani, indipendenti dall'edificio e aperte su di una strada, che separa la
villa da altre strutture edilizie presenti sul lato opposto. Potrebbe
trattarsi di piccole botteghe, con annessa abitazione al piano superiore, e
in tal caso la villa si presenterebbe inserita in una vera e propria insula,
delimitata da strade: una situazione territoriale simile a quella di Stabia. |