Illustrazione del sito: |
L'area archeologica di
Carminiello ai Mannesi è situata all'interno del centro antico di Napoli,
occupando parte di due insulae della città greco-romana di Neapolis. Fondata
intorno al 470 a.C., Neapolis (dal greco "nea polis" = città nuova, per
distinguerla dal preesistente insediamento di Partenope, ubicato sul Monte
Echia) aveva una struttura urbanistica con strade perpendicolari fra loro.
In particolare tre grandi vie rettilinee, dette plateie, correvano in senso
est-ovest ricalcando le attuali direttrici di:
-via Pisanelli, via Anticaglia, via SS. Apostoli (plateia superiore);
-via S. Pietro a Maiella, via Tribunali (plateia mediana);
-via B. Croce, v. S. Biagio dei Librai, via Vicaria Vecchia, via Forcella (plateia
inferiore).
Tali strade erano intersecate perpendicolarmente da stenopoi in senso
nord-sud, ancora oggi riconoscibili in strade quali: via Atri, vico Giganti,
via Duomo, vico Zuroli, ecc. Grazie al perfetto incrocio tra plateie e
stenopoi, si formavano le insulae, isolati rettangolari dalle dimensioni
standard di m. 180 x 35.
Le insulae di Carminiello ai Mannesi erano delimitate dalle plateie mediana
(altezza Via Tribunali) ed inferiore (altezza Via Vicaria Vecchia) e da due
stenopoi (Via Duomo e Vico Zuroli) ed erano suddivise da un ulteriore
stenopos, oggi non più esistente. L'area scavata e visibile attualmente è
soltanto una parte del complesso che si estendeva per circa 700 mq.
L'area di Carminiello ai Mannesi, fin dalla fondazione, venne inquadrata
secondo lo schema tipico di costruzione con una serie di terrazzamenti
discendenti verso il mare. La riprova di ciò viene dal rinvenimento di
strutture in blocchi di tufo lungo il perimetro del complesso. L'unica
traccia della frequentazione più antica è data dal rinvenimento, avvenuto
negli anni '60, dei resti di un tempietto risalente al V sec. a.C. e poi
rifatto nella prima età imperiale. La maggiore frequentazione dell'area
avvenne in età repubblicana con l'insediamento di una serie di domus.
Diversi interventi di riqualificazione urbana si ebbero successivamente nel
corso dell'età imperiale ed in particolare a seguito dei gravi danni
arrecati dal terremoto del 62 d.C. e dall'eruzione vesuviana del 79 d.C. A
Carminiello ai Mannesi, le preesistenti domus vennero obliterate da
un'imponente costruzione a due livelli con annesso impianto termale. Tale
edificio non subirà più modifiche strutturali fino all'abbandono avvenuto
intorno al V sec. d.C., se si eccettua l'inserimento di un luogo di culto
dedicato al dio Mitra. A partire dal V secolo l'area venne trasformata in un
immondezzaio mentre gli edifici vennero spoliati da materiali per reimpiego.
Lo stenopos fra le due insulae in questione venne completamente colmato.
Intorno all'VIII secolo, parte degli ambienti dell'area vennero
riutilizzati, sebbene non si conosca la destinazione d'uso. Una prima
chiesetta venne impiantata nella zona nel corso dell'alto medioevo e nel
corso del cinquecento la stessa venne inglobata nella Chiesa di Santa Maria
del Carmine ai Mannesi, poi rinomata del Carminiello per le sue ridotte
dimensioni. Quanto al toponimo "Mannesi", esso si riferisce a tutta quest'area
nella quale vi lavoravano costruttori e riparatori di carri. Nel 1943 l'area
venne bombardata e la chiesa, insieme agli edifici circostanti, vennero
distrutti mettendo in luce i resti dell'area archeologica. Una prima
indagine archeologica venne condotta negli anni '60. Successivamente l'area
venne trasformata in parcheggio abusivo e deposito di materiale malavitoso.
Uno scavo sistematico venne effettuato negli anni 1983-84 (di recente
pubblicazione), ma bisogna aspettare soltanto il 1993 perché l'area,
sottoposta a sequestro giudiziario, sia finalmente restituita alla fruizione
dei visitatori.
L'area archeologica di Carminiello ai Mannesi può essere suddivisa in
quattro parti principali:
ambienti adibiti a magazzini nel livello seminterrato;
ambienti residenziali al livello superiore;
il complesso termale su due livelli;
il mitreo, ambiente destinato al culto del dio Mitra.
Al momento non è chiara la destinazione d'uso degli altri ambienti, sebbene
la maggior parte di essi appartengano ad un'unica fase costruttiva databile
al I secolo d.C. La maggior parte degli ambienti sovrastanti venne
riutilizzata dalla chiesa cinquecentesca che, inoltre, adattò a cripta uno
degli ambienti sotterranei.
Il livello inferiore
La visita al complesso può iniziare dal lato occidentale (facciata che dà
verso Via Duomo). Il lungo muro costituiva la facciata dell'edificio lungo
lo stenopos che divideva le due insulae di Carminiello ai Mannesi. E'
costruito in calcestruzzo con una cortina di tufelli, reticolato e laterizi
ed è tagliato da una serie di aperture ubicate nella parte alta degli
ambienti sottostanti. Le aperture vennero allargate in periodo tardo. Un
saggio di scavo condotto dinanzi a tale muro ha evidenziato la presenza di
pilastrini che forse servivano da sostegno ad un balcone ubicato al primo
piano. Attraverso una scala si scende agli ambienti sottostanti. Il primo
ambiente nel quale si giunge è costruito in opera mista (reticolato e
laterizio) con la volta a botte che nel culmine presenta un'apertura
rettangolare.
Di fronte è un ambiente stretto con volta a botte che presenta, sulla
destra, un canale di scolo rettangolare in laterizio. Un basso muro divide
l'ambiente in due sezioni, subito oltre il quale, a sinistra, è un altro
canale di scolo. Sul muro in fondo è una fogna a cappuccina.
Si passa nell'ambiente adiacente, anch'esso con volta a botte, che presenta
tracce di un'apertura nel muro di fondo che probabilmente formava un
lucernario. Da tale ambiente si incominciano a notare tracce di uno spesso
deposito di calce che copre anche le pareti degli ambienti contigui e che
testimoniano l'uso di tale area come calcara (VI secolo d.C.).
Da questo ambiente si passa in un ambiente con volta a botte illuminato da
lucernario verso lo stenopos. Affianco è un altro ambiente sempre con volta
a botte, ma con diverso orientamento della stessa. Nel muro opposto allo
stenopos vi era un'apertura ostruita nella metà del V secolo con ricorso a
tufelli più stretti di quelli originari. Da qui si accede ad altre stanze
che danno verso lo stenopos ed ad una stanza scavata soltanto per un angolo:
quest'ultima è l'unica che mostra segni di decorazione parietale. A seguire,
lungo lo stenopos, dovevano esserci altri tre ambienti non scavati, ma la
cui forma è intuibile.
Usciti da questo primo complesso di ambienti, ci si porta verso l'ingresso
al termine del muro lungo lo stenopos. L'andamento dell'edificio da questo
lato confermerebbe che l'insula, al pari di quella sotto San Lorenzo
Maggiore, è stata costruita su di un terrazzamento artificiale. Difatti, lo
stenopos presenta un andamento discendente da nord verso sud, visto che i
primi ambienti verso nord, sono praticamente interrati rispetto al livello
dello stenopos stesso, mentre agli ultimi ambienti da questo lato si accede
attraverso pochi gradini. Questo dimostra che l'edificio è stato costruito
su di una superficie piana che, in un territorio in pendenza, poteva essere
ricavata soltanto ricorrendo ad un terrazzamento artificiale.
Attraverso alcuni gradini si accede ad altri ambienti sotterranei. Sulla
destra, all'altezza dei gradini, sono i resti di una scala che conduceva al
piano superiore, poi eliminata in periodo successivo: ne restano tre
scalini. Da qui attraverso un architrave formato da un arco rampante, si
passa all'ambiente ubicato alle spalle di un abside, sempre con paramento in
opera mista. Si tratta di un ambiente la cui forma è condizionata dalle due
absidi retrostanti. Da questo passaggio si accede ad un ambiente a forma
rettangolare attraverso un basso ed ampio arco a sesto leggermente
ribassato. L'attuale piano di calpestio è più basso del livello originario.
Anche la volta non è quella originaria (che invece era a croce), ma un
rifacimento creato appositamente per sostenere il pavimento della chiesa
soprastante.
Da questa stanza si passa all'ambiente successivo di cui non è chiara la
destinazione d'uso. Il pavimento originario è posto ad un metro e mezzo al
di sopra del livello degli altri ambienti di questo lato. Non vi è neanche
traccia dell'ingresso originario che potrebbe essere stato obliterato
dall'apertura scavata successivamente verso lo stenopos. La volta, come pure
il rozzo pilastro in fondo alla parete opposta allo stenopos, appartengono
alla chiesa cinquecentesca.
Usciti nuovamente nel passaggio retrostante l'abside, ci si porta verso la
seconda abside, alle cui spalle si nota che il pavimento è coperto da tegole
piatte con bordi, inclinate verso l'ingresso ad un altro ambiente dove
doveva trovarsi una fogna. L'accesso a questo ambiente è attualmente
ostruito in parte da una rozzo pilastro appartenente alla sovrastante
chiesa. La volta a botte è quella originaria. L'ambiente fu costruito su un
sottostante ambiente ad abside che probabilmente apparteneva ad una domus
preesistente nell'area (ultima parte del I sec. a.C.). La parte inferiore
della mura è tagliata direttamente nel tufo e per questo si pensa che si
trattasse di un ambiente seminterrato, illuminato da lucernari. Questa
ipotesi sarebbe confermata anche dal fatto che altre strutture di tale domus
non sono state trovate, segno che si trovavano ad un livello più alto e che
pertanto vennero distrutte per far posto alle costruzioni successive.
L'ambiente presenta decorazioni parietali costituite da pannelli a fondo
bianco e divisi da filari dipinti di rosso. La pavimentazione è a mosaico
con tessere bianche e nere. Il foro nel pavimento fu realizzato nel
dopoguerra per estrarre una bomba. Sulla parte destra della stanza, a
livello del piano di calpestio attuale, è una fogna triangolare che conduce
nell'ambiente adiacente.
Si torna all'ingresso e si accede alla prima stanza con abside,
originariamente costruita in opera mista con volta a crociera centrale. Dopo
la costruzione della chiesa, l'ambiente venne trasformato in ipogeo con
conseguente sconvolgimento dello stesso. Gli altri ambienti antistanti sono
in buona parte intelligibili: va notato, nell'angolo dell'ambiente contiguo
a quello con abside, un canale di scolo rettangolare costruito con lati di
mattoni.
Si scende verso un altro ambiente con abside da cui, attraverso un'apertura
la cui soglia è lastricata con larghe tegole, si accede all'area di un
mitreo. Si tratta di un luogo di culto dedicato a Mitra, una divinità di
origine indoeuropea che tra il II ed il III sec. d.C. venne importata dalla
Persia nei territori dell'impero Romano. Ebbe grande diffusione soprattutto
fra i militari anche perché i gradi di iniziazione al suo culto
corrispondevano in larga misura ai gradini della scala gerarchica
dell'esercito stesso e l'avanzamento nei vari gradi di iniziazione andava di
pari passo con la carriera militare. In ambito urbano i mitrei erano
localizzati per lo più in ambienti sotterranei, provvisti in genere di
anticamera. Il soffitto era generalmente a volta ad imitazione della roccia
naturale. Ai lati dell'ambiente si trovavano appositi banchi dove gli
iniziati potevano assistere alle cerimonie.
Il primo ambiente che si incontra presentava una volta a crociera che
continuava come volta a botte, solo in parte conservata. Non appena si
entra, sulla sinistra, sono tre canali: quello più in alto è formato di
tubuli in terracotta; quello centrale è costruito con pareti di laterizio e
copertura a cappuccina; in basso, infine, è una fogna triangolare,
probabilmente successiva. In fondo a questo ambiente, separato da un basso
muro, si estende l'ambiente successivo che ospitava il vero e proprio mitreo.
Coperto da volta a crociera centrale fiancheggiato da due grandi nicchie,
coperte da volta a sesto ribassato e divise dalla parte centrale da un basso
muro.
L'adattamento a mitreo di tale area risale presumibilmente alla metà del II
secolo d.C. Trattandosi di ambienti di servizio, si è ipotizzato che la
trasformazione fu voluta da schiavi o veterani che frequentavano l'insula,
anche se ciò contrasta con la consistenza dei lavori di riattamento degli
ambienti. Sulla parete di fondo resta ben poco del grande bassorilievo in
stucco delle dimensioni di m. 2,10 x 2,62. Il deterioramento è in buona
parte dovuto a cause naturali considerata la scarsa qualità dei materiali
impiegati. In genere l'immagine di culto mostrava il dio con il
caratteristico berretto frigio che dimostrava l'origine orientale, nell'atto
di tagliare la gola ad un toro sacrificale circondato da altri animali: un
cane ed un serpente che si avvicinavano al sangue della vittima ed uno
scorpione che afferrava i testicoli del toro. In questo caso della scena
originale resta il lato destro di Mitra con il mantello ed il piede destro,
nonché una zampa anteriore e le zampe posteriori del toro con la tipica coda
a tre spighe. Sotto il ventre dell'animale si intravede il caratteristico
scorpione e più a destra alcune volute del serpente. In alto a sinistra si
intravede un semicapitello con un corvo ed il busto semidipinto di Sol. La
scena era in parte dipinta e doveva essere circondata da rocce che
costituivano lo spaeleum. Mancano tracce di altari o di supporti statuari
sebbene si pensa che, al centro della sala, dovesse trovare posto un
simulacro del dio fanciullo, mentre negli angoli della parete di fondo
dovessero essere presenti le statue dei due geni Cautes (con la fiaccola
verso l'alto) e Cautopates (con la fiaccola verso il basso).
Ritornati nell'ambiente precedente, sulla destra dell'ingresso, attraverso
un varco con stipiti di laterizio, si accede ad un altro ambiente. In esso
sono da notare altre fogne con copertura a cappuccina e con tegole. Degli
ambienti successivi non rimangono che tracce.
Il livello superiore
Attraverso una scala è possibile accedere al livello superiore i cui
ambienti sono purtroppo meno conservati in quanto, in buona parte, inglobati
in costruzioni successivi.
Una serie di ambienti era ubicata lungo lo stenopos, ma la loro originaria
dislocazione non è chiara. La maggior parte dei muri è stata inglobata nella
chiesa con successive alterazioni, ma ancora si riesce a riconoscere le
strutture originarie in opera mista. L'ambiente più interessante è quello
che ospitava un cortile con vasca centrale e sedili alle pareti. L'ingresso
in origine avveniva attraverso un passaggio dal piccolo corridoio adiacente,
successivamente tamponata. Anche una finestra esistente sul muro opposto
venne successivamente obliterata. Il cortile mostra due fasi decorative. La
prima fase presenta il pavimento con lastre di marmo bianco-grigio con
leggere venature grigie, in parte visibili negli angoli nord-est e sud-est.
I muri erano rivestiti in parte di marmo e, nella parte superiore, di
intonaco dipinto o stucco di cui permangono tracce. Al centro del cortile,
la vasca presentava una fontana formata da una blocco rivestito di marmo con
due scalini. Tracce della fistula in bronzo che portava l'acqua è al centro
della fontana. L'acqua finiva poi in una fogna che immetteva nell'impianto
fognario ubicato nel corridoio adiacente. In una seconda fase successiva, il
pavimento venne rifatto con l'inserimento di pezzi di marmo differenti da
quello originario e la fontana venne rimpicciolita. Sembra che anche il
rivestimento dei muri fu parzialmente eliminato. Intorno al XIII secolo, la
vasca venne riutilizzata per la sepoltura di un gruppo di sette bambini di
età compresa fra i quattro mesi ed i quattro anni e mezzo.
Si passa all'ambiente adiacente che, in epoche successive alla sua
creazione, venne trasformato in cisterna come si nota da vari particolari
come la fistula in bronzo inserita nel muro adiacente il cortile con vasca.
Degli altri ambienti posti a questo livello sopravvive ben poco. |