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Questo monumentale
complesso si estende all'angolo fra via Tribunali e via San Gregorio Armeno
e rappresenta un notevole esempio di stratificazione edilizia, avvenuta nel
corso dei secoli.
A causa della conformazione non pianeggiante del territorio, in epoca greca
in quest'area fu creato un terrazzamento, sostenuto da un muro di
contenimento lungo tre lati (quello meridionale è a doppia cortina per
contenere la spinta del terreno): lo spazio interno fu poi colmato
artificialmente, in modo da avere a disposizione un pianoro. Nessuna
certezza sulla funzione dell'area, da alcuni identificata con l'agorà.
Con l'arrivo dei Romani, l'area ricadde a ridosso del Foro e su di essa
sorse il Macellum, il mercato della città, con botteghe estese su due
livelli e con l'Erario.
Nel corso del V secolo d.C., una colata di fango dovuta ad un'alluvione
ricoprì la zona, colmando l'intera strada ed il livello inferiore del
macellum. Lo spessore della colata fangosa portò alla radicale decisione di
colmare l'area fino al livello stradale.
Tra il 537 ed il 557, Giovanni II, vescovo di Napoli, fece costruire una
Basilica paleocristiana le cui fondazioni, oltre a sfruttare le sostrutture
del decadente macellum, furono in parte allocate nel fango.
Al IX-X secolo risale la fondazione del Seggio. Nel 1234 l'area fu ceduta ai
Francescani che, a partire dal 1284, iniziarono la costruzione della
Basilica gotica con annesso convento, il che comportò l'abbattimento delle
strutture romane superstiti, della Basilica paleocristiana e del Seggio. Le
strutture sottostanti ancora utilizzabili vennero cosi usate. nel corso dei
secoli. come sversatoio di materiale edilizio, nonché come fosse comuni.
I primi sporadici ritrovamenti si ebbero nel 1929, durante lavori di
restauro. Altri materiali vennero alla luce durante scavi tra il 1945 ed il
1950. Nel 1954, durante lavori di sistemazione del pavimento della chiesa,
venne rilevato quasi completamente il perimetro della basilica
paleocristiana, mentre scavi nel transetto portarono alla luce notevoli
resti. I lavori di scavo ripresero nel 1972 portando alla luce i resti
attualmente visibili. Negli ultimi anni si lavora solo per interventi di
restauro o di consolidamento: essendo, infatti, gli scavi in galleria, il
rischio maggiore è quello di trovarsi di fronte a crolli o a caduta di
materiale.
Si accede agli scavi dai chiostro settecentesco della chiesa. Nel cortile
del chiostro è visibile il livello di calpestio di parte del Macellum, ossia
il mercato della città romana. L'intero edificio è largo 36 metri e si
sviluppa a forma di rettangolo sul terrazzamento sopra citato In epoca
romana, posteriormente al terremoto del 62 d.C., tutta l'area fu sistemata
nell'attuale configurazione. Il Macellum, all'interno del terrazzamento, si
presenta con un edificio circolare centrale (tholos) e file di botteghe (tabernae)
sui lati est, sud, ovest, mentre il lato nord costituiva l'ingresso
monumentale sul Decumano Massimo (l'attuale via Tribunali), all'altezza del
Foro.
Da una scala si scende al livello del Seggio altomedievale (IX X secolo) con
pavimento in lapillo battuto, posto a m. 2,50 sotto la Sala Capitolare. Da
qui si scende allo stenopos romano, strada posta ad una profondità compresa
fra i 5 e i 6,50 metri rispetto al piano di calpestio del chiostro. La
strada è lunga m. 54, larga m. 3 ed è ricoperta in parte da un lastricato
del V secolo d.C., ultimo rifacimento di pavimentazioni precedenti: essa si
raccordava alla plateia (Via Tribunali) tramite alcuni gradini (questo
spiega l'assenza dei solchi lasciati dal passaggio dei carri sul basolato)
costituendo la naturale continuazione dell'attuale Vico Giganti. Risalendo
la strada, si nota a destra un muro di sostruzione tardo (III sec.d.C.) in
opera listata, mentre a sinistra sono una serie di ambienti in doppia fila,
rilevati per una lunghezza di m.64: il tutto costituisce il lato orientale
del macellum. fungendo anche da sostruzione per il terrazzamento
sovrastante, grazie al sistema di volte a botte contrapposte. La facciata
dell'edificio è in laterizio, mentre l'interno è prevalentemente in opera
reticolata. Si incontra subito l’Erario della città: si riconosce
dall'ingresso caratterizzato da due pilastri sormontati da trabeazione e da
un timpano, con i segni di pesanti cardini, mentre affianco è una finestra
con evidenti tracce della presenza di sbarre; tutto ciò testimonia la
necessità di proteggere ingenti quantità di preziosi e danaro. Quasi al
termine dello scavo dal lato settentrionale vi è una finestra tompagnata ed
una porta trasformata in finestra, segno che la strada, in quel tratto,
aveva subito un cedimento, per cui la porta non poteva servire più allo
scopo originario.
Discendendo verso sud, si nota una stanza nella quale sono stati effettuati
scavi nel pavimento: sono così venuti alla luce i grossi blocchi del muro di
contenimento di epoca greca. La volta tagliata testimonia l'uso medievale di
gettare i cadaveri nelle cavità sottostanti la chiesa.
Seguono una piccola fullonica (tintoria) ed un forno alquanto rozzo, privo
persino del camino: è il segno del progressivo decadimento economico della
città, dove nel III sec. d.C. non arrivava neanche più l'acquedotto del
Serino e, per procurarsi l'acqua si era costretti a ricorrere all'acqua
piovana; le botteghe sono inoltre ricavate, mediante tompagni, da un unico
grosso magazzino.
Si giunge al termine della strada, sbucando in un ambiente dove si fondono
le strutture di fondazione del Refettorio del Convento con strutture di età
romana. Subito a destra si nota parte del muro di contenimento a doppia
cortina di età greca.
Si prosegue sulla destra imboccando il cosiddetto criptoportico: si tratta
di una serie di cinque ambienti coperti, ognuno occupato da due o più
ripiani, ritenuti inizialmente banconi per esporre merci da vendere. In
realtà, come dimostra la loro inclinazione opposta, essi svolgevano la
funzione di letti triclinari, ossia luoghi dove i Romani mangiavano e si
riposavano (si ricorda che era usanza per i Romani cibarsi stando sdraiati),
per cui tutto questo ramo del complesso può essere considerato una grossa
caupona (osteria). Sulla sinistra la parete è conservata solo parzialmente,
essendo inglobata nel muro di fondazione del convento.
Oltre l'ultimo ambiente, gli scavi sono proseguiti per alcuni metri,
mettendo in luce una cisterna di età greca, con volta ad arco del V secolo
a.C.
Ritornati nel grosso salone si prosegue in direzione opposta dove si nota il
lastricato di una strada attraversata da una fogna. In un ambiente a destra
è attualmente sistemato un interessante plastico che presenta la
ricostruzione di quest'area in età romana. |