Le ville romane d'Otium

Manuela Cortese

Intorno alla metà del II sec. a.C., quando la cultura greca comincia ad essere accettata senza più ostacoli dalla classe dirigente romana, appare un nuovo tipo di villa residenziale, di chiara derivazione ellenistica, in cui, accanto alla tradizionale "pars rustica", concentrata intorno all'attività di raccolta e trasformazione dei prodotti del fundus, assume sempre maggiore importanza la "pars urbana", destinata a soggiorno del dominus. La tendenza a privilegiare sempre più la parte urbana della villa, intesa ormai non solo come centro di produzione agricola, ma anche come luogo di piacere e riposo, portò alla scelta di siti ameni come zone costiere o pendii panoramici.
Furono quindi aggiunti al corpo principale della residenza portici e percorsi per passeggiate ("ambulationes"). Questo tipo di villa venne ben presto ad accogliere gli "otia" degli uomini politici romani, quando, nelle pause dell'attività politica, potevano dedicarsi alla soddisfazione di vari piaceri o alla coltivazione dei propri interessi culturali.
Tali ville non erano dunque abitate tutto l'anno dai loro proprietari; infatti durante l'assenza di questi ultimi venivano amministrate da liberti incaricati di sovrintendere alle attività dei vari schiavi che risiedevano nella villa.
E' proprio sulle coste della Campania, saldamente romanizzata, che sorgono le prime ville di questo genere, per iniziativa degli ellenizzanti Scipioni, i quali possedettero tutti ville d'otium intorno al Golfo di Napoli.
E' importante distinguere tra ville "costiere", poste in prossimità della linea di costa, ma prive di costruzioni sul mare, e ville "marittime", legate ai porti, peschiere o ad altre strutture. Le ville marittime, in particolare, godettero di largo favore presso l'aristocrazia romana soprattutto fra il I sec. a.C. ed il I sec. d.C., quando il possedere una villa con peschiere divenne, oltre che una moda, anche un simbolo di ricchezza. Da un punto di vista architettonico si possono individuare due sistemi fondamentali: da un lato le c.d. "ville a peristilio", che richiamano le planimetrie dei palazzi reali ellenistici e dall'altro le "ville a portico", che discendono dai modelli dell'edilizia domestica del mondo orientale.
Questo tipo di villa fu il più utilizzato, nel mondo romano, per l'edilizia costiera, poiché meglio si adattava a seguire il pendio collinare e ad offrire un vasto panorama. Somme enormi erano profuse nell'allestimento delle sontuose ville: a riprova di ciò si diffuse un costoso hobby, la piscicultura, tra i ricchi senatori, alimentando capricciose follie per l'allevamento di rarità ittiche; il termine "piscinarius" divenne sinonimo di vizioso scialacquatore. Ma la piscicultura poteva rivelarsi anche un investimento oculato: su di essa, ad esempio, costruì la propria fortuna Sergio Orata, con i suoi vivai di ostriche nel Lucrino.
Con il periodo delle guerre civili inizia il declino della nobilitas tradizionale e l'ascesa di uomini nuovi che ebbero la possibilità, grazie alle proscrizioni ed alle confische, di mettere le mani sul patrimonio dei ricchi senatori del partito avverso. Nel III sec. la generale crisi economica e politica dell'impero romano provocò l'abbandono di gran parte delle ville; seguì un periodo alquanto florido che favorì il rifiorire delle grandi residenze patrizie, ma fu di breve durata. Era ormai imminente il crollo dell'Impero romano e, con esso, la scomparsa delle grandi ville d'otium.