L’ennesimo
caso di abbandono di un bene archeologico (che
il Gruppo Archeologico Napoletano, proprio in questo periodo, sta
tentando di affrontare n.d.r.) è
rappresentato dall’eremo rupestre di Santa Maria di Pietraspaccata.
Posto sulla sommità di un vallone che dal bosco di Faragnano (un’area
verde ubicata sul versante maranese dei Camaldoli) discende verso la
piana di Quarto, questo piccolo eremo è un vero e proprio angolo di
paradiso, immerso nel verde degli alberi di castagno ed appoggiato alla
possente rupe tufacea, in cui in parte è scavato. La sua storia è
senz’altro particolare. Enzo Savanelli nel suo libro “Marano: storia,
tradizioni e immagini” riferisce: “Nell’alto medioevo un eremita elesse
a sua dimora Pietraspaccata e, come spesso succedeva in casi del genere,
abitò in un anfratto preesistente (che nel nostro caso dovette essere o
un antico deposito o una tomba romana ricavata nel tufo). Col tempo
adattò, tale rifugio a luogo di preghiere e di eremitaggio
autosufficiente ricavando perciò altri vani su due livelli”.
Secondo la tradizione il nome deriverebbe da un episodio avvenuto
durante la costruzione dei primi ambienti: un blocco di tufo, cadendo,
avrebbe sprigionato l’immagine della Madonna che sarebbe poi divenuta la
“reliquia” della chiesa fino al suo trafugamento negli anni ‘70.
Interessante è la lapide marmorea del 15 maggio 1751, posta nella
cappella, con cui si mette fine ad un lungo contenzioso tra la curia di
Pozzuoli ed il comune di Marano per la gestione dei beni della chiesa.
La facciata esterna, che è databile intorno al XVII sec., è composta da
una struttura in muratura di almeno tre piani (i quali però sono ben più
bassi del normale), a cui si affianca la cappella. A questa si accede
tramite una bassa gradinata di tre scalini. Sul lato destro della
cappella sporge parte della roccia tufacea in cui sono scavati tre
piccoli ambienti, ben visibili dall’esterno.
L’impressione che si ha è quello di una struttura semplice ed armonica,
in cui tutte le componenti esterne si omogeneizzano senza particolare
difficoltà.
La
parte interna dell’eremo è completamente scavata nel tufo e si sviluppa
su due livelli (almeno quelli ora visibili) e consiste in più ambienti:
al primo livello vi è una cappella absidata con affresco (in cui due
monaci pregano rivolti verso la Madonna con bambino) e un pavimento
maiolicato, che nelle sue piccole dimensioni e nella semplicità richiama
la facciata esterna. Ben più complessi sono gli altri ambienti del
secondo livello, quelli riservati alla vita monastica che sono tutti
scavati nel tufo. Vi si accede tramite una scala scavata nel tufo, da
qui un piccolo ambiente di disimpegno centrale conduce, sulla destra, ad
un altro ambiente più largo, di cui è molto probabile l’utilizzo a
dispensa (sono presenti gli alloggi per le travi che dovevano sostenere
botti o altri contenitori). A sinistra dell’ambiente centrale si accede
ad un altro locale non meglio identificato la cui parete esterna fa
parte della facciata in muratura. Un altro ambiente presenta un forno in
mattoni e altre piccole strutture ad uso cucina. Al lato del forno c’è
una finestra che comunica, attraverso un pozzo, con la cappella
sottostante.
Nel 1943 una bomba sganciata per errore da un aereo americano, centrò in
pieno la struttura in cui dovevano esserci gli alloggi dei monaci. Da
questo momento inizia una triste storia per il nostro eremo: il
trafugamento della statuetta della Madonna, la fine delle liturgie e
quindi l’abbandono. Dopo qualche intervento sporadico, le condizioni di
Santa Maria di Pietraspaccata, oggi, non sono migliorate.
Problemi strutturali, e oltre tutto l’incuria e gli atti di vandalismo
delle persone, peggiorano una situazione già di per sé precaria. Anche
il territorio circostante, la zona di Faragnano, ricca di testimonianze
archeologiche ed architettoniche, è particolarmente vivace anche dal
punto di vista agricolo e naturalistico. Purtroppo oggi è gravemente
minacciata dall’abusivismo edilizio. Inoltre il canalone, sulla cui
sommità è posta Santa Maria di Pietraspaccata, è percorso da una fogna a
cielo aperto. |