I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI NEI CANTIERI DEL METRO' A NAPOLI

La cronaca delle scoperte dal 2003 ad oggi

 

26/07/2008 I tesori che hanno fermato i cantieri: l'antico porto della città e una necropoli

Il primo reperto è virtuale, ma un´indicazione di importanza capitale per la cartografia antica della città. La linea di costa nel II secolo d. C.: il mare entrava fin dentro un cratere prossimo a Castel Nuovo. Ma i reperti ci sono eccome: due barche di dieci metri ciascuna, "navette" tra le navi da carico ferme in rada e i moli del porto di Neapolis. E una terza, la più grande, da 13 metri e mezzo per oltre tre metri, chiglia larga e prua piatta: si rivelerà un unicum nell'archeologia dell'antica Roma.
Un giorno di tramontana gelata dell'inverno 2003-2004 la grande buca di piazza Municipio viene aperta per mostrare alla stampa internazionale l'antico porto della città e i primi resti di un´altra civiltà venuti alla luce con gli scavi della metropolitana. Una barca, poi, a gennaio, l´altra. Lo scenario del porto che appare agli occhi dei giornalisti e dei primi studiosi è perfetto come una ricostruzione: nell´area fangosa i resti di anni di trasporti prima dell´abbandono dell´approdo caduto in disuso con il mare che nei secoli successivi si è ritirato e l´interramento della baia. Ci sono anfore alcune ancora con i loro tappi di sughero, ceramiche, gioielli, suole di calzari, pezzi di corda. Cose senza importanza, paragonate alla Venere di Milo? Non si ragiona così, in archeologia. La veduta d´insieme è formata dai dettagli, da un´analisi che potrebbero fare gli archeologi come gli scienziati dei telefilm di "Csi": la ricostruzione storica è fatta anche grazie alle tacche sui paletti, che provano il mare fin dove arrivava, e altre sottigliezze che non tutti possono capire o trovare interessanti. Ma che sono utili alla storia.
Nell´altro cantiere dove si prevedevano ritrovamenti, in piazza Nicola Amore, emerge quello che, dal pavimento, doveva essere un edificio pubblico di età augustea, un tempio interno a un complesso sportivo, ed anche una fontana in marmo medioevale, che risale al XIII secolo, con graffiti raffiguranti barche dirette verso un castello. E c´è anche una necropoli con un´anfora funeraria che contiene lo scheletro di un bambino: sepoltura "a enchytrismos", presa in prestito dai greci. È il "palinsesto di Napoli": non c´entrano niente i programmi tv, palinsesto è stratificazione di epoche, roba fondamentale per capire come stavamo messi un migliaio di anni fa. Ora si lamenta lentezza nel procedere dei lavori, ma all´epoca delle scoperte il ministro per i Beni e le Attività culturali Giuliano Urbani (Forza Italia) assicurò l´intervento del governo Berlusconi per il completamento dei lavori di scavo, mentre il Comune concesse subito in comodato d´uso gratuito alla Soprintendenza per i beni archeologici una parte dei suoi depositi a Piscinola per contenere i reperti e climatizzare le barche con tecnologie avanzate. A febbraio 2004 nel cantiere di piazza Nicola Amore una nuova sorpresa dal passato: una testa che raffigura un personaggio di spicco della gens Giulio-Claudia.
A maggio ancora due capitelli del tempio di piazza Nicola Amore: parti di colonne del tempio e un doccione, canale di scarico di una grondaia di solito decorato con figure fantastiche o teste di animali. A giugno 2006 tocca a piazza Municipio rivelare Castel Nuovo in un contesto diverso dal solito ma molto simile a quello che mostrava la quattrocentesca Tavola Strozzi, veduta della città dal mare. Mura merlate, resti di case, abitazioni di principi angioini verso via Medina, con raffinate pitture murarie. Sarà sacrificato in gran parte, questo pezzo di una città sconosciuta ma bellissima - come ha detto l´archeologo ora direttore generale per l´Archeologia al ministero per i Beni culturali Stefano De Caro, che degli scavi per la metropolitana sa tutto l´iter - un iter che ha attraversato le sue due soprintendenze, quella napoletana e quella regionale. Messo in salvo, tuttavia, dal lavoro di documentazione senza il quale si sarebbe perso un pezzo importante di storia di Napoli. (Fonte: Stella Cervasio su La Repubblica)

26/07/2008 NAPOLI, DAGLI SCAVI DEL METRO' ANCHE UNA MURAGLIA BIZANTINA

Arriva un commissario per i lavori nella metropolitana di Napoli. Approda in città un altro registra super partes, con fondi e poteri eccezionali. Questa volta l´uomo del governo dovrà velocizzare, snellire e migliorare i rapporti tra Comune, Metropolitana e Soprintendenza, per realizzare le linee della metro il più rapidamente possibile, valorizzando, allo stesso tempo, il patrimonio archeologico che emerge durante i lavori. I tempi sono stretti. Si parla di una nomina il primo agosto, nel prossimo Consiglio dei ministri.
A innescare il meccanismo per l´arrivo del commissario è stata la scoperta, la scorsa settimana, di preziosi reperti negli scavi della stazione "Università" della Linea 1 della Metropolitana, in corso sul versante nord di piazza Bovio. Si tratta dei resti di una fortificazione bizantina, realizzata con elementi architettonici provenienti da un monumento pubblico di età imperiale (II secolo d.C.), tra i quali due rare lastre figurate, le prime di questo tipo ad essere ritrovate nell´area di Napoli, che rappresentano una scena di sacrificio alla presenza dell´imperatore e l´altra un gruppo di legionari e di togati. La fortificazione può essere identificata con quella, ricordata dalle fonti storiche, costruita dal generale Narsete, dopo la fine della guerra greco gotica, poco lontana dal porto.
Il sindaco Rosa Russo Iervolino ha raccolto un dossier «con le foto di fregi, capitelli, colonne a stanze affrescate» e ha scritto un´accorata lettera al ministro per i Beni culturali, Bondi. «La nostra città ha urgenza di finire i lavori della metropolitana - spiega il sindaco- ma ogni volta che ci mettiamo al lavoro troviamo reperti archeologici di grandissimo valore e dobbiamo fermare tutto». La Iervolino sogna una «metropolitana dell´archeologia che passi in mezzo agli scavi».
E il ministro della Cultura ha risposto subito all´appello. Bondi ieri ha proposto al presidente del Consiglio la nomina del commissario per i lavori delle metropolitane di Napoli e Roma, in base alla legge 400 del 1988, un commissario con «funzioni di impulso e di coordinamento» per tutte le procedure relative alla costruzione delle metro delle due città. E ha annunciato: «Potrebbe essere nominato già nel prossimo Consiglio dei ministri, il primo agosto». È stato proprio il ministro a spiegare di aver ricevuto una lettera del sindaco di Napoli e di essersi attivato subito, dopo averne parlato anche con il sindaco di Roma Alemanno. L´operazione è gestita in prima persona da un altro commissario (ma nelle vesti di capo di Gabinetto del ministro) Salvo Nastasi, commissario straordinario del teatro San Carlo. (Fonte: Cristina Zagaria su La Repubblica)

06/08/2007 LE NAVI DEL PORTO DI NEAPOLIS ERANO DI LEGNO D'ABETE

Perché potessero tenere meglio il mare, anche se il lavoro che dovevano fare era solo quello di trasbordare fino al porto dell’antica Neapolis i carichi dalle navi di grosso pescaggio ancorate al largo, i maestri carpentieri quei barconi li avevano costruiti quasi interamente con legno d’abete. Conoscenza delle proprietà del materiale, impermeabile e resistente all’aggressione dell’acqua salmastra, oltre a facilità di reperire la materia prima, furono gli elementi che indirizzarono la scelta verso quella materia prima. La scoperta è stata fatta dagli scienziati della facoltà di Agraria della Federico II, a Portici, che hanno avuto dalla Soprintendenza archeologica di Napoli il compito di analizzare i materiali di cui erano fatti i natanti, trovati durante gli scavi del cantiere del Metrò di Piazza Municipio, nel 2003. «In pratica - racconta Gaetano di Pasquale, docente di Tecnologia del legno - attraverso lo studio abbiamo avuto la possibilità di osservare uno spaccato di quelle che dovettero essere le risorse territoriali e le tecnologie possedute in epoca romana». Uno dei tre natanti, difatti, è unico nel suo genere - altri due simili si trovano a Tolone, in Francia, e comunque non si sono conservati come quello di Napoli - e per quest’area del Mediterraneo: presenta una chiglia molto larga, con bordi poco alti e la prua piatta in modo da favorire l’attracco al molo e il carico e scarico merci, come sottolineò all’epoca del rinvenimento Daniela Giampaola, l’archeologa responsabile di scavi e recupero. Va considerato, ancora, che la costruzione della barca, con lo scheletro di base al quale si sovrapponeva il fasciame, è del tutto differente dalle architetture successive. Dato, questo, che contribuisce a confermare ipotesi su particolari tecniche di costruzione in uso nella carpenteria marittima del I secolo dopo Cristo. Così come dagli scavi si è avuta la possibilità di ricostruire l’antica linea di costa con l’impianto portuale di Neapolis, poggiante in una insenatura posta all’interno di un cratere vulcanico che arrivava fino all’attuale piazza Municipio. Le analisi eseguite alla facoltà di Agraria, però, essenzialmente hanno permesso di accertare quale fosse la diffusione in Campania e in prossimità dell’area vesuviana, in particolare, delle diverse specie vegetali. «L’abete, ad esempio - sottolinea il professore - quello che volgarmente chiamiamo albero di Natale e che oggi non solo è scomparso in Campania ma è molto raro in tutto l’appennino meridionale, costituiva per più del 70 per cento il fasciame interno di due delle tre barche». Il dato è sicuramente interessante anche perché quella fu la specie usata dai falegnami ercolanesi per approntare tutti gli infissi di porte e finestre della loro città. Oltre all’abete per le barche venne usato anche il cipresso, legno che ha origine nel Mediterraneo orientale e in genere è utilizzato per riti sacri, il noce e il larice, proveniente, quest’ultimo, dal riutilizzo di fasciame appartenuto ad altri natanti, visto che il larice è specie alpina. Per i «cavicchi», poi, usati al posto dei chiodi, si sceglievano legni del tipo: ulivo e corbezzolo, durissimi e resistenti all’acqua. Particolare interessante è il rinvenimento, unico per ora, di un frutto della «palma dum» di origine africana, nota anche come «avorio vegetale» per l’uso che se ne fa in falegnameria. I dati raccolti, poi, saranno confrontati con gli altri ricavati da genetisti napoletani della Federico II e specialisti in Scienze forestali di Firenze in maniera da verificare l’esattezza delle conclusioni anche attraverso il Dna delle specie vegetali. (Fonte: IL MATTINO)

01/11/2006 APRE LA PASSERELLA SUGLI SCAVI A PIAZZA MUNICIPIO

Apre finalmente la passerella a piazza Municipio. Rispettati i tempi di realizzazione per un passaggio pedonale di grande importanza. Visto che attualmente le persone a piedi raggiungono il molo Beverello o la stazione marittima facendo un largo giro della piazza. Invece la passerella unirà direttamente via Acton, partendo dall’ingresso del fossato del Maschio Angioino, a via Vittorio Emanuele, ai giardini davanti all’ingresso del castello. Il ponte pedonale di collegamento, come detto, è stato realizzato dalla Metropolitana di Napoli su richiesta del Comune di Napoli per ovviare innanzitutto all’interruzione del traffico pedonale determinata dall’allargamento dell’area di cantiere. Anzi, dai prossimi mesi i lavori in zona si intensificheranno, con la parte che dà sul Maschio che sarà completamente chiusa al traffico, sia automobilistico che pedonale, a eccezione appunto della passerella, con le auto dirottate sull’altro lato della piazza, quella che dà sul Tar. La passerella è larga 2,40 metri e lunga 165 metri ed è realizzata in grigliato metallico, ricoperto da tavole di legno, corredata da passamano in acciaio inox e lampioni, uno ogni 7 metri, Il dislivello tra via Acton ed i giardini del castello è di circa 8 metri ed è superato dall’alternanza di rampe di circa 12 metri, con una pendenza del 5%, e pianerottoli orizzontali di un metro e mezzo. Inoltre c’è una scala di raccordo che unisce il percorso pedonale al parcheggio sottostante, quello del fossato. Il ponte rimarrà in pratica fino al termine dei lavori che interessano la Stazione Municipio di interscambio tra Linea 1 e Linea 6 e la risistemazione della piazza, realizzati su progetto di Alvaro Siza ed Edouardo Souto De Moura. Dalla passerella, sospesa su tralicci metallici, sarà possibile osservare gli scavi archeologici in corso nella parte adiacente il fossato che stanno rivelando importanti testimonianze della Napoli medievale soprattutto quella aragonese, con il ritorno alla luce di interi acquartieramenti dell’esercito spagnolo. Una vista suggestiva, tanto che l’intenzione dell’amministrazione è quella di creare un vero e proprio percorso turistico. Volto soprattutto ai crocieristi, che in questa maniera scendendo dalle proprie navi, alla stazione marittima, attraversando la strada, si ritroverebbero sulla passerella e di qui a qualche metro dal San Carlo e poi a piazza Trieste e Trento. Insomma, un’occasione da sfruttare nell’ottica del turismo mordi e fuggi che sta attecchendo sempre più a Napoli. La soprintendenza sta anche catalogando tutti i ritrovamenti. Si dovrà decidere cosa lasciare in piazza e cosa invece delocalizzare. Ad esempio alcuni muri saranno abbattuti, mentre probabilmente verranno inglobati nel progetto definitivo dei pavimenti a mosaico ritrovati nei mesi scorsi. Così come rimarranno nella nuova piazza Municipio le due torri, nella parte alta, restaurate e visibili dai passanti. E un altro cantiere sarà aperto martedì prossimo nella stazione della metropolitana di piazza Dante.

Si tratterà del restauro delle opere d’arte contemporanea della linea 1 rovinatesi nel corso di questi anni. L'iniziativa dà il via alla fase esecutiva della convenzione siglata da Metronapoli, Metropolitana di Napoli e Accademia di Belle Arti per la conservazione, manutenzione e restauro delle opere.  (Fonte: IL MATTINO)

04/10/2006 PRONTA LA PASSERELLA SUGLI SCAVI A PIAZZA MUNICIPIO

Sarà aperta nel giro di un mese. Del resto la passerella di piazza Municipio è quasi terminata. Rimarrà «sospesa» sugli scavi sino a quando il restyling della piazza, con la realizzazione delle stazioni di linea 1 e linea 6, sarà completato: vale a dire almeno sino al 2011. Del resto i poco più di cento metri che costeggiano il Maschio Angioino, dall’arco aragonese alla fine del fossato saranno l’unico passaggio per i pedoni. A breve, probabilmente a inizio anno prossimo, il lato del castello verrà chiuso al traffico e le auto saranno dirottate tutte dalla parte opposta, quello del Tar per intenderci. E con metà piazza occupata dai cantieri l’unico modo per passare, anche se a piedi, sarà solo la passerella. Una scelta del resto che potrebbe attirare tanti turisti e piace anche ai napoletani. La passerella infatti si innesta nel circuito dei crocieristi che sbarcando dalla stazione marittima, proprio di fronte alla passerella, raggiungerebbero piazza Trieste e Trento attraverso un percorso molto suggestivo, che si snoda appunto tra gli attuali scavi che, coincidendo con la realizzazione del metrò, hanno riportato alla luce la cittadella aragonese. E se parte dei muri ritrovati, quelli nella zona a valle della piazza, vecchi acquartieramenti soldateschi dell’800, dovrebbero essere abbattuti, c’è una parte molto interessante emersa dalla campgna archeologica. C’è una torre ancora interrata che pian piano sta venendo alla luce, e poi pavimenti a mosaici e altre testimonianza della Napoli del ’500. Una zona che verrà conservata nella nuova piazza Municipio, integrandosi con le nuove stazioni. Un po’ di dati su questa costruzione che per qualche anno sarà l’unico passaggio per il molo Beverello. Il dislivello è di circa 8 metri (da quota 4.30 di via Acton a quota 12.40 dei giardini) e sarà superato alternando rampe di 12 metri inclinate (con pendenza pari a 5,4%) con pianerottoli di riposo di lunghezza pari a 1,5 metri. Il percorso verrà realizzato in carpenteria metallica su tralicci ad H controventati, montabili e smontabili rapidamente, ancorati solo superficialmente nel fossato del castello, al di là del terrapieno, con opere di fondazione che hanno un minimo impatto con il terreno. Il pavimento sarà realizzato in tavolato di legno per esterni poggiato su un grigliato metallico avente funzione portante. La ringhiera sarà realizzata in acciaio inox con una maglia di dimensioni di 60 centimetri per sessanta. Altro particolare importante, il percorso sarà illuminato anche di notte con lampioni posti ogni sette metri, mentre una scala permetterà a chi parcheggia nel fossato di non fare un largo giro, ma di salire direttamente sulla passerella. Alle spalle dunque le polemiche e la prima bocciatura della passerella da parte del soprintendente al beni paesaggistici Enrico Guglielmo. Un primo progetto infatti fu giudicato all’epoca troppo «lussuoso» e soprattutto dall’impatto devastante sulla zona. La passerella, infatti, si sarebbe dovuta prolungare in un ponte pedonale su via Acton e riprendere nel materiale e nella forma le pensiline del molo Beverello. Un disegno complessivo che non piacque a Guglielmo che anzi in una nota suggerì a Palazzo San Giacomo di utilizzare, come percorso pedonale alternativo, via Parco del Castello, stradina che costeggia le antiche stalle borboniche, che potrebbe essere un angolo unico al mondo ma che attualmente è piombata nel degrado: piena di buche, ricovero per barboni e poco frequentata, quindi teatro di rapine e scippi. (Fonte: IL MATTINO)

08/06/2006 DAGLI SCAVI NEL CASTELLO TORNA ALLA LUCE IL MURO STROZZI

Fra tubi dell’acqua e del gas, vene della città cresciuta prima attorno e poi sopra i fossati del castello di Carlo D’Angiò, fra fabbriche, polveriere e tre anelli di fossato, è riemerso giorni fa un pezzetto di città scomparsa che, fino ad oggi, apparteneva ai racconti e ad un’antica pittura. Gli archeologi che lavorano per la Sovrintendenza nel cantiere di piazza Municipio, lo stanno estraendo come una fila di denti dalla mascella di un gigante, liberandolo dalle escrescenze di volte, balze e riempimenti che l’hanno soffocato e nascosto nei secoli. Ancora poco più che un orlo bianco, irregolare, ma già si intravede la fila bianca dei merli che un anonimo cronista-pittore immortalò nel primo ritratto di Napoli, attorno al 1465. Cinque secoli fa il castello, visto dal mare, aveva una cintura bianca, un muro merlato che gli vestiva le controscarpe, la radice delle grandi torri medievali. L’artista della tavola Strozzi, riscoperta a Firenze solo nel 1901, Napoli la vide così, dal mare, con il castello calzato, vestito e lambito dall’acqua. E’ quella cintura di merli, sontuosa, che comincia a riemergere dalla mascella di tufo. Ora abbiamo una conferma in più che l’artista della tavola Strozzi ci consente di vedere la Napoli di cinque secoli fa e non una sua ricostruzione fantasiosa o ritoccata. Il muro Strozzi è arrivato a noi grazie anche alle opere murarie minori che l’hanno rivestito, come una pianta parassita, fin dal ’500 quando fu trasformato nel muro del fossato interno. L’archeologa Vittoria Carsana, che sovrintende i lavori, spiega: «Sono stati i riempimenti settecenteschi che, alla fine, l’hanno obliterato». Cancellato, nascosto. Conservato per gli scavi della metro, che si sono imbattuti, invece, nei resti di costruzioni spazzati via dal dominatore di turno che ridisegnava il cuore della città. Un altro regalo di un cantiere unico al mondo, quello della metropolitana di Napoli, al centro di una piazza del Municipio tappezzata di impalcature dall’ex hotel de Londres a palazzo san Giacomo, rivoltata come un calzino in un’opera di rifondazione che, quando sarà ultimata, oscurerà il mito della rinascita di piazza del Plebiscito. Piazza del Municipio, recuperando il passato - come le radici dei bastioni aragonesi segati dai Savoia dopo l’unità d’Italia, giù fino agli strati romani - diventerà un luogo totalmente nuovo. Nell’aspetto e nell’uso. L’architetto portoghese Alvaro Siza, tracciato il progetto base, lo aggiorna e lo riconsidera ogni volta che la pancia aperta di Napoli restituisce tesori, problemi, ostacoli da aggirare, ma anche valanghe di ciarpame, come le tonnellate di frammenti di maiolica settecentesca che qualcuno pensò di usare come materiale di riempimento e che lo scrupolo dell’archeologo spinge oggi a lavare coccio a coccio per riporle in cassette numerate. Ad ogni novità importante Siza si incontra con il suo interlocutore per il Comune, il vicesindaco Rocco Papa che accompagna da sempre il progetto della grande metro, come tutti i più importanti per la riqualificazione della città. L’ultimo incontro pochi giorni fa. L’architetto e l’urbanista hanno ragionato sui due livelli della piazza, sul museo della metro, sulla collocazione di una grande fontana. Anche il recupero del muro Strozzi, ora, entra a far parte del futuro della piazza che prevede la rimessa in luce, ad esempio, anche del bastione circolare dell’Incoronata: un pezzo della fortificazione aragonese che racchiuse il castello dopo che le sue torri medioevali si erano rivelate troppo vulnerabili ai progressi dell’arte della guerra. I bastioni furono segati alla radice, come alberi, dopo l’unità d’Italia e quel che restava delle camere e della rampe sotterranee fu riempito. Oggi il recupero del bastione, 40 metri di diametro, è ad un terzo. Per la prima volta, ieri, è stato possibile a non adetti avventurarsi per i camminamenti recuperati e fotografare il Maschio Angioino dall’interno del bastione recuperato. Un percorso fra i tanti che si vogliono restituire a tutta la città. (Fonte: IL MATTINO)

08/04/2006 SI RIPARLA NUOVAMENTE DELLA PASSERELLA SUGLI SCAVI DI PIAZZA MUNICIPIO

L’area è stata appena cantierata. Si lavorerà nei prossimi giorni per realizzare la passerella entro la fine della primavera. Un percorso di legno che sovrasterà gli scavi di piazza Municipio. Utile per i turisti e anche per gli stessi napoletani che vorranno camminare per la piazza ridotta a un cantiere per i lavori della metropolitana. La passerella pedonale rimarrà per due anni. Unico sfogo per raggiungere il molo Beverello a piedi, a meno che non si voglia fare un largo giro. In estate infatti tutta la parte destra della piazza, quella che costeggia il Maschio Angioino per intenderci, sarà chiusa a auto e pedoni e inglobata nel cantiere per la costruzione della stazione del metrò. Per questo la passerella sarà importante. E poi servirà anche agli stessi turisti. Per esempio a quelli che scenderanno dalle navi da crociera e si troveranno subito in piena area scavi. Il progetto ambizioso è quello, tra un paio di anni, a cantiere finito, di realizzare un percorso pedonale che attraversi tutta la cittadella aragonese che sta emergendo dagli scavi archeologici. Parte dei muri ritrovati, quelli nella zona a valle della piazza, vecchi acquartieramenti soldateschi dell’800, dovrebbero invece essere abbattuti. Alle spalle anche le polemiche e la prima bocciatura della passerella da parte del soprintendente al beni paesaggistici Enrico Guglielmo. Un progetto giudicato all’epoca troppo «lussuoso» e dall’impatto devastante sulla zona. La passerella, infatti, si sarebbe dovuta prolungare in un ponte pedonale su via Acton e riprendere nel materiale le pensiline del molo Beverello. Un disegno complessivo che non piacque a Guglielmo che anzi in una nota suggerì a Palazzo San Giacomo di utilizzare, come percorso pedonale alternativo, via Parco del Castello, stradina che costeggia le antiche stalle borboniche e attualmente piombata nel degrado: piena di buchi, ricovero per barboni e per nulla battuta e quindi teatro di rapine e scippi. «La nostra - spiega il vicesindaco Rocco Papa - sarà una costruzione molto meno invasiva, quasi una specie di passerella di cantiere che verrà costruita con tralicci sul fossato e correrà parallela agli scavi archeologici». Necessaria, secondo Palazzo San Giacomo la costruzione, visto che «consentirà di dare soluzione ai problemi di attraversamento della piazza creati dalla presenza del cantiere della stazione Municipio della Linea 1 e della linea 6 della metropolitana». Il dislivello sarà di circa 8 metri (da quota 4.30 di via Acton a quota 12.40 dei giardini) e sarà superato alternando rampe di 12 metri inclinate (con pendenza pari a 5,4%) con pianerottoli di riposo di lunghezza pari a 1,5 metri. Il percorso verrà realizzato in carpenteria metallica su tralicci ad H controventati, montabili e smontabili rapidamente, ancorati solo superficialmente nel fossato del castello, al di là del terrapieno, con opere di fondazione che hanno un minimo impatto con il terreno. Il pavimento sarà realizzato in tavolato di legno per esterni poggiato su un grigliato metallico avente funzione portante. La ringhiera sarà realizzata in acciaio inox con una maglia di dimensioni di 60 centimetri per sessanta. Altro particolare importante, il percorso sarà illuminato anche di notte con lampioni posti ogni sette metri. (FONTE: IL MATTINO)

21/1/2006 ECCO LA PASSERELLA SUGLI SCAVI DI PIAZZA MUNICIPIO

Riappare la passerella pedonale a piazza Municipio. Senza, però, il ponte per attraversare via Acton. E questa volta c’è anche la benedizione del soprintendente Enrico Guglielmo che a cavallo dell’estate scorsa fermò il progetto di Palazzo San Giacomo che prevedeva un percorso pedonale sopra gli scavi del Maschio Angioino e una sovraelevata utile per attraversare via Acton ed entrare nella zona portuale. Non sarà un’opera faraonica come quella bocciata dalla soprintendenza ai beni paesaggistici ma, come spiega il vicesindaco Rocco Papa, «una costruzione molto meno invasiva, quasi una sorta di passerella di cantiere che verrà costruita con tralicci sul fossato e correrà parallela agli scavi archeologici». La realizzazione della passerella temporanea sul cantiere di piazza Municipio - continua il vicesindaco - «consentirà di dare soluzione ai problemi di attraversamento della piazza creati dalla presenza del cantiere della stazione Municipio della Linea 1 e della linea 6 della metropolitana». Attualmente, infatti, «il progressivo ampliamento dell’area di cantiere - spiega ancora Papa - per effettuare gli scavi archeologici nei giardini di Castel Nuovo, rende poco agevole il collegamento della parte alta di piazza Municipio con via Marina e il terminal crocieristico e il terminal passeggeri per le isole». Non sono infatti percorribili i marciapiedi davanti le aiuole poste al lato del fossato del castello e parte dei collegamenti pedonali esistenti nella parte centrale della piazza. Tanto che a Capodanno si è deciso di chiudere la piazza anche ai pedoni. La passerella consentirà di bypassare, per tutta la durata dei lavori di realizzazione della stazione e di sistemazione della piazza, stimati in almeno 24 mesi, le aree di cantiere in modo rapido e sicuro. Inoltre la realizzazione della passerella, oltre a migliorare il collegamento pedonale da e verso via Marina, potrà consentire una particolare visione prospettica dall’alto dell’area dei cantieri tecnici ed archeologici. La passerella sarà Lunga circa 200 metri e larga 3, si svilupperà lungo il muro prospiciente il fossato del Castel Nuovo sul lato destro della piazza, partendo dall’ingresso dell’attuale parcheggio e giungendo ai giardini davanti al castello. La quota sarà invece a livello di quella dei giardini, si svilupperà lungo il fossato, che nasconderà le strutture di sostegno, attraversando il cantiere che si amplierà progressivamente anche al di sotto della passerella. Il dislivello sarà di circa 8 metri (da quota 4.30 di via Marina a quota 12.40 dei giardini) e sarà superato alternando rampe di 12 metri inclinate (con pendenza pari a 5,4%) con pianerottoli di riposo di lunghezza pari a 1,5 metri. Il percorso verrà realizzato in carpenteria metallica su tralicci ad H controventati, montabili e smontabili rapidamente, ancorati solo superficialmente nel fossato del castello, al di là del terrapieno, con opere di fondazione che hanno un minimo impatto con il terreno. Il pavimento sarà realizzato in tavolato di legno per esterni poggiato su un grigliato metallico avente funzione portante. La ringhiera sarà realizzata in acciaio inox con una maglia di dimensioni di 60 centimetri per sessanta. Altro particolare importante, il percorso sarà illuminato anche di notte con lampioni posti ogni sette metri. I lavori per la realizzazione della passerella avranno una durata di circa quattro mesi. «Contiamo - conclude Rocco Papa - di essere pronti quando la stagione croceristica sarà al top». (FONTE: IL MATTINO)

23/03/2005 UNA NUOVA SCOPERTA: UN SANTUARIO GRECO

L’avventura non è finita. Nel cantiere del metrò di piazza Nicola Amore gli archeologi stanno lavorando all’ultima scoperta: i resti di un edificio del V-IV secolo a.C. che, secondo gli esperti, ha fatto parte di un santuario. «Non sappiamo ancora al culto di quale divinità fosse dedicato - spiega Daniela Giampaola, responsabile degli scavi per la Soprintendenza napoletana diretta da Valeria Sampaolo - ma siamo certi che si trattasse di una struttura pubblica a carattere sacro. Il primo ambiente riportato alla luce è una sala per banchetti con panchine tricliniari. Andremo avanti, allargando il cantiere sul lato mare, per ritrovare altre testimonianze dell’antico complesso. La scoperta dell’edificio rappresenta, per noi, una vera sorpresa. Si supponeva che all’epoca greca non potessero esserci insediamenti di questo genere al di fuori della cinta muraria: e invece c’erano». Nel corridoio-museo dell’Archeologico sono stati sistemati grandi schermi sui quali si può seguire (per ora con un video registrato, prossimamente in diretta) i lavori in corso nel cantiere Duomo. A portata di mano del visitatore, invece, una piccola ma significativa selezione - circa cento pezzi su 3 milioni e 300mila - di quello che è stato già recuperato, classificato, restaurato. «Un indice del grande catalogo», come ama definirlo la dottoressa Giampaola. Il percorso cronologico viene illustrato con pannelli didattici che parlano un linguaggio semplice e sintetico. L’insediamento preistorico (IV millennio a.C) è rappresentato da un plastico che riproduce i solchi lasciati dall’aratro nel sottosuolo; la città greca (VII-II secolo a.C.) propone un vasto repertorio di ceramiche e i resti dell’area sepolcrale nella quale venivano deposti i bambini; la città romana (II secolo a.C.-III secolo d.C.) restituisce i fregi dell’edificio dedicato al culto imperiale, le epigrafi con i nomi dei vincitori dei giochi isolimpici, la testa in marmo di un giovane principe della dinastia Giulio-Claudia (un ritratto del generale Germanico, secondo l’ipotesi più accreditata dagli studiosi), i modellini delle tre barche recuperate nell’antico bacino portuale e un campionario degli oggetti d’uso comune ritrovati a bordo degli scafi. E ancora avanti attraverso la città bizantina, la città medievale (una fontana in miniatura, funzionante, riproduce quella ritrovata in piazza Nicola Amore), la città aragonese. (Fonte: Il Mattino)

22/03/2005 Via all'esposizione dei reperti nel tunnel del museo

Senza mai uscire dalla stazione, il passeggero del metrò lascia piazza Cavour, attraversa un primo tratto del tunnel e, quando si trova in cima alle scale mobili, si trova già proiettato nell’arte e nella storia. Nell’anticamera gli fanno da guida un Laocoonte in bronzo realizzato dalla fonderia Chiurazzi e foto di altri capolavori. Ancora pochi passi e incontra l’insegna «Museo archeologico». Parte da qui il percorso disegnato dalla Soprintendenza per illustrare le scoperte nei cantieri della metropolitana. Tre saloni (1800 metri quadri lo spazio complessivo), sui lati le bacheche con i reperti, al centro i modellini in scala delle barche romane riportate alla luce in piazza Municipio (attualmente in restauro presso il deposito-laboratorio di Piscinola) e, ancora, i plastici che riproducono il porto di Neapolis e e i campi arati scoperti nel sottosuolo di piazza Dante. Quasi cento i pezzi esposti: il busto in marmo del generale Germanico, vasi in terracotta e vetro, anfore funerarie e per il trasporto di alimenti, corredi delle imbarcazioni, resti dall’abbigliamento dei marinai (compresi i calzari, che portano ancora impresse le impronte delle dita), epigrafi con i nomi dei vincitori dei giochi augustali. Unico in Europa, questo tunnel, perché ha una particolarità in più rispetto al corridoio che mette in comunicazione il metrò parigino con il Louvre: non si limita a «traghettare» il visitatore dal treno all’arte ma diventa a pieno titolo struttura museale. (Fonte: Il Mattino)

02/12/2004 I TESORI DEL METRO' ALL'ARCHEOLOGICO

La conferma ufficiale è arrivata l’altro ieri dal soprintendente Stefano De Caro: il museo temporaneo dei reperti ritrovati durante gli scavi del metrò, in attesa di quello definitivo da allestire nella stazione di piazza Municipio, troverà sede in primavera nei saloni sotterranei dell’Archeologico. «Più precisamente a marzo, quando inaugureremo il corridoio di collegamento diretto dalla fermata di piazza Cavour - spiega il vicesindaco Rocco Papa, che dopo aver mantenuto un certo riserbo sull’operazione è ora disponibile a scendere nei dettagli - abbiamo a disposizione tre saloni, per un’ampiezza di circa 1800 metri quadri. Qui sistemeremo bacheche trasparenti piene di tesori dell’antichità; modelli in scala ridotta di una o due barche romane; plastici che riproducono il porto di Neapolis svelato dagli scavi in piazza Municipio e i campi arati scoperti durante i lavori in piazza Dante, testimonianza di antichissime tecniche rurali nel cuore della città; maxischermi che proiettano in diretta i lavori di restauro nel deposito-laboratorio di Piscinola; un percorso virtuale che accompagnerà i visitatori nel tempio di età imperiale ritrovato in piazza Nicola Amore». Le spese? Tutte a carico del Comune: 600mila euro da finanziare con i Boc. Ma altri fondi da destinare al capitolo restauro potrebbero essere in dirittura d’arrivo. «Qualche giorno fa ho parlato con il ministro per le infrastrutture Lunardi - continua Papa - e lui non ha escluso che, data l’importanza delle ultime scoperte, l’anno prossimo il sostegno del due per cento possa essere destinato alla nostra metropolitana». Napoli come Parigi, l’Archeologico come il Louvre. Chi sale e scende dal treno si troverà immerso nelle meraviglie del passato, mentre un accesso indipendente (e gratuito) al museo sotterraneo verrà posizionato sul lato della galleria Principe di Napoli. «Ma non vogliamo che sia un’esposizione per addetti ai lavori - precisano a palazzo San Giacomo - le opere saranno selezionate con cura per inserirle in un percorso divulgativo, con spiegazioni storiche accurate e semplici al tempo stesso. Il primo passo sarà quello di organizzare visite guidate per gli studenti». Al soprintendente Enrico Guglielmo la progettazione architettonica degli interni, al soprintendente De Caro e alla coordinatrice degli scavi Daniela Giampaolo il compito di selezionare i reperti da mettere in mostra. Una scelta che imporrà molti sacrifici, per motivi di spazio (1800 metri quadri sono tanti, ma non basterebbe il triplo per sistemare degnamente tutti i reperti) e sarà orientata a privilegiare i pezzi meglio conservati. Ancora in forse la presenza della testa di statua in marmo che pare riproducesse il generale Germanico, per la quale sembra necessario un lavoro di recupero piuttosto complesso; ma avremo senz’altro la possibilità di ammirare una serie interminabile di vasi in terracotta e in vetro, anfore funerarie e da trasporto di alimenti, corredi delle imbarcazioni colate a picco nel porto, resti dell’abbigliamento dei marinai (compresi i calzari, che portano ancora impresse sulla suola le impronte delle dita) e, quasi certamente, anche le epigrafi con i nomi degli atleti vincitori dei giochi augustali disputati nella cittadella olimpica. Ricordi persi con l’andare del tempo e con la rivoluzione urbanistica del Risanamento, ritrovati mentre si viaggia verso il sistema di trasporto del futuro. (Fonte: Il Mattino)

01/12/2004 LA PISTA DEI CORRIDORI IN PIAZZA NICOLA AMORE

Correvano in onore della dea Partenope, la Sirena - uccello, simbolo di Napoli. Erano scalzi, forse nudi. La linea di partenza si trovava in quell’area che 2400 anni fa era conosciuta come il «Tumulo della Sirena». L'arrivo, invece stava nello spazio che adesso è Piazza Nicola Amore. Sotto terra, oggi, per circa quindici di metri. Ventiquattro secoli fa, invece, alla luce del sole. Atleti napoletani, locali: «partenopei», prima; «Lampadodromi», portatori di lampade, poi, scattavano con le torce in mano e cercavano di superarsi e diventare famosi nella corsa inventata dall’ateniese Diotimo. Correvano la distanza, cinquecento metri in linea d’aria: quasi due stadi, 185 metri e rotti. Da ripetere quante volte? Due? Tre? Il percorso l’ha individuato la squadra di archeologi coordinata da Daniela Giampaola, responsabile del controllo dello scavo del metrò cittadino per la Soprintendenza archeologica napoletana retta da Valeria Sampaolo. Così come gli specialisti hanno riconosciuto nell’area prossima al Maschio Angioino, dopo quella della Chiesa di Santa Maria a Portosalvo, l’altro probabile punto di partenza per la corsa podistica; in quel caso la distanza da percorrere poteva diventare quattro volte il multiplo dello stadio. E non poteva essere diversamente. Una manifestazione importante per un luogo significativo. Il porto della Napoli d’allora era difatti la ricchezza della città e si sviluppava appunto tra l’edificio religioso e l’area oggi occupata dal maniero fatto edificare da Carlo I d’Angiò. Un «pozzo di San Patrizio», piazza Nicola Amore, dal quale ogni giorno spuntano tasselli unici della Neapolis pre romana. «Lo scavo dei livelli di fondazione - conferma difatti Stefano De Caro, responsabile delle Soprintendenza archeologica regionale - ha evidenziato che il porticato d’epoca romana imperiale, sulle cui lastre di marmo venivano incisi i nomi dei vincitori nei giochi Isolimpici napoletani, i Sebastà, aveva avuto una fase precedente stimata al duecento a.C.». Per costruire le fondamenta del grandioso monumento, le maestranze dell’epoca si erano serviti di grandi blocchi di tufo, marcandone con grosse lettere la provenienza dalle cave di Poggioreale, sotto la chiesa di Santa Maria del Pianto. I «Sebastà», giochi «Isolimpici» - e dunque pari in dignità a quelli di Olimpia - competizioni quadriennali di musica, teatro, corsa, lotta, poesia, inventati nel 2 d.C. da Augusto, avevano avuto nella «corsa della Sirena» un precedente eccellente. Ovviamente, all’inizio si era trattato di competizioni alla buona, poi, con l’intervento dell’imperatore, la cosa si era fatta importante («sebastos» era lo stesso Augusto) perché unica sede di giochi con tipologia greca in Italia, vedendo quindi la partecipazione del fior fiore dell’atletismo mediterraneo. Un impianto greco, dunque. Così come di architettura ellenistica, sono la strada che corre sotto la pista situata tra il tempio e il porticato - ginnasio e l’edificio a pianta rettangolare, con file di pilastri interni, datato dagli archeologi al III- IV secolo a.C. «Accoglieva certamente riunioni rituali - spiega De Caro - perché una delle stanze era stata attrezzata con basse banchine, appena rialzate dal pavimento, dove si mettevano i letti, le klinai, sui quali ci si stendeva durante il banchetto». Al centro del pavimento, poi, c’è un mosaico in cocciopesto decorato, così come accadeva per altri edifici del periodo ellenistico ritrovati a Pompei, Buccino, Crotone. Ancora, da alcune fosse intercettate nell'area del portico, sono venuti fuori pezzi di anfore greco italiche usate per il commercio del vino. Erano scarti di fornace, inservibili, tuttavia documento eccezionale perché marcate con il nome «Charilaos», lo stesso di un magistrato romano che si impegnò per un’alleanza con i romani durante la guerra del 326 a.C. «L’elemento è significativo per la storia del territorio - riprende il Soprintendente - perché conferma ipotesi sul raggio d’azione economico e commerciale dei mercanti napoletani». Nell’edifico religioso, poi, sono stati scoperti consistenti accumuli di materiali votivi: statuette, vasi, che si sono ritrovati in fosse di pertinenza della fase più antica del tempio. Sicuramente interessante è una coppa a vernice nera, adesso sottoposta a restauro, con soprascritta la dedica «Dios Soteros», a Zeus Salvatore, secondo un uso comune nelle città magno greche. Adesso, vista l’enorme quantità di reperti si sta pensando a una rimodulazione dello spazio archeologico dell’area Metrò di Nicola Amore. Ma prima, già nella primavera 2005, i pezzi più interessanti verranno esposti, grazie a un finanziamento del Comune di Napoli, in una mostra allestita dalla Soprintendenza archeologica nel transetto d’ingresso della stazione «Museo» «per continuare a raccontare ai napoletani - sottolinea De Caro - la storia sconosciuta di una città unica e bella». (Fonte: Il Mattino)

25/11/2004 UNA TORRE DEL 1500 IN PIAZZA MUNICIPIO

Ancora scoperte archeologiche in piazza Municipio. Questa volta risalgono al 1500. Quelle che stanno riemergendo, infatti, sono le mura della seconda torre del Maschio Angioino, di forma rettangolare e simmetrica a quella rotonda che si trova invece di fronte agli scavi archeologici della metropolitana. Si tratta di costruzioni fortificate risalenti all’epoca del viceregno spagnolo e che venivano utilizzate per difesa posizionandovi le bocche da fuoco. Il tutto venne poi sepolto alla fine dell'800 quando venne realizzata l'attuale piazza Municipio. L’architetto portoghese Alvaro Siza, studiando su di una mappa del 1840, è riuscito a capire dove fosse collocata la torre. Uno studio fatto in funzione del tunnel di luce, trasparente, che lui stesso sta disegnando e che collegherà piazza Municipio e le stazioni del metrò con la Stazione Marittima. Dentro il corridoio saranno incluse le due torri con il risultato che i napoletani e i turisti potranno passeggiare ammirando le due torri e gli altri ritrovamenti che stanno riemergendo da piazza Municipio. Una galleria pedonale sotterranea che sarà lunga circa 250 metri e larga almeno 20. Dentro la quale potrebbe trovare posto anche il museo di Neapolis, il museo della città. Ma c’è di più, perché con lo scavo della seconda torre e quindi la sua individuazione, il Comune ha potuto dare via libera alla Arup per il progetto definitivo del sottopasso di via Acton. Altra opera caratterizzante del waterfront. Infatti, il timore era che i lavori per il sottopasso potessero arenarsi di fronte ai nuovi ritrovamenti. Con la torre che sta riemergendo il sottopasso sarà scavato sotto di essa, nel tufo, evitando di impattare anche nel vecchio molo Angioino che si trova da quelle parti. Progetto che gli architetti della Arup dovrebbero presentare entro le prossime due settimane, sicuramente prima di Natale, questo il cronoprogramma che l’amministrazione si è data e che dovrebbe essere rispettato. L’architetto portoghese è il protagonista del waterfront, che complessivamente vale 250 milioni di euro interamente finanziati con fondi della Ue, che cambierà il volto all’intera piazza Municipio. Tutti i giardini della piazza cambieranno, e anche la viabilità sarà diversa grazie al sottopasso che consentirà di chiudere al traffico gran parte dell’area monumentale.

10/10/2004 ALTRE SCOPERTE IN PIAZZA NICOLA AMORE

Nuove scoperte illuminano gli scavi archeologici nel cantiere del metrò, in piazza Nicola Amore. Sul lato mare, proprio di fronte al tempio di età imperiale, è venuto alla luce portico composto da un muro di fondo, in reticolato e laterizi, e da un basamento per le colonne. Lungo le pareti, una serie di lastre di marmo - alcune conservate quasi integralmente, altre in frammenti - che portano impressi lunghi elenchi di nomi: sono le liste dei vincitori delle «Isolimpiadi» o «Sebastà», i giochi che dal primo secolo dopo Cristo vennero organizzati a Napoli per celebrare il culto di Augusto. Per ogni anno di competizione una lapide-ricordo scritta in greco, suddivisa per categorie (uomini, ragazzi, fanciulle) e per specialità sportive (corsa, corsa armata, pancrazio). Su qualche lastra è rimasto impresso anche il nome dell’imperatore, cosa che consente di datare il reperto con precisione quasi assoluta. Fino a questo momento gli archeologi sono riusciti a «ripescare» le testimonianze dei giochi disputati ai tempi della dinastia flavia, tra l’anno 69 e l’anno 96, quando il dominio del mondo romano era affidato alle cure di Vespasiano, Domiziano e Tito, ma non è escluso - anzi, altamente probabile - che se ne possano ritrovare di più antichi.
Più che una sorpresa, una conferma. La conferma che il tempio già venuto alla luce faceva certamente parte di un vasto complesso sportivo e che in linea teorica, prolungando lo scavo in direzione Museo da un lato e in direzione piazza Mercato dall’altra, sarebbe possibile localizzare anche gli altri impianti usati dagli atleti, dal gymnasium all’ippodromo. «Il portico era usato come luogo d’incontro - spiega il sopritendente Stefano De Caro - ma anche, e soprattutto, come punto d’osservazione delle gare. Visto che il muro chiude la struttura sul lato mare e che le colonne si affacciano sul versante opposto, è ipotizzabile che più in fondo, tra il portico e il tempio, corresse una pista rettilinea per l’atletica. Una pista che corrisponderebbe in tutto o in parte all’attuale corso Umberto». L’importanza delle lastre ritrovate sulle pareti, spiega ancora il soprintendente, sta nel loro stato di conservazione. Altri esemplari ritrovati sul finire dell’800, durante i lavori del Risanamento, sono esposti nella sezione «Epigrafi» del museo archeologico. Perché, a quell’epoca, non furono ritrovate tracce del complesso che oggi sta emergendo dal cantiere del metrò? «E chi ha mai detto che non furono ritrovate? - prosegue De Caro - un secolo fa le tecniche erano diverse e non consentivano, probabilmente, di approfondire la scoperta. Ma c’era anche la superiore necessità di abbattere e ricostruire il centro storico dopo una tragica epidemia di colera».
Tra gli esperti che hanno esaminato da vicino gli ultimi tesori del cantiere la professoressa Elena Miranda, docente di storia greca alla Federico II e profonda conoscitrice dell’antica Neapolis. Sette mesi fa, in un’intervista al nostro giornale, illustrava così la sua tesi sugli scavi di piazza Nicola Amore: «È ipotizzabile che tutta la cittadella olimpica sia conservata sotto gli strati di urbanizzazione successiva. Parliamo di un’area molto vasta, tra il Museo e Porta Nolana. L’edificio venuto alla luce nella stazione del metrò potrebbe essere il tempio dedicato all’imperatore. A poca distanza dovrebbero esserci il gymnasium, verso piazza Mercato l’ippodromo». Una prima conferma arriva dalle lastre di marmo con i nomi degli atleti, spaccato d’arte e di storia che torna davanti i nostri occhi mentre corriamo verso il futuro della mobilità urbana.
Dal cantiere del metrò di piazza Nicola Amore continuano a venir fuori tesori dell’antichità. Ultime scoperte, il porticato che si affacciava sulla pista di atletica utilizzata per i giochi augustali e le lastre di marmo che portavano impressi, anno per anno, i nomi dei vincitori delle gare. «Meraviglie che meritano di essere al più presto accessibili per i napoletani e per i turisti - spiega Rocco Papa, vicesindaco e assessore all’urbanistica - è per questo che abbiamo deciso di anticipare i tempi di realizzazione del museo dedicato ai reperti ritrovati durante lo scavo». Una struttura che nasce come provvisoria - il progetto originario prevedeva che l’esposizione trovasse sede nella stazione di piazza Municipio, da inaugurare nel 2007 - ma, se ritenuta convincente, potrebbe anche diventare definitiva.
«Il nostro intento - continua Papa - è quello di completare l’allestimento entro la primavera dell’anno prossimo. Abbiamo a disposizione i fondi, un milione e mezzo di euro inseriti del piano annuale dei lavori pubblici, e un’area di circa 1800 metri quadri».
Nei prossimi giorni il sindaco Rosa Iervolino darà l’annuncio ufficiale del progetto. Quanto alla localizzazione degli spazi espositivi, si può immaginare che l’amministrazione non intenda allontanarsi troppo dal fulcro delle scoperte: sotto osservazione l’area compresa tra l’asse piazza Nicola Amore-piazza Municipio e la stazione marittima, dove a gennaio inizieranno anche i lavori per il recupero del palazzo dell’Immacolatella che ospiterà il museo dell’emigrazione.
Alla soprintendenza archeologica spetta il compito, certamente non facile, di selezionare le opere che potranno comparire sotto i riflettori in condizioni di massima sicurezza. Certamente non le barche romane, chiuse nel loro «guscio» di restauro nel deposito-laboratorio di Piscinola (ma si pensa di esporne almeno una riproduzione in scala reale), e nemmeno le colonne o il frontone del tempio di età imperiale. Per il resto, resta solo l’imbarazzo della scelta nel vasto campionario di oggetti di dimensioni più contenute: vasi, monili, anfore funerarie, corredi delle imbarcazioni, la testa di una statua che si tende a identificare come ritratto del generale Germanico e tanto altro ancora.
Campo libero, dunque, per la valorizzazione delle testimonianze del passato: e il futuro del trasporto urbano su ferro? «Nessun problema e nessun ritardo per la costruzione del metrò - garantisce il vicesindaco - stiamo studiando un percorso alternativo per lo scavo delle gallerie in piazza Nicola Amore che consentirà agli archeologi di proseguire nel loro lavoro mentre nel sottosuolo avanzano le ”talpe”. Quanto a piazza Municipio, dove il livello più profondo delle scoperte pare ormai raggiunto, la riattivazione del cantiere è imminente. Ci sono più di sessanta operai in attesa di tornare alle loro mansioni: la questione occupazionale è, e deve restare, una priorità. Il prossimo settore d’intervento sarà localizzato nei giardini del Maschio Angioino e, fino a Natale, non comporterà interruzioni del traffico: ci è sembrato opportuno muoverci in questo senso per non creare troppi disagi ai cittadini durante le feste. A gennaio verrà impegnata anche la carreggiata che costeggia il castello. I veicoli percorreranno in doppio senso il versante opposto della piazza». Sarà ingorgo? «Non so cosa ne pensino gli esperti di mobilità. Dal mio punto di vista, e aspetto la prova dei fatti, è una soluzione più funzionale di quella attuale». (Fonte: Il Mattino)

08/09/2004 TRASFERITA UNA DELLE BARCHE DA PIAZZA MUNICIPIO

«Da un’emozione all’altra, nei tempi previsti. Devo dire che siete stati di parola». Al suo ingresso nel cantiere di piazza Municipio, dove la gru si prepara a sollevare il relitto di una barca romana da avviare al restauro, il sindaco Rosa Iervolino saluta così Giannegidio Silva, presidente della Metropolitana. A fine luglio veniva tirata fuori dalla stazione di piazza Nicola Amore una fontana del XIII secolo. Ieri mattina è venuto il turno di uno dei tre scafi del I-II secolo affondati nell’antica insenatura del porto e «ripescati» dagli archeologici durante i lavori di costruzione della tratta bassa della Linea 1: oggi sarà estratto quello di dimensioni maggiori (13,50 metri di lunghezza per 25 tonnellate di peso), mentre il più piccolo è stato sezionato e trasferito in una vasca di conservazione piena d’acqua.
Tiene a dire, il sindaco, che il calendario degli interventi di recupero dei reperti è stato rispettato. Ma quali saranno i prossimi passi del cantiere? «Nel mese di ottobre - spiega Silva - l’area sarà completamente liberata dalle testimonianze del passato e si partirà a pieno ritmo con il metrò. Vede quelle placche in metallo sistemate sui bordi dello scavo? Servono come aggancio per i tiranti che consentiranno di scendere in profondità, venti metri al di sotto del livello attuale, dove dovranno aprirsi le gallerie dei treni. Entro la fine dell’anno la zona interessata dai lavori si estenderà fino alle mura del Maschio Angioino, incorporando anche una consistente porzione dei giardini, per avviare la costruzione del terminal Linea 6». Tradotto in termini di impatto sulla città, un versante della piazza dovrà essere chiuso al traffico. Con l’attuale sistema di flusso dei veicoli, lo sbarramento renderebbe impossibile raggiungere via Acton dal centro storico. «Il Comune sta già studiando un piano alternativo di viabilità - precisa il presidente della Metropolitana - con inversione dei sensi di marcia».
Quando la barca romana si solleva, stretta nel guscio bianco di vetroresina che la proteggerà dagli attacchi dell’atmosfera, un lungo applauso unisce le autorità ai tanti cittadini che seguono l’operazione dal balcone o arrampicandosi sulla recinzione del cantiere. «Spettacolo eccezionale - commenta il sindaco - soltanto al museo vichingo di Oslo ho visto qualcosa che, molto lontanamente, si poteva paragonare a questo». «Le stazioni dell’arte e dell’archeologia - aggiunge il presidente della provincia Dino Di Palma - rappresentano il punto di fusione tra lo sviluppo del sistema di trasporto e il recupero della memoria storica, un percorso verso il miglioramento della qualità della vita». «Nulla sarebbe stato possibile - conclude il presidente della regione Antonio Bassolino - senza la sinergia tra studiosi di cose antiche e ingegneri, restauratori e operai edili, enti locali e soprintendenza. Napoli avrà un grande museo degli scavi nel metrò. Bisogna trovare le risorse: per quanto ci riguarda, utilizzeremo i fondi europei».
L’impegno di spesa per il restauro dei tesori trovati in piazza Municipio e piazza Nicola Amore, che durerà almeno cinque anni, potrebbe essere presto definito con un accordo Stato-Regione. Il ministero per i beni culturali ha già stanziato 50mila euro per l’allestimento del deposito di Piscinola che ospita le barche romane e la fontana del XIII secolo. E un’altra importante iniziativa è allo studio dei tecnici. Una visita guidata virtuale negli scavi archeologici della Campania, con collegamenti in diretta dal capannone dove si lavora al recupero dei reperti del metrò, attraverso le immagini e i filmati trasmessi da un serie di monitor che verranno posizionati all’interno della stazione Museo. L’impianto verrà realizzato grazie a un’intesa tra Soprintendenza e Cnr e dovrebbe essere attivato nella prossima primavera, quando si inaugurerà il collegamento diretto tra la ferrovia e l’ingresso dell’Archeologico: ma c’è speranza di anticipare i tempi.
Sotto le barche d’epoca romana, un tappeto di reperti ci riporta a tempi più lontani, ai traffici portuali della Napoli greca e addirittura ai limiti della preistoria. Ultime in ordine d’apparizione due belle anfore del II secolo avanti Cristo, che affiorano per metà dal fondo del cantiere e venivano utilizzate per trasportare olio, vino, cereali. Allo stesso periodo risale la serie di ceramiche a vernice nera di produzione campana recuperata dagli archeologi nelle ultime settimane di lavoro e attualmente in fase di lavaggio nel piccolo deposito annesso alla stazione, operazione che precede la partenza per la sede del restauro vero e proprio. Il pezzo più antico, restando a quelli che hanno già avuto una datazione ufficiale, è un frammento di tazza del VII secolo avanti Cristo fabbricato a Ischia. Ma resta sotto osservazione il coccio di un vaso in ceramica che, come spiega il sopritendente regionale Stefano De Caro, «per le caratteristiche d’impasto potrebbe forse riportarci all’età del bronzo, due millenni prima della nascita di Cristo. L’ipotesi, comunque, deve ancora essere confermata».
Sotto le barche, sul fondo del cantiere, all’osservatore poco attento può sfuggire un disegno del suolo a righe ondulate che per l’esperto, invece, rappresenta un’eccezionale materia di studio. «Quando abbiamo cominciato a scavare per il recupero dell’antico porto - prosegue De Caro - ci siamo resi conto che l’area era soggetta a un fenomeno di interramento che si ripeteva a cadenze regolari e provocava una continua alterazione del livello del fondale. Come è stato possibile, in queste condizioni, assicurare l’approdo delle barche? Semplice: i nostri antenati sono stati in grado di garantire un costante e efficace intervento di manutenzione. I solchi che vedete sul terreno, impressi con un movimento rotatorio ”a cucchiaio”, rappresentano la testimonianza di un’opera di dragaggio eseguita regolarmente con la benna. Il terriccio che si accumulava veniva rimosso per consentire agli scafi di pescare nell’acqua senza arenarsi». All’approfondimento dell’alta ingegneria greco-romana si accompagna la ricostruzione dei flussi mercantili. «Un vasetto in vernice nera, preso singolarmente, ha poca importanza dal punto di vista storico - precisa il soprintendente regionale - è fondamentale, invece, stabilire se questi prodotti partissero da Napoli verso altri scali o se, invece, rappresentassero materiale da importazione».
L’operazione di recupero delle barche da piazza Municipio, coordinata da Stefano De Caro con la soprintendente ai beni archeologici Valeria Sanpaolo, ha impegnato un nutrito staff di esperti e si è svolto in collaborazione con la soprintendenza della Toscana. Con la responsabile dello scavo, Daniela Giampaola, sette archeologici, due architetti e tre restauratori; al progetto di diagnosi sul degrado del legno hanno lavorato la dottoressa Gianna Giachi (soprintendenza Toscana), l’Istituto centrale del restauro e il dipartimento di botanica dell’università Federico II. Tirati fuori i tre relitti, l’opera degli studiosi di cose antiche si avvia a conclusione per lasciar spazio a quella degli ingegneri, dei geometri, degli operai edili. Ma nuove sorprese potrebbero essere dietro l’angolo, con l’apertura della seconda porzione del cantiere sul versante Maschio Angioino. È possibile, anzi altamente probabile, che altri tesori saltino fuori durante lo scavo della stazione e delle gallerie. Così come potrebbero nascondere un patrimonio di reperti i giardinetti che fronteggiano Palazzo San Giacomo, prossima tappa dell’opera di rifacimento della piazza. (Fonte: Il Mattino)

31/07/2004 ECCO FRONTONI E GRONDAIE

Sollevata la fontana medievale dagli scavi del metrò di piazza Nicola Amore, continuano a venir fuori tesori archeologici di grande valore storico. Gli scavi ruotano intorno al complesso monumentale di età imperiale, prima metà del I sec. d.C. Scavi che hanno confermato che si è in presenza di un podio in opera laterizia di un tempio che è circondato su tutti i lati da un corridoio, pavimentato a mosaico a grandi tessere policrome, delimitato da una bassa balaustra rivestita di marmi. La pavimentazione, databile fra fine III – IV sec. d.C., documenta un restauro del monumento che appare essere stato oggetto nel tempo di diversi interventi edilizi. Giorni di lavoro intenso nel cantiere, tanto che, come comunica la nota di palazzo San Giacomo «è stata completata l’asportazione della ricca decorazione marmorea dell’elevato del tempio rinvenuta in crollo lungo il lato sud del podio, negli strati che coprivano il pavimento a grandi tessere marmoree». Oltre alle cornici, alle colonne e ai capitelli corinzi sono venuti in luce lastre di gronda, ugualmente di marmo, con un genio alato su toro che trattiene per la criniera due leoni con la testa di prospetto: un ulteriore prova della ricchezza e originalità dell’apparato decorativo dell’edificio. La rimozione della fontana del XIII secolo, consente di approfondire lo scavo nel settore sud del pozzo di stazione, evidenziando la sistemazione dell’area circostante il tempio.
Gli archeologi sono dunque al lavoro per mettere in sicurezza il prezioso pavimento a mosaico e inseguire altre tracce di storia su un percorso appena accennato: i primi gradini di una scalinata che prosegue verso un livello inferiore, dove lo scavo di sondaggio ha già rivelato l’esistenza di una pavimentazione d’epoca precedente. Sul lato opposto, a ridosso della fontana, emergono dal terreno capitelli e fregi ritrovati negli ultimi giorni e altri verranno fuori quando sarà possibile smantellare il basamento della vasca. (Fonte: Il Mattino)

24/07/2004 TRASFERITI REPERTI DA PIAZZA NICOLA AMORE

Quando il cassone comincia a sollevarsi - base quattro metri per sei, altezza due e mezzo, 75 tonnellate di peso tirate su da una gru zavorrata - il sindaco Rosa Iervolino trattiene il respiro: «È un pezzo di storia che si muove. Un tesoro che non può toglierci nessuno». Visibilmente commosso anche Antonio Bassolino, presidente della regione: «Quando è partito lo scavo si sapeva che nel sottosuolo c’era qualcosa di importante. Ma siamo davvero andati oltre ogni aspettativa». Lascia così il cantiere di piazza Nicola Amore, diretta al capannone di Piscinola per il restauro, la fontana del XIII secolo scoperta durante i lavori per la costruzione del metrò.
Sul lato anteriore della struttura, la mano di un ignoto artista ha lasciato una «fotografia» dei suoi tempi: la torre di guardia, simbolo della città, e il corteo di galee con il gran pavese che fa ritorno da una battaglia vinta (forse quella di Procida, tra angioini e aragonesi) con il suo carico di gloria e di bottino. «Nelle delicate linee del graffito - spiegano gli esperti della soprintendenza - si riconosce lo stile delle miniature che illustravano i testi di Pietro da Eboli». Terminato il recupero, dove sarà sistemata la vasca? Meglio in un museo, suggeriscono gli addetti ai lavori. «Meglio all’aperto - interviene il vicesindaco Rocco Papa - l’ideale sarebbe riportarla qui, dove l’abbiamo trovata. Come il tempio di età augustea, che verrà sezionato, trasferito per il restauro e ricostruito all’interno della stazione».
Eccolo, il tempio. Liberato il campo dai reperti di dimensioni più ridotte (colonne e frammenti del frontone sono stati «impacchettati» e spediti a Piscinola l’altro ieri) gli archeologi sono al lavoro per mettere in sicurezza il prezioso pavimento a mosaico e inseguire altre tracce di storia su un percorso appena accennato: i primi gradini di una scalinata che prosegue verso un livello inferiore, dove lo scavo di sondaggio ha già rivelato l’esistenza di una pavimentazione d’epoca precedente. Sul lato opposto, a ridosso della fontana, emergono dal terreno capitelli e fregi ritrovati negli ultimi giorni e altri verranno fuori quando sarà possibile smantellare il basamento della vasca. Tra i pezzi più interessanti, da un punto di vista artistico, la grondaia che lasciava scorrere acqua piovana dalle fauci di tori e leoni finemente scolpiti nel marmo: la prima lastra è stata scoperta due mesi fa, altre due in tempi più recenti. Ma l’avventura continua anche lungo i confini del cantiere, a ridosso di via Duomo, dove la recinzione bizantina lascia intravedere l’impianto delle mura greche.
Gli archeologi possono spingersi oltre per almeno quindici metri di profondità. Tempi lunghissimi per la ripresa dei lavori «ordinari» del metrò? Non lunghissimi, ma lunghi. C’è da ridisegnare il progetto della stazione, dove deve trovare spazio l’ammezzato-museo, e da allargare il perimetro del cantiere per bypassare le fondamenta del tempio. In piazza Municipio, invece, il programma è accelerato al massimo. «A settembre saranno tirate fuori le barche romane - promette Giannegidio Silva, presidente della Metropolitana - e subito dopo partiremo con lo ”scavo assistito”, tecnici della soprintendenza e operai edili saranno all’opera contemporaneamente». (Fonte: Il Mattino)

21/07/2004 NEL METRO' DELLE MERAVIGLIE UNA STORIA LUNGA MILLE ANNI

Abituati alle infinite navigazioni per oceani alla scoperta di terre remotissime e insperate, i portoghesi sono gente paziente. Anche l' architetto Alvaro Siza lo è senz' altro. Gli annunciamo che si è formato un comitato convinto che il suo progetto per il metrò di piazza Municipio vada rivisto, alla luce dei nuovi scavi che hanno scoperto quella che gli addetti ai lavori chiamano "la piccola Ercolano". Proprio così, era previsto, dice il soprintendente regionale Stefano De Caro, «ma scavare e quantizzare, datare e archiviare è una cosa diversa, necessaria». «Polemiche? Ma certo, deve essere così - risponde pacato Alvaro Siza - Tutto ciò che ha a che fare con l' archeologia, non è un progetto terminato». Replica come un mare calmo ai confini con un lago agitato, il progettista tra i più grandi del secolo. E il capitolo si riapre, ancora una volta. «Siamo sicuri - dicono negli uffici di via Galileo Ferraris quelli che lavorano per la Metropolitana di Napoli - che tornerà presto, Siza, e sebbene anziano, chiederà di girare da solo, senza che gli raccontiamo assolutamente nulla, e riempirà una cifra di quei suoi foglietti, come fa ogni volta». Leggenda vuole che l' archi-star, al primo incontro dopo uno di quei suoi sopralluoghi solitari, abbia detto a chi gli commissionava il progetto per le stazioni del metrò e il collegamento con il waterfront: «Siete proprio sicuri che volete il metrò proprio qui?». Sapeva già, Siza, non solo che sarebbero nati comitati spontanei, ma che il suo lavoro avrebbe dovuto essere rivisto non una, ma decine di volte. Aldo Loris Rossi, collega del progettista portoghese e studioso dell' area di Castel Nuovo, prima di aderire al comitato, capeggiato da Gerardo Marotta (che sta pubblicando un instant-book sulla vicenda) ha riassunto in sette punti le sue obiezioni al progetto Siza. «Gran parte dei suggerimenti dati da Rossi sono già contenuti nel progetto - dice Giannegidio Silva, presidente della Metropolitana di Napoli - sappiamo che le sue osservazioni sono in buona fede e già ne facemmo tesoro. Il problema è che tocca sistemare nella piazza ben due stazioni su tre e non due livelli, per soddisfare tutte le funzioni di cui si ha bisogno. Priorità assoluta ai pozzi di stazione: quelli sono inevitabili, e non si può mai pensare di spostarli, i calcoli ci darebbero torto assoluto». Il progetto Siza, questo sconosciuto: è l' obiezione più comune. Il motivo di questa convinzione, vera solo in parte, diventa chiaro nel container dove alloggiano gli archeologi, incaricati della tutela e della valorizzazione degli scavi. La soprintendente archeologa di Napoli, Maria Luisa Nava, mostra una testina di donna in pietra serena della quale sembrano avere reminiscenze nelle loro sculture Manzù e Medardo Rosso. è un pezzo del Medioevo napoletano riportato alla luce nella "Piccola Ercolano" (a significare il sito archeologico tra i più vasti mai trovati in Campania) scavata tra Castel Nuovo, l' area di Palazzo San Giacomo e via Vittorio Emanuele III su cui affaccia la cortina di palazzi con l' Hotel de Londres e il teatro Mercadante. La testina è stata trovata di recente, i ritrovamenti sono continui. Esulteranno gli esperti di Caravaggio a sentire che la locanda del Cerriglio, dove il pittore fu sfigurato, aveva inaugurato l' usanza di certi ristoranti moderni del piatto del buon ricordo: su un coccio cinquecentesco, quindi di prima del Merisi, anche quello venuto alla luce negli scavi per la metropolitana, si legge la scritta "Da Lonardo al Cerriglio. Bella cosa è la poltroneria: la 'state al fresco, il verno all' osteria". Qui, davanti al castello, c' era una enorme discarica di stoviglie: anche questa permette la lettura della storia quotidiana della città, finora pochissimo risaputa. E la frase di Siza riportata all' inizio dimostra che se ne tiene conto. Il progetto non è conosciuto non perché non sia stato mostrato pubblicamente da Comune e Metropolitana, ma perché il microcosmo antistante il castello è in continuo mutamento e il progetto ne segue la metamorfosi molto da vicino. «Dal primo progetto - spiega De Caro - le cose sono molto cambiate. Inizialmente veniva privilegiato l' aspetto architettonico, gli scavi hanno costretto Siza a modificarlo. Noi dobbiamo trovare il punto di equilibrio tra il disegno di un grande architetto, le preesistenze e le necessità della metropolitana. La stazione del metrò o non si fa, o si fa - e bisogna farla - e allora si deve contrattare tra vecchio e nuovo. Quel che è certo è che piazza Municipio era un luogo di scambio cruciale, uno snodo fondamentale della vita urbana di Napoli. Il come farlo capire ancora, è quello che ci aspetta nei prossimi tempi. Noi abbiamo approvato il progetto di massima, ma si vedrà». Intanto De Caro dà un' occhiata al "rendering", la ricostruzione virtuale da progetto delle due quote della piazza, una coperta, l' altra come è adesso. Sotto si vedrà il muro vicereale, che non verrà distrutto se non per il varco che permette l' ingresso alla stazione. «Questo, ad esempio - dice il soprintendente - è già superato». Guarda un altro disegno che dà un' idea del corridoio lungo le mura dove è prevista la sistemazione dei reperti e delle barche. «Ne ho già parlato con il sindaco: perché non trasformare il Maschio Angioino nella sua totalità in Museo della Città, come quelli di ogni centro europeo che si rispetti? Sarebbe necessario mettere insieme diverse competenze per farlo, come accadde per San Martino. Ma qui si potrebbe contare su due milioni di visitatori all' anno, visto il flusso del porto e il resto. Non c' è un posto dove la storia della città non borbonica venga raccontata». è vero, quella venuta alla luce è la cittadella aragonese e vicereale, con i palazzi angioini sotto ai quali ora si affaccia una villa romana costruita sul promontorio del porto dove furono scavate le due barche. Insomma, è un pezzo di storia di Napoli, ma non è il Partenone. Eppure «sbaglia chi pensa che si tratti di scavi inutili», ammonisce De Caro, rispondendo alle osservazioni del professor Giulio Pane. «I napoletani mostrano molto interesse - dice Daniela Giampaola, che dirige gli scavi e con la medioevista Vittoria Carsana lavora incessantemente da dieci anni a questo esperimento senza precedenti di archeologia urbana che sta facendo scuola - e visitano numerosi i reperti che saranno esposti nello spazio sotto la stazione Museo fino al 31 luglio. Napoli ha grossi problemi di identità e tutto questo aiuta a riconoscersi nella propria storia». Adesso possiamo scendere nello scavo, che in una giornata di caldo record, naturalmente, è rovente: sconsigliabile farlo senza cappello. Siamo pochi metri sotto il calpestio, e a pochi passi, nel circuito creato intorno al cantiere, corrono auto impazzite e bus stracarichi. Ma qui nel fossato sembra di salire sulla macchina del tempo, i rumori si stemperano, i colori si fanno riposanti. Entriamo nella Tavola Strozzi come Mary Poppins fa il suo fantastico ingresso nei paesaggi dipinti con i gessetti dallo spazzacamino della favola. Si riconosce il muro merlato e una torre circolare costruita dopo, sormontata dai fori delle archibugiere, con dietro il muro aragonese, che nessuno toccherà, assicurano gli archeologi. Quello vicereale poi Siza vorrebbe inglobarlo nel sottopassaggio che collegherà la Stazione Marittima con Palazzo San Giacomo (che Rossi propone invece scoperto: secondo i tecnici però se così si facesse ne risentirebbero troppo gli assi viari del traffico). Ecco poi l' angolo di muratura di un palazzo con pitture murarie: si distingue un braccio con ampia manica che circonda un fanciullo (o un santo con committente?), forse è di mano angioina, come la scritta neogotica comparsa poco oltre. Palazzo nobiliare o chiesa? La prossima tappa è la scuderia diventata nel Settecento deposito di palle di cannone: ecco le mangiatoie e i successivi segni dei materiali da arsenale. Subito sotto ecco apparire un mosaico a disegno geometrico della villa probabilmente terrazzata. Questi ambienti, coperti da una volta e introdotti da un grande arco, sono proprio a sinistra del futuro previsto ingresso alla stazione che metterà in connessione linea 1 e linea 6. Il pozzo di stazione, il grande buco nero senza il quale il metrò non si può fare, non mette in discussione tutto questo. L' altro pozzo, come era stato annunciato, è scavato nel vecchio sito del porto romano, poco distante da qui. Risaliamo dalla quota degli scavi e usciamo dal cantiere non prima di esserci lasciati sulla sinistra l' ingresso slabbrato di un cunicolo tappezzato da terribili mattonelline rosa. è il vecchio Cobianchi, la toilet pubblica che negli anni Sessanta fu costruita sventrando a destra e a manca quel che c' era della cittadella aragonese. L' ultimo pezzo del palinsesto della storia di Napoli. Quella volta la città rimase muta e sorda al dibattito, meno male che ora non è più così. 2- continua(Fonte: Stella Cervasio su La Repubblica)

11/06/2004 SPUNTA L'ACQUEDOTTO AUGUSTEO

L’eccezionale quantità di reperti, secondo gli archeologi permetterà di ricostruire un interessante spaccato storico e scientifico dell’antica Neapolis. Era console, e patrizio, Agapitus. Un personaggio di spicco della Napoli bizantina, quando si accollò l’onere di restaurare l’acquedotto Augusteo del Serino, l’antica via d’acqua che riforniva con prezioso liquido Napoli e i Campi Flegrei. La storia, la racconta un breve tratto di condotta, in piombo, con graffiti nomi, impegni e titoli del nobile napoletano, ritrovata nel cantiere del Metrò in Piazza Nicola Amore. Ultima scoperta di una serie di ritrovamenti eccezionali effettuati dagli archeologi della Soprintendenza Archeologica napoletana. Una testimonianza certa che l’acquedotto in età bizantina non solo funzionava ancora ma era oggetto di attenti recuperi da parte delle autorità. Cosi come il recupero delle barche di Piazza Municipio ha portato a individuare un natante unico per quest’area del mediterraneo: con la chiglia molto larga e la prora piatta in modo da potersi attaccare al pontile ed eseguire le operazioni carico e scarico merci con maggior facilità. E pi ci sono i ritrovamenti dei materiali che una volta restaurati permetteranno di riscrivere la storia dell’instrumentum domestico nella città di Napoli, visto che si sono intercettati enormi quantità di materiali d’importazione estremamente vari, tra cui una cima di corda, ancore con i denti di legno ben conservate, un cesto di vimini, stuoie, suole di scarpe. “Insomma – dice Daniela Giampaola, l’archeologa che è responsabile degli scavi - tutto quanto veniva usato nell’attività connessa al bacino e che normalmente non si ritrova nelle normali indagini archeologiche”. Tra l’altro, gli scavi servono a ricostruire la sequenza storica dell’insediamento napoletano visto che Il bacino s’interra agli inizi del V secolo d.C.. Altra scoperta, in Piazza Nicola Amore, è stata la destinazione dell’edificio del quale si erano recuperate le parti in crollo: era un tempio, edificato nella prima epoca imperiale, tra l’età di Claudio e Tiberio, abbellito con decorazioni architettoniche dell’edificio e marmi di elevata finezza. Abbattuto durante le guerre greco – gotiche, adesso il tempio sarà ricostruito proprio accanto alla stazione del Metrò a testimonianza di quanta storia sia ancora sepolta in quello che Matilde Serao chiamò il “ventre di Napoli”. (Fonte: Culturalweb)

10/06/2004 L'ULTIMA NAVE DI PIAZZA MUNICIPIO E' UN UNICUM

È assolutamente unica nel suo genere e per quest'area del Mediterraneo, l'ultima imbarcazione emersa dallo scavo del Metrò napoletano di Piazza Municipio. Lo hanno scoperto gli archeologi della Soprintendenza Archeologica partenopea quando lo scafo è stato ripulito dal fango e dalle incrostazioni che per duemila anni lo hanno custodito, sigillato nella melma, sul fondale del porto antico di Neapolis. Il natante, altri due simili si trovano a Tolone, in Francia, e comunque non si sono conservati come quello di Napoli, «presenta una chiglia molto larga, con bordi poco alti e la prua piatta in modo da favorire l'attracco al molo e il carico e scarico merci», come rivela Daniela Giampaola, l'archeologa responsabile di scavi e recupero. Il barcone, faceva la spola tra il molo e le pesanti navi da trasporto, obbligate dalla loro stazza a ancorarsi al largo. Ma non sono questi gli unici elementi che rendono i ritrovamenti del tutto particolari, per il loro spessore storico e scientifico. Anche la costruzione della barca, con lo scheletro di base al quale si sovrapponeva il fasciame, del tutto differente dalle architetture successive, è un dato che contribuisce a confermare ipotesi su particolari tecniche di produzione applicate alla cantieristica antica. Per finire con tutti i dati che emergeranno dallo studio dei legni e capaci di fornire elementi unici a studiosi di territorio, clima e flora antica.

29/05/2004 ANCORA SCOPERTE A PIAZZA NICOLA AMORE

Ancora sorprese dai cantieri del metrò di piazza Nicola Amore. E questa volta quello che viene fuori dallo scavo potrebbe consentire agli archeologi di ricostruire il tempio che poi verrà installato nella stazione del metrò archeologico una volta ultimati i lavori.
I reperti che sono venuti alla luce sono almeno tre: si tratta di due capitelli, due pezzi delle colonne del tempio grazie ai quali i tecnici ora sono in grado di ricomporre e ricostruire appunto il tempio. E poi di un «doccione» una sorta di grondaia, attraverso la quale trovava sfogo l’acqua piovana di età imperiale. Perché il tempio, secondo gli archeologi dovrebbe avere quella datazione. Ogni giorno che passa un nuovo tassello architettonico in ottimo stato di conservazione si aggiunge al disegno dell’imponente struttura giulio-claudia, tempio per il culto augusteo oppure gymnasium: frammenti del frontone, pezzi delle colonne, parti del pavimento a mosaico che - secondo gli esperti - si poggia su una base ancora più antica. Gli ultimi ritrovamenti dovrebbero essere quelli definitivi, e lo dimostra il fatto che le altre colonne sono state già impacchettate e sono pronte per essere spedite nel laboratorio di Piscinola. Qui i restauratori le faranno ritornare agli antichi splendori e vi ricostruiranno intorno i pezzi mancanti. Fatto questo lavoro il tempio verrà portato pezzo su pezzo di nuovo nella stazione di piazza Nicola Amore che dovrebbe essere la sua definitiva destinazione. Del resto quella sarà l’ultima fermata a essere terminata. Proprio per dare modo agli archeologi di portare a termine il loro compito.
Ieri al Museo Archeologico c’è stata una conferenza stampa della direttrice scavi metropolitana Daniela Giampaola dove sono stati illustrati appunto gli ultimi ritrovamenti e soprattutto le barche romane rinvenute nel cantiere di piazza Municipio. Tre le imbarcazione restituite alla luce dagli archeologi dopo 2000 anni. E ieri al Museo c’erano anche gli esperti del laboratorio «Arc Nucléart» di Grenoble, già incaricati del recupero dei relitti nel sito archeologico di Pisa-San Rossore e che ora stanno lavorando in città.
Piazza Municipio sarà ridisegnata intorno al metrò archeologico dall’architetto portoghese Alvaro Siza che tra qualche settimane dovrebbe consegnare il progetto definitivo. Siza ha previsto addirittura due piazze: una a venti metri di profondità, l’altra in superficie. L’idea è quella di riportare la piazza agli antichi splendori. Antichi perché Siza per ridisegnarla ha studiato la conformazione di quello spazio risalendo fino all’antichità, per arrivare poi all’età angioina quando lo «spazio» è divenuto piazza vera e propria. Epoche in cui attraverso il sito la città si collegava al mare. Il tunnel pedonale, l’agorà sotterranea, il filo rosso attraverso il quale Napoli riabbraccerà il suo mare. Il futuro è il passato riveduto e corretto: basta pensare che anche il fossato del Maschio Angioino non sarà più lo stesso. Spostato in avanti, sarà quella parte della piazza sotterranea dove troveranno posto bar, ristoranti, locali commerciali e luoghi di aggregazione con vista mare. (Fonte: Il Mattino)

22/04/2004 UN PROGETTO URBANISTICO PER PIAZZA MUNICIPIO

Una a venti metri di profondità, l’altra in superficie: raddoppia piazza Municipio, quella presentata ieri da Alvaro Siza, l’architetto portoghese scelto dal Comune e in particolare da Rocco Papa il vicesindaco e assessore all’Urbanistica, per riportarla agli antichi splendori. Antichi perché Siza per ridisegnarla ha studiato la conformazione di quello spazio risalendo fino all’antichità, per arrivare poi all’età angioina quando lo «spazio» è divenuto piazza vera e propria. Epoche in cui attraverso il sito la città si collegava al mare. E questo ha progettato il professionista portoghese, che, nonostante sia considerato tra i principali esponenti «della metafisica e della lentezza» ha portato invece un progetto dal sapore rivoluzionario.
Il tunnel pedonale, l’agorà sotterranea, il filo rosso attraverso il quale Napoli riabbraccerà il suo mare. Il futuro è il passato riveduto e corretto: basta pensare che anche il fossato del Maschio Angioino non sarà più lo stesso. Spostato in avanti, sarà quella parte della piazza sotterranea dove troveranno posto bar, ristoranti, locali commerciali e luoghi di aggregazione con vista mare. Ma non è finita qui, perché Siza oltre a cambiare volto a piazza Municipio ha avuto un’altra missione, quella di disegnare le stazioni della linea 1 e della linea 6 del metrò che galleggeranno a quote diverse sotto il tunnel pedonale e che saranno uno dei principali nodi di interscambio dell’intera rete della metropolitana. Restituire la città al mare la parola d’ordine, ma anche pedonalizzare. Così via Depretis diverrà cieca, non ci sarà più accesso a piazza Municipio da quel lato. Le direttrici di attraversamento veicolare saranno due soltanto: la prima parte da via San Carlo e passa per via Medina. La seconda è costituita da via Marina. Dove in superficie viaggeranno solo i mezzi pubblici, i famosi jumbo tram. Sotto il mare, grazie al sottopasso di via Acton, il resto del traffico.
Sarà una piazza che guarderà al passato tanto che quello che emerge dall’antichità avrà un ruolo pregnante. Nel tunnel pedonale, che partirà dai giardini prospicenti Palazzo San Giacomo, troverà posto, anzi sarà un vero e proprio museo, quanto rinvenuto nei cantieri del metrò. Le tre barche di epoca romana gli attrattori principali. Una sarà appesa alla parete a mo’ di quadro, le altre poggiate al suolo. Nell’agorà sotterranea anche statue marmoree a grandezza d’uomo che riprodurranno fedelmente grandi capolavori dell’antichità. Il bastione del Maschio Angioino sarà visibile dall’interno della stazione della metropolitana che sarà arredata con i reperti archeologici emersi dagli scavi in corso.
Siza il «metafisico» lascia il segno anche per un’altra particolarità del suo progetto. Malgrado l’agorà sia venti metri sottoterra, sarà illuminata dalla luce del sole: pozzi e fenditure sono previsti a questo scopo. Se sotto sarà una piazza, sopra il percorso del tunnel pedonale sarà un lungo viale alberato fino al porto. Dove una rampa d’accesso al tunnel accoglierà i turisti. «Siamo un po’ commossi - spiega il sindaco - un buon architetto fa cose semplici e mi commuove l’uso costante della luce». Soddisfatto Papa, che vede così il disegno del waterfront concretizzarsi: «Siza recupera l’idea di fondo della piazza del collegamento della città con il mare, con il rispetto dei materiali, dei colori, della luce e dei reperti archeologici trovati. Dal punto di vista planimetrico la piazza è organizzata su due piani: uno alle attuali quote, l’altro all’altezza del fossato che diventa una grande piazza, di volume triplicato rispetto a quello attuale. L’ingresso della metropolitana non sarà più una discesa agli inferi ma sarà in quota».
Quanto ai tempi il vicesindaco è preciso: «L’intervento prevede la divisione della piazza in tre parti: la porzione antistante Palazzo San Giacomo si farà immediatamente, le altre due insieme, compatibilmente con i tempi della metropolitana, tutta la piazza sarà pronta per il 2008». Sessanta i milioni di euro a disposizione, frutto di fondi comunitari. (Fonte: Il Mattino)

03/04/2004 NUOVI RITROVAMENTI DAI CANTIERI DEL METRO'

Pezzo dopo pezzo sta venendo fuori il «Gymnasium» e anche ieri, come comunica la Soprintendenza, dal cantiere del metrò stazione via Duomo a piazza Nicola Amore gli archeologi hanno avuto sorprese. Perché dal terreno sono venute fuori altre parti di colonne di marmo, decorazioni risalenti al VI secolo d.C. che dovrebbero fare parte appunto del «Gymnasium». La localizzazione dei capitelli è in prossimità della fontana del 1300, cosa che confermerebbe come il tempio fu abbattuto piuttosto che raso al suolo da eventi naturali. E soprattutto c’è la conferma che scavando in quella direzione presto potrebbero venire alla luce altre tessere di questo mosaico vecchio di 2000 anni.
Ritrovamenti che sono salutati con piacere non solo dagli archeologi, ma anche dai tecnici della metropolitana. E questo per un motivo semplice, perché la Soprintendenza ha affermato che entro dicembre gli scavi saranno ultimati. Il ritmo con cui i reperti vengono recuperati va in questa direzione e quindi non ci saranno ulteriori rallentamenti per lo scavo del metrò. Anzi, vista la modifica attuata al progetto originario della stazione i due lavori procederanno in maniera parallela. Una volta recuperati tutti i pezzi del «Gymnasium», verranno restaurati e ricollocati dentro la stazione che sorgerà intorno al tempio ricostruito per intero dagli archeologi.
Novità arrivano anche dal cantiere del metrò di piazza Municipio dove la più piccola delle tre barche di epoca romana, rinvenute dove c’era il porto di Neapolis, è stata scavata del tutto. L’imbarcazione aveva a bordo un carico di calce al momento dell’affondamento. Al di sotto dei livelli di calce, la parte interna dello scafo non è risultata completamente conservata. In sostanza è in condizioni abbastanza critiche. Malgrado questo, stando a quanto trapela, gli studiosi hanno ricavato parecchie informazioni. Sembra che questa barca non fosse adibita per viaggiare in alto mare, ma piuttosto per trasportare grossi e pesanti carichi, come appunto la calce, da scaricare poi o su altre navi che avrebbero preso il largo oppure in zone non molto lontane dal porto.
Ora comincia la fase più delicata del lavoro, perché è in fase di elaborazione il progetto per l’asportazione della barca dal fondale marino sul quale è inglobata. Operazione per la quale è stata chiesta la collaborazione della soprintendenza per i beni archeologici della Toscana che collaborerà al restauro delle navi di età romana. In virtù delle competenze acquisite negli scavi delle navi romane a San Rossore, a Pisa. La collaborazione prevede, oltre la trasmissione agli operatori napoletani delle metodiche elaborate nello scavo di Pisa, anche il sollevamento delle imbarcazioni e il loro trattamento conservativo. I restauratori toscani, del resto, stanno già prendendo parte allo scavo. La soprintendenza fiorentina restaurerà anche i resti di una quadriga bronzea della prima età imperiale romana venuti alla luce nel 1739 nel corso degli scavi borbonici ad Ercolano. Alcuni frammenti della quadriga, che decorava un arco trionfale, subito dopo il rinvenimento furono rifusi per ricavarne un bassorilievo con i ritratti del re e della regina e, per evitare il ripetersi dello scempio, i frammenti residui vennero tenuti nascosti per anni. Nel 1756 venne ricomposta la figura di un cavallo, detto cavallo Mazzocchi, utilizzando anche resti di altre statue equestri provenienti da zone diverse di Ercolano. Altri frammenti della quadriga vennero alla luce nell’800 e in uno scavo del 1960. Il restauro si farà nei laboratori di Firenze.

24/03/2004 E' DI UN BOVINO LO SCHELETRO ANIMALE RINVENUTO

Non sono resti di un coccodrillo, bensì di un bovino, scarnificato probabilmente dopo la macellazione. Lo ha comunicato la soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta al termine degli accertamenti scientifici eseguiti sul reperto, rinvenuto nei giorni scorsi durante gli scavi per la realizzazione della stazione della metropolitana in piazza Municipio.
In una nota trasmessa al vicesindaco Rocco Papa, si precisa «che i resti dello scheletro animale rinvenuti nella giornata di venerdì scorso nell’ambito degli scavi di piazza Municipio appartengono alla carcassa di un bovino macellato». Secondo la soprintendenza si tratta, «come confermato dai paleozoologi che hanno esaminato i resti, di parte del tratto dorsale della colonna vertebrale di un bovino, gettata via dopo la scarnificazione».
L’attribuzione dei resti a un coccodrillo, ipotizzata in un primo momento, subito dopo il rinvenimento, fu messa in relazione con la leggenda secondo la quale tra il XIV e il XV secolo i nemici dei sovrani e gli amanti della regina Giovanna venivano dati in pasto al rettile venuto dall’Egitto. La leggenda resta tale: non si tratta dello scheletro di un coccodrillo, ma di quello di un bovino macellato. Probabilmente, se la notizia del ritrovamento archeologico fosse stata fornita alla stampa tempestivamente dagli organi preposti, non si sarebbe scatenato un vero «giallo» paleozoologico, tra polemiche, dibattiti e illustri pareri scientifici sul ritrovamento dello scheletro.  (Fonte: Il Mattino)

23/03/2004 RINVENUTO LO SCHELETRO DI UN ANIMALE IN PIAZZA MUNICIPIO

Potrebbe essere un delfino, oppure chissà cosa, resta il fatto che nei cantieri del metrò di piazza Nicola Amore e di piazza Municipio, ogni giorno escono fuori nuovi reperti. Paradossalmente un problema per gli archeologi, per la Soprintendenza, per i tecnici della metropolitana e per il Comune che devono fare i conti con l’aspetto sicurezza dei cantieri. Si spiega così la decisione del vicesindaco e assessore all’Urbanistica, con delega anche alle infrastrutture di trasporto Rocco Papa di promuovere un vero e proprio regolamento di accesso alle due aree, dentro le quali potranno entrare solo persone con apposite autorizzazioni. Ma c’è di più come spiega lo stesso Papa: «D’intesa con la Soprintendenza è stata prevista la redazione di un breve bollettino giornaliero dei lavori effettuati e degli eventuali ritrovamenti archeologici».
Un bollettino, dunque, per avvisare la città di nuovi eventuali ritrovamenti, a testimonianza di come i napoletani siano attenti e vogliano avere notizie sulla Napoli di 2000 anni fa che sta riemergendo dal sottosuolo pezzo dopo pezzo.
Sullo scheletro rinvenuto a piazza Municipio sembra farsi largo la tesi che non si tratti di un coccodrillo, la cui leggenda legata al Maschio Angioino è destinata a restare tale, una sorta di favola e nulla più. La pensano così, questo trapela, alla Soprintendenza anche se nessuno si sbilancia più di tanto in attesa di esami più approfonditi. C’è da dire, su questo punto, che gli zoologi della stazione marina Anton Dohrn hanno chiesto di visionare il reperto ma hanno ricevuto in rifiuto dalla Soprintendenza. Hanno strappato solo la promessa che in un futuro, non ben definito, uno sguardo potranno pure darlo, ma non subito. A testimonianza che il giallo sullo scheletro è tutt’altro che risolto. Un diniego che tuttavia non è piaciuto agli zoologi della stazione marina, fra le più antiche al mondo e fra le più titolate, che avrebbero voluto vederci chiaro subito. E vista la loro esperienza è indubbio che il mistero sarebbe stato risolto in poco tempo. Intanto sull’ipotesi dell’istituzione del museo dove collocare i reperti il sindaco è possibilista: «Vediamo la quantità di reperti che tireranno fuori e poi vediamo il da farsi». Una sede probabile potrebbe essere la chiesa dell’Incoronata a via Medina, almeno per il periodo del Maggio dei monumenti, che trova favorevole anche il soprintendente archeologico regionale Stefano De Caro per la vicinanza del sito al luogo degli scavi. C’è gran fermento intorno agli scavi, proprio alla vigilia della vista del ministro per i Beni culturali Giuliano Urbani. «Non so - conclude il sindaco - se vorrà rivedere gli scavi del metrò. Mi risulta che a Urbani piacerebbe visitare il teatro di via Anticaglia. E noi saremo ben lieti, se lo vorrà, di accontentarlo».
E il ministro è molto vicino alla città e agli scavi archeologici, ritenuti i più importanti in corso nell’intero Paese. tanto da avere dato già un parere favorevole all’allargamento della stazione di via Duomo in funzione dello scavo completo dello «Gymnasium». (Fonte: Il Mattino)

19/03/2004 STAZIONE PIU' AMPIA A PIAZZA NICOLA AMORE

La stazione di piazza Nicola Amore non verrà spostata, ma allargata. Questa la soluzione trovata per salvare gli scavi del metrò, ma soprattutto quelli archeologici. Una stazione più grande per fare in modo che oltre a ospitare i treni possa contenere per intero i ritrovamenti archeologici che stanno emergendo. Primo fra tutti il «Gymnasium», il tempio dei giochi olimpici napoletani che pezzo dopo pezzo sta venendo alla luce. E la novità di giornata è proprio questa, ormai gli archeologi sono sicuri che il tempio può essere scavato per intero, è stato individuato attraverso carotaggi nella parte del cantiere che si affaccia su via Duomo e verso la stazione centrale. E sarà quella l’area destinata a crescere nelle dimensioni. Una soluzione che comporta un nuovo progetto e anche una spesa maggiore di circa tre milioni di euro. Ma questo si sa, non dovrebbe essere un grande problema visto che il governo, con i ministri per le Infrastrutture Pietro Lunardi e per i Beni culturali Giuliano Urbani, ha grande attenzione verso il metrò napoletano e ha promesso, in caso di necessità, un intervento economico serio. Per ora non serve, la metropolitana è in grado di far fronte con mezzi propri. Tuttavia è annunciata entro questo mese, oltre la visita di Lunardi anche quella dello stesso Urbani.
La decisione è arrivata al termine di una lunga riunione tenutasi a Castel dell’Ovo nella sede della Soprintendenza fra il vicesindaco Rocco Papa, la Soprintendenza stessa e i dirigenti della metropolitana. Preceduta nei giorni scorsi da molte polemiche e prese di posizione spesso contrastanti fra i vari soggetti in campo. La reggente della Soprintendenza Valeria Sampaolo il 12 marzo era stata categorica: «Nessuna decisione sarà presa per i lavori della metropolitana se non dopo il completamento degli scavi». Vale a dire: gli archeologi devono completare il loro lavoro prima che il cantiere del metrò si possa rimettere in moto al ritmo giusto. La decisione dell’allargamento della stazione è la soluzione trovata come conferma il vicesindaco: «La positiva conclusione degli approfondimenti tecnici consente di coniugare l’esigenza della conservazione e del restauro dei recenti reperti archeologici con la necessità di completare la costruzione della Linea 1 del metrò». Tre i turni di lavoro per recuperare parte del tempo che si perderà, i ritardi nella consegna della stazione sono valutati in un anno. Gli archeologi dovrebbero terminare il loro lavoro entro la fine dell’anno. Novità anche per il cantiere di piazza Municipio, tramonta definitivamente il sogno di far riemergere una delle tre barche per il Maggio dei monumenti. Bisognerà attendere un po’ di tempo in più per la loro riemersione dal vecchio porto di Neapolis. La Soprintendenza ha informato Comune e Metronapoli che sarà la Soprintendenza Archeologica della Toscana a dare una mano ai tecnici napoletani. È stata messa a punto la metodologia di scavo e di recupero delle navi. Un lavoro che dovrebbe essere ultimato entro luglio. Una volta riportate alla luce le barche saranno restaurate. Due in un laboratorio classico, l’altra in una teca piazzata a piazza Municipio a mo’ di laboratorio trasparente visitabile da tutti.

13/03/2004 TEMPI LUNGHI PER LO SCAVO DELLE BARCHE

Anche la Soprintendenza, con Valeria Sampaolo, fa sentire la sua voce a proposito dei nuovi ritrovamenti archeologici nei cantieri del metrò di piazza Nicola Amore e piazza Municipio. E quello che emerge, è il caso di dire, è che se non si ultimeranno i lavori di recupero per i reperti non si potrà prendere alcuna decisione sul futuro delle due stazioni, né sui tempi di loro ultimazione. Se non è la conferma di uno stop dei cantieri c’è almeno la certezza di un rallentamento. C’è l’ammissione che i ritrovamenti sono straordinari, ma hanno provocato problemi: «E questo nella consapevolezza che senza la tecnologia messa a disposizione questi reperti non sarebbero mai emersi».
Tempi lunghi tanto che da piazza Municipio, malgrado la speranza di Palazzo San Giacomo sia ancora forte in questa direzione, difficilmente si tireranno fuori le imbarcazioni entro l’estate per esporle alla vista dei turisti e dei napoletani. Affermazioni, quelle della Sampaolo, fatte nel corso di un incontro alla facoltà di Architettura su «Neapolis e i reperti ritrovati in piazza Nicola Amore e in piazza Municipio», al quale ha partecipato anche Daniela Giampaola funzionario responsabile dei due cantieri. Con lei una folla di appassionati e specialisti come il preside di Architettura Benedetto Gravagnuolo, l’architetto Aldo Loris Rossi, la docente Teresa Colletta membro della Consulta della cultura e il soprintendente regionale Stefano De Caro. «In piazza Municipio - spiega la soprintendente - bisogna risolvere il problema della questione dei tempi per il recupero delle barche, una, due, tre o quante saranno, e la prosecuzione dei lavori per la metropolitana. Mettendo a punto i metodi di recupero delle barche. Su questo punto vogliamo utilizzare l’esperienza dei colleghi della soprintendenza di Firenze. E vogliamo esporre le barche in un museo, certamente non in un deposito. Ma il recupero delle barche non sarà rapido».
Poi la soprintendente passa al cantiere di piazza Nicola Amore, anche qui molti i nodi da sciogliere: «Più complessa è la vicenda di questo cantiere dove ci sono strutture immobili come i pavimenti. Comunque, nessuna decisione sarà presa per i lavori della metropolitana se non dopo il completamento degli scavi». Vale a dire, che se gli archeologi non finiranno il loro lavoro, e in piazza Nicola Amore la stratificazione storica è «complessa», gli scavi del metrò non potranno andare avanti. «La nostra indicazione su piazza Nicola Amore - prosegue la Sampaolo - è questa: far emergere i reperti, smontarli, per rimontarli in sito dopo la conclusione dei lavori per la stazione». Situazione difficile (il pericolo è la perdita di posti di lavoro) sulla quale molto probabilmente sarà chiamato a esprimersi anche il governo visto che amministrazione e soprintendenza hanno esigenze diverse oltre che punti di vista differenti. Sulla questione interviene anche il direttore tecnico della metropolitana Gianfranco Pomicino che così replica alla Sampaolo: «Gli scavi che stiamo facendo sono quelli della metropolitana, in cui sono previsti, ed erano previsti, anche quelli archeologici. Per ora le due cose coincidono. Per il futuro vedremo». (Fonte: Il Mattino)

11/03/2004 RINVENUTA LA TERZA BARCA

Tutto confermato: dal cantiere del metrò di piazza Municipio emerge anche la terza barca, quella conservata meglio di tutte e anche la più grande con i suoi 13,50 metri e larga 3,60. Si trova anch’essa nei pressi della banchina di ciottoli calcarei e pali lignei. I livelli stratigrafici che sono stati riportati alla luce fanno ritenere che l’imbarcazione risalga a un periodo compreso tra il I e il II secolo dopo Cristo. E forse, potrebbe essere proprio questa barca a finire nella teca che gli esperti francesi del laboratorio «Arc Nucléart» di Grenoble hanno avuto mandato di costruire. Il nuovo reperto è l’ennesima testimonianza che sotto la piazza giace per intero il porto di Neapolis, uno scalo che 2000 anni fa era tutt’altro che marginale per le rotte dell’impero romano. Un ritrovamento che ha messo in fibrillazione l’amministrazione e la sovrintendenza con un susseguirsi di riunioni. Interpellato al riguardo Stefano De Caro, il sovrintendente regionale ai beni archeologici ha puntualizzato: «Non mi occupo di barche, ma di programmazione economica».
La notizia della nuova scoperta è arrivata nella tarda mattinata di ieri, tanto che il vicesindaco Rocco Papa alle 12 si è precipitato al cantiere per un sopralluogo, con lui uno stuolo di tecnici della metropolitana e il presidente Giannegidio Silva accompagnato dal direttore tecnico dei lavori Gianfranco Pomicino. Il ritrovamento non è stata una sorpresa, anzi: di indizi nei giorni scorsi ce ne sono stati tanti. La certezza è arrivata quando lo scanner ha fotografato in maniera tridimensionale il reperto. A quel punto la sagoma della nave è stata individuata e già evidenziata nel cratere del cantiere.
Soddisfatto il vicesindaco il cui primo pensiero è stato quello di rasserenare le maestranze: «Non ci saranno rallentamenti dei lavori per la metropolitana, su questo posso tranquillizzare tutti». Sul ritrovamento è più esplicito: «Innanzitutto è la conferma che ci troviamo di fronte a una scoperta di tipo eccezionale, perché si tratta della conferma che il porto era un porto importante e molto attivo e che la sua localizzazione precisa è in quella zona della città. Poi c’è da dire che rispetto alle prime due imbarcazioni questa che sta emergendo, oltre a essere la più grande, è quella conservata meglio. Certo, toccherà alla sovrintendenza stabilire se sarà questa a essere esposta, ma abbiamo buoni motivi per ritenere che abbia le carte in regola. Del resto necessita di restauri più lievi rispetto alle altre due». Non a caso ieri a Palazzo San Giacomo si è tenuta una lunga riunione proprio per stabilire come fare la teca e dove collocarla. La tecnica che sarà usata è quella che Laurent Cortella dell’«Arc Nucléart» qualche giorno fa ha spiegato a «Il Mattino»: «Il cosiddetto sistema a ”pane di terra”, che considero più funzionale per la buona riuscita dell’intervento. Invece di tirare fuori le barche pezzo dopo pezzo, per ricostruirle altrove, si asporta tutto il blocco che le contiene e si provvede, poi, a una graduale eliminazione del terreno». Due mesi per tirare fuori il «pane di terra» poi i lavori per la teca, secondo Papa «per l’estate dovremmo regalare ai napoletani e ai turisti il magnifico spettacolo dell’imbarcazione». I costi dell’operazione dovrebbero aggirarsi sul milione di euro, ritenuti accettabili tanto dal Comune quanto dalla sovrintendenza.
Intanto a piazza Nicola Amore, sul lato occidentale dell’edificio di prima età imperiale è stato individuato un altro importante reperto: la struttura muraria di una scalinata, dalla quale sono stati asportati i gradini, mentre si conserva parte delle balaustre laterali in marmo.
La prossima settimana si deciderà il futuro della stazione del metrò di Piazza Nicola Amore. Nei prossimi 10 giorni è prevista una riunione fra Comune, Sovrintendenza e Metropolitana per decidere se spostare o meno il sito per favorire gli scavi archeologici. Oppure insistere su quella zona rallentando i lavori per il metrò per consentire agli archeologi di lavorare e di riportare alla luce un intero pezzo della Napoli di eta Imperiale. Giusto ieri sono stati fatti altri ritrovamenti. In quel cantiere la stratificazione è particolare, visto che oltre ai reperti di 2000 anni fa quotidianamente i tecnici fanno i conti anche con resti risalenti a età più recenti.
Situazione complessa, ma a Palazzo San Giacomo nutrono fiducia che si possa risolvere proprio nel corso del prossimo breefing. Spostare la stazione, oltre che il rifacimento dell’intero progetto, che comporterebbe una ulteriore perdita di tempo, costerebbe qualcosa come dieci milioni di euro. Soldi difficili da reperire, ma una missione comunque possibile.
Tuttavia l’orientamento dell’assessore all’Urbanistica Rocco Papa è un altro. Vale a dire modificare il progetto della stazione, variando la profondità piuttosto che farne uno ex novo in altro luogo, magari più a ridosso di via Duomo. Operazione tecnicamente fattibile e che soprattutto non coinvolgerebbe il livello politico nella decisione, cosa che impantanerebbe i lavori per i tempi lunghi che richiederebbe. Alla vicenda è molto attento anche il governo, che con il ministro ai Beni culturali Giuliano Urbani monitorizza quotidianamente la situazione ed è pronto a dare il suo il contributo.
Secondo l’amministrazione modificare solo il progetto della stazione e non la sua localizzazione in funzione degli scavi è possibile. Basterebbe, per esempio, costruire degli ascensori in luogo delle scale mobili per recuperare lo spazio necessario che da un lato consentirebbe il prosieguo dei lavori del metrò e dall’altro quello degli archeologi. Su questa materia verterà la discussione la prossima settimana che in ogni caso, sarà definitiva, cioè si saprà cosa s’intende fare a piazza Nicola Amore. La sensazione è che la stazione non verrà spostata, troppo rischioso anche da un punto di vista del rallentamento dei lavori per il metrò che potrebbe far perdere posti di lavoro in attesa della sua nuova localizzazione. Per questo Comune, Sovrintendenza e metropolitana sono chiamati a trovare una soluzione che salvi entrambi gli scavi. «I problemi tecnici si risolvono sempre - trapela dal Comune - quelli politici invece è più difficile». (Fonte: Il Mattino)

09/03/2004 PROSEGUONO I LAVORI PER RIPORTARE ALLA LUCE IL GYMNASIUM

Ancora due settimane di scavo, nel cantiere di piazza Nicola Amore, per avere le idee chiare sull’edificio di età imperiale riemerso durante i lavori del metrò. E ogni giorno che passa un nuovo tassello architettonico in perfetto stato di conservazione si aggiunge al disegno dell’imponente struttura giulio-claudia, tempio per il culto augusteo oppure gymnasium: frammenti del frontone, pezzi delle colonne, parti del pavimento a mosaico che - secondo gli esperti - si poggia su una base ancora più antica. Ed è proprio su questo strato che ora si concentra l’attenzione dei tecnici. «Una volta riportato alla luce il precedente piano di calpestìo sul quale è stato costruito il monumento - spiega il soprintendente archeologico regionale Stefano De Caro - avremo una visione esatta della stratigrafia dei luoghi e potremo fare le giuste valutazioni in tema di restauro e conservazione dei reperti».
In piazza Municipio, intanto, due barche romane e i frammenti di una terza aspettano il momento buono per rivelarsi agli occhi del mondo. Due settimane fa il sopralluogo degli esperti del laboratorio «Arc Nucléart» di Grenoble, già incaricato del recupero dei relitti nel sito archeologico di Pisa-San Rossore. A che punto siamo? Le imbarcazioni saranno tirate fuori e sistemate in una teca trasparente, come aveva annunciato il Comune, oppure si studiano altre soluzioni? «L’intervento non è semplice - precisa Laurent Cortella, componente dell’equìpe di specialisti francesi - da parte nostra, abbiamo suggerito tre modalità di lavoro per il sollevamento e il trattamento degli scafi perché il legno non si deteriori a contatto con l’atmosfera. Uno è quello attuato a Pisa dopo una prima sperimentazione negli scavi di Ercolano, con la tecnica del ”guscio chiuso”. Il fasciame, ricomposto all’interno di una struttura in stagno e resina, viene ”nutrito” con una soluzione d’acqua e polietilene glicol per tutto il tempo necessario a consolidare la struttura. Con questo sistema, però, non sarebbe possibile assistere dall’esterno alle varie fasi del restauro, così come vorrebbero i vostri amministatori». La seconda possibilità? «Il guscio semiaperto. Che, comunque, non saremmo orientati a posizionare nei pressi del cantiere». Terza ipotesi? «Il cosiddetto sistema a ”pane di terra”, che personalmente considero più funzionale per la buona riuscita dell’intervento. Invece di tirare fuori le barche pezzo dopo pezzo, per ricostruirle altrove, si asporterebbe tutto il blocco che le contiene e si provvederebbe, poi, a una graduale eliminazione del terreno».
Quanto ai tempi e ai costi dell’operazione, Cortella precisa che «non è stato ancora preso un impegno ufficiale con la soprintendenza, il Comune e la società Metropolitana. A noi interessa molto svolgere questo lavoro, ma nessuno ci ha dato conferma sul conferimento dell’incarico. La vostra amministrazione è orientata a fissare una scadenza nel breve termine, possibilmente prima dell’estate, ma la definizione del calendario dipende molto dalla tecnica scelta. In linea di massima, se avremo la disponibilità del personale necessario compatibilmente con tutti gli altri impegni del nostro laboratorio, possiamo impiegare un mese per il sollevamento e almeno tre o quattro mesi per avviare il trattamento del fasciame, che per avere un buon effetto dovrebbe proseguire per circa due anni. Della questione economica non si è ancora parlato. Non ritengo, comunque, si possa scendere al di sotto del milione di euro. Restauro escluso: noi non siamo archeologici, siamo esperti nella rimozione e nella conservazione del materiale estratto dagli scavi».
Ufficialmente i giochi sono fermi, in attesa del parere definitivo degli archeologi. Ufficiosamente si attende la trasferta romana del soprintendente regionale Stefano De Caro, che nei prossimi giorni presenterà la sua relazione al comitato tecnico del ministero perché si prenda, in quella sede, la decisione definitiva sul futuro della stazione di piazza Nicola Amore.
Sulla variante al progetto della fermata Duomo per consentire il recupero e la valorizzazione dei reperti non c’è mai stata perfetta identità di vedute. L’ipotesi di uno spostamento della stazione piace agli esperti di cose antiche, molto meno a chi si pone l’obiettivo di completare la ferrovia sotterranea senza andare troppo oltre la prevista tabella di marcia. L’ostacolo potrebbe essere aggirato con la previsione di uno scavo su due livelli, che in termini economici corrisponde a un aumento dei costi pari a circa 15 milioni di euro e in termini tecnici pone, comunque, una serie di problemi piuttosto delicati. Primo fra tutti, la messa in sicurezza delle aree che circondano il cantiere con un sistema di paratìe parallele in grado di scongiurare ogni rischio di smottamento del terreno. Alla luce di queste considerazioni non può considerarsi un fatto casuale, né una semplice visita di cortesia, il recente sopralluogo dell’ingegnere Goffredo Lombardi, responsabile del dipartimento difesa del suolo, già impegnato nel difficile compito di «sollevare dal baratro» il manto stradale di via Settembrini.
L’ultima parola spetterà dunque a Roma, come ha avuto modo di sottolineare il ministro Giuliano Urbani prima della sua visita nei cantieri del metrò: «Spostare la stazione? Non è escluso. Aspettiamo che gli archeologi completino il loro lavoro: poi, dal momento che si tratta di scelte molto delicate, affideremo la decisione al comitato di settore, che è il nostro massimo organismo tecnico, una specie di corte di cassazione di materia di beni culturali». E proprio in sede di comitato, nei prossimi giorni, sarà chiamato a rappresentare il suo pensiero il soprintendente archeologico regionale Stefano De Caro.
Due settimane ancora, fanno sapere gli addetti ai lavori, e avremo le idee chiare sull’edificio imperiale di piazza Nicola Amore. Il monumento sta venendo fuori in ottime condizioni, più di quanto fosse possibile immaginare quando ne sono state individuate le prime tracce, e si fa sempre più pressante l’esigenza di non spostarlo per non mettere a rischio le strutture architettoniche e i preziosi mosaici pavimentali. Due settimane ancora, aggiunge il presidente della Metropolitana ingegnere Giannegidio Silva, e sarà possibile sedersi di nuovo intorno al tavolo per prendere una decisione definitiva: «Per quanto ci riguarda - precisa - siamo pronti a riscrivere il progetto della stazione Duomo. Quello che sta venendo fuori dal cantiere rappresenta qualcosa di eccezionale, non possiamo non tenerne conto». (Fonte: Il Mattino)

27/02/2004 NON E' DI NERONE LA TESTA RINVENUTA, STRAPPO COMUNE-SOPRINTENDENZA

Da tempo c’è freddezza fra Palazzo San Giacomo e la sovrintendenza archeologica, nonostante lo scavo della metropolitana con i cantieri di piazza Nicola Amore e piazza Municipio stia contribuendo a far venire alla luce i tesori dell’antichità. Questioni di approccio alla materia diametralmente opposte alla base del mancato feeling. Ieri, tuttavia, c’è stato qualcosa di più. Valeria Sampaolo, sovrintendente reggente per i beni archeologici di Napoli ha organizzato un convegno dove ha illustrato attraverso diapositive i recenti ritrovamenti nei due cantieri, ma al tavolo non c’era nessuno del Comune, semplicemente perché non invitato. Spiega bene come stanno le cose Rachele Furfaro, assessore alla Cultura: «Credo che se accade una cosa del genere in città, come il ritrovamento di simili tesori, come minimo l’assessore alla Cultura debba essere invitato e invece così non è stato».
Uno strappo vero e proprio quello consumatosi ieri che fa seguito ai mille piccole tensioni di queste ultime settimane, ultimo in ordine di tempo l’assenza anche di Giulia Parente, assessore ai Grandi Eventi, che comunque era attesa al convegno. Dissidi nati, oltre che sulla modalità, su come proseguire lo scavo anche per le modalità di comunicazione. Con il Comune che spende centinaia di milioni di euro per il metrò e, causa i ritrovamenti, vorrebbe dire alla città cosa sta emergendo per giustificare i ritardi con i quali termineranno i lavori. E dall’altro lato la sovrintendenza che invece ritiene di tenere «nascosti» quei tesori per necessità didattiche e di studio.
Tant’è, ieri la Sampaolo ha intanto chiarito che la statua ritrovata a piazza Nicola Amore, la testa marmorea, non raffigura Nerone. «Più probabile che si tratti di un altro esponente di spicco della gens Giulio-Claudia, forse del nipote di Augusto, Germanico, o di un fratello dell’imperatore Caligola». Nerone o no, il ritrovamento di piazza Nicola Amore costringerà i tecnici ad una serie di accorgimenti nel prosieguo dei lavori del metrò: «Di certo la stazione Duomo non verrà spostata, non ci sono gli spazi. Ci saranno degli adattamenti al progetto per consentire la convivenza del moderno con l’antico che esisteva e che merita di essere conservato sul posto. Pensiamo, per esempio alla eliminazione delle scale mobili». Anche sui tempi di realizzazione ci potrebbero essere novità: l’idea è di smontare i reperti trovati, in particolare le mura e i resti dell’edificio, salvo ricollocarli a stazione ultimata nel posto in cui sono stati rinvenuti. Escamotage che consentirebbe ritardi minori rispetto a quelli prospettati. «Con il prosieguo degli scavi - conclude la Sampaolo - ci aspettiamo nuove scoperte: in particolare, da Piazza Municipio altri elementi caratterizzanti del porto. Per piazza Nicola Amore pensiamo che dovrà emergere l’edificio, il gymnasium, e la piazza antistante nella sua interezza. Gli scavi dovrebbero essere completati entro la fine dell’estate».

20/02/2004 SCOPERTA UNA TESTA: RAFFIGURA NERONE?

Ancora un importantissimo ritrovamento archeologico nei cantieri del metrò di piazza Nicola Amore. Una testa marmorea che potrebbe raffigurare Nerone, è venuta alla luce dagli scavi. 
A favore dell'identificazione con Nerone gioca la datazione della statua attribuibile al 50 d.C. Qualche dubbio invece riguarda la barba e la capigliatura che non corrisponde esattamente alla classica iconografia dell'imperatore, anche se potrebbe trattarsi di una raffigurazione più giovanile. Dal punto di vista storico, il ritrovamento costituirebbe una testimonianza che l’area di scavo (dove già è venuto alla luce l’edificio del gymnasium) era sicuramente un luogo di culto imperiale. Naturalmente il prosieguo degli scavi potrebbe portare a nuovi ritrovamenti in tal senso. E' anche significativo che il rinvenimento sia avvenuto poco lontano dal teatro dove intorno al 60 d.C., Nerone si esibì in performances canoro-musicali. 
E si racconta che durante l'esibizione il teatro crollò, ma non per la sua esibizione, bensì per una violenta scossa di terremoto. La scoperta della testa marmorea apre nuovi scenari sul passato di Napoli: dopo anni di studi, ricerche e intuizioni finalmente molte domande potrebbe trovare una risposta. Resta aperto pertanto il discorso su come portare avanti lo scavo e, soprattutto, cosa comporterà una tale scoperta sul futuro dei lavori del metrò. Perché, mentre finora si pensava di trovarsi di fronte al rinvenimento di un edificio (il gymnasium) abbattuto volutamente dagli antichi e pertanto privo di qualsiasi statua, ora si pensa che l'edificio possa essere crollato in conseguenza di un evento disastroso (terremoto, alluvione, ecc.) e pertanto lo scavo potrebbe nascondere ulteriori statue ed oggetti. La soluzione che il Comune vorrebbe portare avanti è quella di continuare i lavori lasciando per ultima la stazione di Piazza Nicola Amore in attesa della conclusione degli scavi archeologici. Si tratta di una soluzione che creerebbe meno problemi per i lavori del metrò, ma naturalmente andrebbe valutato se i reperti potrebbero restare interamente in situ. In alternativa si potrebbe spostare la stazione di Piazza Nicola Amore, soluzione che non intaccherebbe gli scavi archeologici, ma farebbe lievitare costi e tempi per la stesura di un nuovo progetto. Ci sarebbe anche una terza via, la più utile per gli archeologi: portare a un livello di profondità diverso lo scavo della stazione. Anche qui il ragionamento tecnico da fare non è facile, perché bisogna considerare che la profondità attuale è già di cinque metri sotto il livello del mare. Tuttavia in questo modo gli archeologi potrebbero arrivare fino al tufo e quindi esplorare l’intera stratificazione della città.
In piazza Municipio, invece, lo scenario è diverso: c’è il progetto per istallare in una teca di vetro la barca ritrovata. Tanto che il Comune ha già preso contatti con le compagnie navali del settore crocieristico per concordare con loro un tour archeologico per il Maggio dei monumenti.

12/02/2004 I REPERTI A SECONDIGLIANO

Mentre il ministro per i Beni e le Attività culturali Giuliano Urbani ha garantito l’intervento del Governo per il completamento dei lavori di scavo e la sistemazione delle aree archeologiche emerse dai cantieri della linea 1 della metropolitana, il Comune ha concesso in comodato d’uso gratuito alla soprintendenza per Beni Archeologici un edificio situato nel Deposito officina di Secondigliano di circa 1.000 metri quadrati per ospitare i reperti rinvenuti.
Il provvedimento era stato già reso noto lo scorso gennaio in occasione del ritrovamento dell’imbarcazione romana negli spazi della stazione Municipio “A breve - annuncia il vice sindaco Rocco Papa - sorgerà un museo annesso alla stazione che sul modello dell’esperienza ateniese, ripercorre la storia e il tracciato della città, mentre i reperti di verranno trasferiti nella periferia nord in un laboratorio di restauro, e una volta recuperati, sistemati nel museo di prossima apertura”.
Gli spazi messi a disposizione della Sovrintendenza saranno utilizzati per la custodia, la catalogazione ed il restauro dei reperti archeologici rinvenuti negli scavi per la realizzazione delle stazioni del metrò. (Fonte: Il Mattino)

30/01/2004 SPUNTANO LA TERZA BARCA ED UNA NECROPOLI

Emergono anche le tracce di un'altra barca dai lavori di scavo per la stazione della metropolitana in Piazza Municipio a Napoli. Adesso le barche romane saranno tirate fuori, sistemate in una grande struttura trasparente a pochi passi dalla futura stazione e restaurate sotto gli occhi dei cittadini e dei turisti.
Nel frattempo in Piazza Nicola Amore (dove sono già emersi i resti dell'antico gymnasium, l'edificio pubblico che i greci destinavano a luogo di formazione per i giovani) gli operai hanno riportato alla luce un'anfora funeraria contenente lo scheletro di un bambino. Il ritrovamento dello scheletro di bambino in piazza Nicola Amore potrebbe lasciar pensare alla presenza di una necropoli. Lo scheletro è stato rinvenuto in un’anfora di terracotta tagliata a metà. Si tratta di una tecnica di sepoltura infantile detta ”enchitrismos” che per tradizione risale ai tempi degli antichi greci ma è stata utilizzata anche nella Roma imperiale e nei secoli successivi. Pur essendo Napoli di origine greca, è il primo reperto del genere che viene alla luce in città. (Fonte: Il Mattino)

15/01/2004 RINVENUTA LA SECONDA BARCA

Ancora un nuovo sensazionale ritrovamento dal cantiere del metrò di Piazza Municipio a Napoli. A poca distanza dalla barca rinvenuta capovolta poco tempo fa, è affiorata la sagoma di un secondo natante, uguale al primo. Il ritrovamento di questo secondo natante, mette in moto tutta una serie di ipotesi sull'utilizzo di queste imbarcazioni, considerate le dimensioni quasi identiche:dieci metri di lunghezza per due di metri di larghezza, e fa pensare a una flottiglia di scafi, dallo scarso pescaggio, che in epoca romana avrebbero fatto la spola tra il naviglio da trasporto pesante, all'ancora in acque profonde, e i moli del porticciolo dell'antica Neapolis. Al recupero dei legni, adesso, dovrebbero provvedere i tecnici che hanno riportato alla luce le navi pisane. Le primissime indagini sugli oggetti trasportati da quest'altra imbarcazione, hanno evidenziato la presenza di vasi, ceramiche, gioie e monili, suole di scarpe, pezzi di corda.
Dal "pozzo" di Piazza Nicola Amore, invece, è spuntato un tratto di pavimento che i tecnici hanno ritenuto fosse quello posato all'ingresso del Gymnasium: quella sorta di tempio dello spirito e del corpo, usato dai giovani sia come palestra per svolgere esercizi fisici che come luogo d'eccellenza dove ascoltare filosofi, pesantori, letterati e poeti o esercitarsi nella musica. Tutti i reperti, a partire dalla fontana medioevale, per continuare con gli elementi recuperati nella necropoli, saranno rapidamente restaurati. Per quelli che dovranno necessariamente rimanere in situ, si sta pensando a un percorso pedonale che darebbe la possibilità di ammirarli nonostante i cantieri siano ancora attivi.

06/01/2004 RIAFFIORA IL PORTO ROMANO SORPRESA DAGLI SCAVI PER IL METRO'

C' era una volta, secondo alcuni qui, secondo altri là, il porto di Napoli antica. Mille e ottocento anni dopo gli archeologi, scavando con le squadre della metropolitana la stazione di piazza Municipio, 13 metri sotto il piano di calpestio e 3 e mezzo sotto il livello del mare isolato grazie a enormi paratie stagne, hanno ritrovato la linea di costa perduta. Per anni c' erano state tre diverse ipotesi sulla ubicazione dello scalo per i vivaci commerci di Neapolis: secondo alcuni c' era un porto solo, e si trovava tra piazza della Borsa e l' Università. Secondo altri, i bacini erano due, uno in piazza Municipio e l' altro tra via Depretis e via Marittima. Per altri ancora, il porto era verso l' attuale Castel dell' Ovo. Solo ipotesi. Lo storico crociano Bartolommeo Capasso e l' archeologo Mario Napoli ci erano andati più vicino, ma il primo aveva sbagliato la datazione: pensava fosse durato di più, invece i commerci neapolitani dopo tre secoli si spensero, con la crisi dell' Impero romano. Ora, finalmente, la risposta. Passava in mezzo alla piazza, a pochi metri dal Maschio Angioino (che sarebbe stato costruito mille e 200 anni dopo) e proprio sotto la statua equestre di Vittorio Emanuele c' era il punto più basso, punteggiato di pali di legno che nel tempo avevano sorretto più di una banchina. Proprio lì, dritta dritta, era affondata una barca da carico di nove metri per due, che da quasi duemila anni poggia su un fondale che restituirà frammento per frammento la vita quotidiana di una città. Perdevano di tutto, in mare, gli antichi. Si son trovate suole in cuoio di calzari romani infossate nel fango. Circa 200 reperti, residui di operazioni di carico e scarico: monete, «sigillate» corinzie con decorazioni a rilievo di scene bacchiche, bottiglie di vetro tappate col sughero, balsamari che, analizzati, racconteranno lo Chanel delle matrone, una grande quantità di ceramica ben conservata: pentole di terracotta, anfore che aggiungeranno novità alla storia del vino, e coppe di produzione africana che si erano rotte cadendo in acqua. Ed ancora, attrezzi da marinaio persi tra i flutti: aghi per rammendare le reti, cime, piccoli arpioni di legno per la pesca, anelli forse per assicurare le vele al sartiame, quelli che in gergo marinaro si chiamano garrocci, ancore romane in pietra a due fori e lucerne di antiche lampare. In barba alle teorie sul biodegradabile è rimasto tutto com' era. Dopo il ritrovamento di Pisa del ' 98 a Pisa, quando vicino alla stazione furono trovati l' antico porto etrusco-romano e 16 imbarcazioni, quello di Napoli è tra i più importanti. Fu all' inizio del 400 d.C. che il porto cessò di esistere, si impaludò e nel VII secolo fu coperto da una strada. «L' attuale piazza - spiega il soprintendente regionale, l' archeologo Stefano De Caro - era un' insenatura orientata a nord-ovest/sud-est. Dallo scavo di piazza Bovio si può ipotizzare che forse un unico grande bacino allungato tra piazza Municipio e piazza Bovio si andò frantumando in due o più insenature a seguito dei fenomeni marini. Fu interrato - prosegue De Caro - al ritmo di un metro al secolo per mancata manutenzione e crisi dell' Impero». La scoperta si deve a due donne: le archeologhe Daniela Giampaola, che dirige lo scavo, e Maria Vittoria Carsana. «Lo scavo della metropolitana - spiega Giampaola - è stata un' occasione unica. Il nucleo greco-romano è rimasto più o meno delle stesse dimensioni per molti secoli, in età angioina, aragonese e vicereale, come un gioco di scatole cinesi». «L' intervento, che ha visto d' accordo Comune e società Metropolitana Spa, ci ha resi il fiore all' occhiello dell' archeologia italiana - osserva Bruno D' Agostino, ordinario all' Istituto Orientale e teorico dell' archeologia urbana - Si è lavorato bene anche a Pavia e a Roma, ma il quadro napoletano, complicato dalla stratificazione e dalla difficoltà ambientale, ha dato risultati insperati». Nessun blocco, i lavori riprendono in questi giorni. Bisognerà recuperare i reperti, che vengono costantemente bagnati per evitare che l' ossigeno si deteriori. La barca sarà tirata in superficie immersa in una vasca di vetroresina piena d' acqua che le verrà costruita intorno per evitarle shock. Il fondale dell' antico mare, che si trova nel pozzo della galleria del metrò, è condannato a sparire, ma nei «mezzanini», i percorsi pedonali della stazione, sarà leggibile come per il metrò di Atene la stratificazione di età, straordinario regalo di Natale degli archeologi alla città. (Fonte: Stella Cervasio su La Repubblica)

I PRIMI RITROVAMENTI: UNA BARCA ED UN EDIFICIO

E' accaduto tutto a fine del 2003. Durante gli scavi per la costruzione della stazione della metropolitana di Piazza Municipio, sono venuti fuori reperti romani. Il successivo scavo ha permesso di individuare un'antica insenatura che si insinuava in un remoto cratere vulcanico fino all'interno dell'attuale Piazza Municipio. In tal modo è stato possibile ricostruire l'antica linea di costa di questa zona ove sorgeva un impianto portuale di Neapolis. La sistemazione dell'area risale al II secolo d.C. Ma il reperto più interessante è sicuramente una barca, lunga 10 metri, rinvenuta capovolta e straordinariamente simile a quella rinvenuta nel 1982 di Ercolano. La scoperta della linea di costa era prevedibile ma senza i lavori di scavo della metropolitana non sarebbe stato possibile portare alla luce i resti.
L'area dello scavo è in una zona fangosa dove si scorge il profilo della antica barca affondata che verrà portata alla luce interamente entro sei mesi. Tutt'intorno si scorgono pali lignei, praticamente integri, conservati perfettamente dalla presenza dell'acqua, una serie di banchine dove venivano ancorate le imbarcazioni. Infine la linea di approdo disseminata di vasi ed anfore, alcune delle quali ancora sigillate col tappo di sughero. Ovviamente si spera di continuare gli scavi più in profondità per ritornare ancora più indietro nel tempo. Il progetto potrebbe essere quello di creare un museo di esposizione all'interno della stessa stazione di piazza Municipio, dove ospitare la grande quantità di reperti. Grazie ai rinvenimenti è stato ricostruito l'antico profilo della costa in questa zona: il mare si insinuava in un cratere che sorgeva accanto all'attuale Maschio Angioino. Si trattava di una baia protetta che consentiva l'approdo in tutta tranquillità. Il mare si è poi ritirato nel corso dei secoli, interrato da dilavamenti e frane e nel sesto secolo venne costruita una strada.

A poca distanza da Piazza Municipio, nel cantiere per la costruzione della stessa metropolitana a Piazza Nicola Amore, ancora testimonianze della Napoli antica. Qui sono emersi i resti di quello che era un imponente edificio pubblico, edificato in epoca augustea probabilmente per i giochi Isolimpici. Nello stesso scavo, a pochi metri di distanza, è venuta alla luce una bellissima fontana in marmo del 1200, con graffiti raffiguranti barche che navigano verso un castello.