I RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI NEI CANTIERI DEL METRO' A NAPOLI
La cronaca delle scoperte dal 2003
ad oggi
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26/07/2008
I tesori che hanno fermato i cantieri: l'antico porto della città e una
necropoli
Il primo reperto è virtuale, ma un´indicazione di
importanza capitale per la cartografia antica della città. La linea di costa
nel II secolo d. C.: il mare entrava fin dentro un cratere prossimo a Castel
Nuovo. Ma i reperti ci sono eccome: due barche di dieci metri ciascuna,
"navette" tra le navi da carico ferme in rada e i moli del porto di Neapolis.
E una terza, la più grande, da 13 metri e mezzo per oltre tre metri, chiglia
larga e prua piatta: si rivelerà un unicum nell'archeologia dell'antica
Roma.
Un giorno di tramontana gelata dell'inverno 2003-2004 la grande buca di
piazza Municipio viene aperta per mostrare alla stampa internazionale
l'antico porto della città e i primi resti di un´altra civiltà venuti alla
luce con gli scavi della metropolitana. Una barca, poi, a gennaio, l´altra.
Lo scenario del porto che appare agli occhi dei giornalisti e dei primi
studiosi è perfetto come una ricostruzione: nell´area fangosa i resti di
anni di trasporti prima dell´abbandono dell´approdo caduto in disuso con il
mare che nei secoli successivi si è ritirato e l´interramento della baia. Ci
sono anfore alcune ancora con i loro tappi di sughero, ceramiche, gioielli,
suole di calzari, pezzi di corda. Cose senza importanza, paragonate alla
Venere di Milo? Non si ragiona così, in archeologia. La veduta d´insieme è
formata dai dettagli, da un´analisi che potrebbero fare gli archeologi come
gli scienziati dei telefilm di "Csi": la ricostruzione storica è fatta anche
grazie alle tacche sui paletti, che provano il mare fin dove arrivava, e
altre sottigliezze che non tutti possono capire o trovare interessanti. Ma
che sono utili alla storia.
Nell´altro cantiere dove si prevedevano ritrovamenti, in piazza Nicola
Amore, emerge quello che, dal pavimento, doveva essere un edificio pubblico
di età augustea, un tempio interno a un complesso sportivo, ed anche una
fontana in marmo medioevale, che risale al XIII secolo, con graffiti
raffiguranti barche dirette verso un castello. E c´è anche una necropoli con
un´anfora funeraria che contiene lo scheletro di un bambino: sepoltura "a
enchytrismos", presa in prestito dai greci. È il "palinsesto di Napoli": non
c´entrano niente i programmi tv, palinsesto è stratificazione di epoche,
roba fondamentale per capire come stavamo messi un migliaio di anni fa. Ora
si lamenta lentezza nel procedere dei lavori, ma all´epoca delle scoperte il
ministro per i Beni e le Attività culturali Giuliano Urbani (Forza Italia)
assicurò l´intervento del governo Berlusconi per il completamento dei lavori
di scavo, mentre il Comune concesse subito in comodato d´uso gratuito alla
Soprintendenza per i beni archeologici una parte dei suoi depositi a
Piscinola per contenere i reperti e climatizzare le barche con tecnologie
avanzate. A febbraio 2004 nel cantiere di piazza Nicola Amore una nuova
sorpresa dal passato: una testa che raffigura un personaggio di spicco della
gens Giulio-Claudia.
A maggio ancora due capitelli del tempio di piazza Nicola Amore: parti di
colonne del tempio e un doccione, canale di scarico di una grondaia di
solito decorato con figure fantastiche o teste di animali. A giugno 2006
tocca a piazza Municipio rivelare Castel Nuovo in un contesto diverso dal
solito ma molto simile a quello che mostrava la quattrocentesca Tavola
Strozzi, veduta della città dal mare. Mura merlate, resti di case,
abitazioni di principi angioini verso via Medina, con raffinate pitture
murarie. Sarà sacrificato in gran parte, questo pezzo di una città
sconosciuta ma bellissima - come ha detto l´archeologo ora direttore
generale per l´Archeologia al ministero per i Beni culturali Stefano De
Caro, che degli scavi per la metropolitana sa tutto l´iter - un iter che ha
attraversato le sue due soprintendenze, quella napoletana e quella
regionale. Messo in salvo, tuttavia, dal lavoro di documentazione senza il
quale si sarebbe perso un pezzo importante di storia di Napoli. (Fonte:
Stella Cervasio su La Repubblica) |
26/07/2008
NAPOLI, DAGLI SCAVI DEL METRO'
ANCHE UNA MURAGLIA BIZANTINA
Arriva un commissario per i lavori nella metropolitana di
Napoli. Approda in città un altro registra super partes, con fondi e poteri
eccezionali. Questa volta l´uomo del governo dovrà velocizzare, snellire e
migliorare i rapporti tra Comune, Metropolitana e Soprintendenza, per
realizzare le linee della metro il più rapidamente possibile, valorizzando,
allo stesso tempo, il patrimonio archeologico che emerge durante i lavori. I
tempi sono stretti. Si parla di una nomina il primo agosto, nel prossimo
Consiglio dei ministri.
A innescare il meccanismo per l´arrivo del commissario è stata la scoperta,
la scorsa settimana, di preziosi reperti negli scavi della stazione
"Università" della Linea 1 della Metropolitana, in corso sul versante nord
di piazza Bovio. Si tratta dei resti di una fortificazione bizantina,
realizzata con elementi architettonici provenienti da un monumento pubblico
di età imperiale (II secolo d.C.), tra i quali due rare lastre figurate, le
prime di questo tipo ad essere ritrovate nell´area di Napoli, che
rappresentano una scena di sacrificio alla presenza dell´imperatore e
l´altra un gruppo di legionari e di togati. La fortificazione può essere
identificata con quella, ricordata dalle fonti storiche, costruita dal
generale Narsete, dopo la fine della guerra greco gotica, poco lontana dal
porto.
Il sindaco Rosa Russo Iervolino ha raccolto un dossier «con le foto di
fregi, capitelli, colonne a stanze affrescate» e ha scritto un´accorata
lettera al ministro per i Beni culturali, Bondi. «La nostra città ha urgenza
di finire i lavori della metropolitana - spiega il sindaco- ma ogni volta
che ci mettiamo al lavoro troviamo reperti archeologici di grandissimo
valore e dobbiamo fermare tutto». La Iervolino sogna una «metropolitana
dell´archeologia che passi in mezzo agli scavi».
E il ministro della Cultura ha risposto subito all´appello. Bondi ieri ha
proposto al presidente del Consiglio la nomina del commissario per i lavori
delle metropolitane di Napoli e Roma, in base alla legge 400 del 1988, un
commissario con «funzioni di impulso e di coordinamento» per tutte le
procedure relative alla costruzione delle metro delle due città. E ha
annunciato: «Potrebbe essere nominato già nel prossimo Consiglio dei
ministri, il primo agosto». È stato proprio il ministro a spiegare di aver
ricevuto una lettera del sindaco di Napoli e di essersi attivato subito,
dopo averne parlato anche con il sindaco di Roma Alemanno. L´operazione è
gestita in prima persona da un altro commissario (ma nelle vesti di capo di
Gabinetto del ministro) Salvo Nastasi, commissario straordinario del teatro
San Carlo. (Fonte: Cristina Zagaria su La Repubblica) |
06/08/2007 LE NAVI DEL PORTO DI NEAPOLIS ERANO DI LEGNO D'ABETE
Perché potessero tenere meglio il mare, anche se il lavoro che
dovevano fare era solo quello di trasbordare fino al porto
dell’antica Neapolis i carichi dalle navi di grosso pescaggio
ancorate al largo, i maestri carpentieri quei barconi li avevano
costruiti quasi interamente con legno d’abete. Conoscenza delle
proprietà del materiale, impermeabile e resistente all’aggressione
dell’acqua salmastra, oltre a facilità di reperire la materia prima,
furono gli elementi che indirizzarono la scelta verso quella materia
prima. La scoperta è stata fatta dagli scienziati della facoltà di
Agraria della Federico II, a Portici, che hanno avuto dalla
Soprintendenza archeologica di Napoli il compito di analizzare i
materiali di cui erano fatti i natanti, trovati durante gli scavi
del cantiere del Metrò di Piazza Municipio, nel 2003. «In pratica -
racconta Gaetano di Pasquale, docente di Tecnologia del legno -
attraverso lo studio abbiamo avuto la possibilità di osservare uno
spaccato di quelle che dovettero essere le risorse territoriali e le
tecnologie possedute in epoca romana». Uno dei tre natanti, difatti,
è unico nel suo genere - altri due simili si trovano a Tolone, in
Francia, e comunque non si sono conservati come quello di Napoli - e
per quest’area del Mediterraneo: presenta una chiglia molto larga,
con bordi poco alti e la prua piatta in modo da favorire l’attracco
al molo e il carico e scarico merci, come sottolineò all’epoca del
rinvenimento Daniela Giampaola, l’archeologa responsabile di scavi e
recupero. Va considerato, ancora, che la costruzione della barca,
con lo scheletro di base al quale si sovrapponeva il fasciame, è del
tutto differente dalle architetture successive. Dato, questo, che
contribuisce a confermare ipotesi su particolari tecniche di
costruzione in uso nella carpenteria marittima del I secolo dopo
Cristo. Così come dagli scavi si è avuta la possibilità di
ricostruire l’antica linea di costa con l’impianto portuale di
Neapolis, poggiante in una insenatura posta all’interno di un
cratere vulcanico che arrivava fino all’attuale piazza Municipio. Le
analisi eseguite alla facoltà di Agraria, però, essenzialmente hanno
permesso di accertare quale fosse la diffusione in Campania e in
prossimità dell’area vesuviana, in particolare, delle diverse specie
vegetali. «L’abete, ad esempio - sottolinea il professore - quello
che volgarmente chiamiamo albero di Natale e che oggi non solo è
scomparso in Campania ma è molto raro in tutto l’appennino
meridionale, costituiva per più del 70 per cento il fasciame interno
di due delle tre barche». Il dato è sicuramente interessante anche
perché quella fu la specie usata dai falegnami ercolanesi per
approntare tutti gli infissi di porte e finestre della loro città.
Oltre all’abete per le barche venne usato anche il cipresso, legno
che ha origine nel Mediterraneo orientale e in genere è utilizzato
per riti sacri, il noce e il larice, proveniente, quest’ultimo, dal
riutilizzo di fasciame appartenuto ad altri natanti, visto che il
larice è specie alpina. Per i «cavicchi», poi, usati al posto dei
chiodi, si sceglievano legni del tipo: ulivo e corbezzolo, durissimi
e resistenti all’acqua. Particolare interessante è il rinvenimento,
unico per ora, di un frutto della «palma dum» di origine africana,
nota anche come «avorio vegetale» per l’uso che se ne fa in
falegnameria. I dati raccolti, poi, saranno confrontati con gli
altri ricavati da genetisti napoletani della Federico II e
specialisti in Scienze forestali di Firenze in maniera da verificare
l’esattezza delle conclusioni anche attraverso il Dna delle specie
vegetali. (Fonte: IL MATTINO) |
01/11/2006
APRE LA PASSERELLA SUGLI SCAVI A PIAZZA MUNICIPIO
Apre finalmente la passerella a piazza Municipio. Rispettati i tempi
di realizzazione per un passaggio pedonale di grande importanza. Visto
che attualmente le persone a piedi raggiungono il molo Beverello o la stazione marittima facendo un
largo giro della piazza. Invece la passerella unirà direttamente via
Acton, partendo dall’ingresso del fossato del Maschio Angioino, a via
Vittorio Emanuele, ai giardini davanti all’ingresso del castello. Il ponte
pedonale di collegamento, come detto, è stato realizzato dalla
Metropolitana di Napoli su richiesta del Comune di Napoli per ovviare
innanzitutto all’interruzione del traffico pedonale determinata
dall’allargamento dell’area di cantiere. Anzi, dai prossimi mesi i lavori
in zona si intensificheranno, con la parte che dà sul Maschio che sarà
completamente chiusa al traffico, sia automobilistico che pedonale, a
eccezione appunto della passerella, con le auto dirottate sull’altro lato
della piazza, quella che dà sul Tar. La passerella è larga 2,40 metri e
lunga 165 metri ed è realizzata in grigliato metallico, ricoperto da
tavole di legno, corredata da passamano in acciaio inox e lampioni, uno
ogni 7 metri, Il dislivello tra via Acton ed i giardini del castello è di
circa 8 metri ed è superato dall’alternanza di rampe di circa 12 metri,
con una pendenza del 5%, e pianerottoli orizzontali di un metro e mezzo.
Inoltre c’è una scala di raccordo che unisce il percorso pedonale al
parcheggio sottostante, quello del fossato. Il ponte rimarrà in pratica
fino al termine dei lavori che interessano la Stazione Municipio di
interscambio tra Linea 1 e Linea 6 e la risistemazione della piazza,
realizzati su progetto di Alvaro Siza ed Edouardo Souto De Moura. Dalla
passerella, sospesa su tralicci metallici, sarà possibile osservare gli
scavi archeologici in corso nella parte adiacente il fossato che stanno
rivelando importanti testimonianze della Napoli medievale soprattutto
quella aragonese, con il ritorno alla luce di interi acquartieramenti
dell’esercito spagnolo. Una vista suggestiva, tanto che l’intenzione
dell’amministrazione è quella di creare un vero e proprio percorso
turistico. Volto soprattutto ai crocieristi, che in questa maniera
scendendo dalle proprie navi, alla stazione marittima, attraversando la
strada, si ritroverebbero sulla passerella e di qui a qualche metro dal
San Carlo e poi a piazza Trieste e Trento. Insomma, un’occasione da
sfruttare nell’ottica del turismo mordi e fuggi che sta attecchendo sempre
più a Napoli. La soprintendenza sta anche catalogando tutti i
ritrovamenti. Si dovrà decidere cosa lasciare in piazza e cosa invece
delocalizzare. Ad esempio alcuni muri saranno abbattuti, mentre
probabilmente verranno inglobati nel progetto definitivo dei pavimenti a
mosaico ritrovati nei mesi scorsi. Così come rimarranno nella nuova piazza
Municipio le due torri, nella parte alta, restaurate e visibili dai
passanti. E un altro cantiere sarà aperto martedì prossimo nella stazione
della metropolitana di piazza Dante.
Si tratterà del restauro delle
opere d’arte contemporanea della linea 1 rovinatesi nel corso di questi
anni. L'iniziativa dà il via alla fase esecutiva della convenzione siglata
da Metronapoli, Metropolitana di Napoli e Accademia di Belle Arti per la
conservazione, manutenzione e restauro delle opere. (Fonte: IL MATTINO) |
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04/10/2006
PRONTA LA PASSERELLA SUGLI SCAVI A PIAZZA MUNICIPIO
Sarà aperta nel giro di un mese. Del resto la passerella di piazza
Municipio è quasi terminata. Rimarrà «sospesa» sugli scavi sino a quando
il restyling della piazza, con la realizzazione delle stazioni di linea
1 e linea 6, sarà completato: vale a dire almeno sino al 2011. Del resto
i poco più di cento metri che costeggiano il Maschio Angioino, dall’arco
aragonese alla fine del fossato saranno l’unico passaggio per i pedoni.
A breve, probabilmente a inizio anno prossimo, il lato del castello
verrà chiuso al traffico e le auto saranno dirottate tutte dalla parte
opposta, quello del Tar per intenderci. E con metà piazza occupata dai
cantieri l’unico modo per passare, anche se a piedi, sarà solo la
passerella. Una scelta del resto che potrebbe attirare tanti turisti e
piace anche ai napoletani. La passerella infatti si innesta nel circuito
dei crocieristi che sbarcando dalla stazione marittima, proprio di
fronte alla passerella, raggiungerebbero piazza Trieste e Trento
attraverso un percorso molto suggestivo, che si snoda appunto tra gli
attuali scavi che, coincidendo con la realizzazione del metrò, hanno
riportato alla luce la cittadella aragonese. E se parte dei muri
ritrovati, quelli nella zona a valle della piazza, vecchi
acquartieramenti soldateschi dell’800, dovrebbero essere abbattuti, c’è
una parte molto interessante emersa dalla campgna archeologica. C’è una
torre ancora interrata che pian piano sta venendo alla luce, e poi
pavimenti a mosaici e altre testimonianza della Napoli del ’500. Una
zona che verrà conservata nella nuova piazza Municipio, integrandosi con
le nuove stazioni. Un po’ di dati su questa costruzione che per qualche
anno sarà l’unico passaggio per il molo Beverello. Il dislivello è di
circa 8 metri (da quota 4.30 di via Acton a quota 12.40 dei giardini) e
sarà superato alternando rampe di 12 metri inclinate (con pendenza pari
a 5,4%) con pianerottoli di riposo di lunghezza pari a 1,5 metri. Il
percorso verrà realizzato in carpenteria metallica su tralicci ad H
controventati, montabili e smontabili rapidamente, ancorati solo
superficialmente nel fossato del castello, al di là del terrapieno, con
opere di fondazione che hanno un minimo impatto con il terreno. Il
pavimento sarà realizzato in tavolato di legno per esterni poggiato su
un grigliato metallico avente funzione portante. La ringhiera sarà
realizzata in acciaio inox con una maglia di dimensioni di 60 centimetri
per sessanta. Altro particolare importante, il percorso sarà illuminato
anche di notte con lampioni posti ogni sette metri, mentre una scala
permetterà a chi parcheggia nel fossato di non fare un largo giro, ma di
salire direttamente sulla passerella. Alle spalle dunque le polemiche e
la prima bocciatura della passerella da parte del soprintendente al beni
paesaggistici Enrico Guglielmo. Un primo progetto infatti fu giudicato
all’epoca troppo «lussuoso» e soprattutto dall’impatto devastante sulla
zona. La passerella, infatti, si sarebbe dovuta prolungare in un ponte
pedonale su via Acton e riprendere nel materiale e nella forma le
pensiline del molo Beverello. Un disegno complessivo che non piacque a
Guglielmo che anzi in una nota suggerì a Palazzo San Giacomo di
utilizzare, come percorso pedonale alternativo, via Parco del Castello,
stradina che costeggia le antiche stalle borboniche, che potrebbe essere
un angolo unico al mondo ma che attualmente è piombata nel degrado:
piena di buche, ricovero per barboni e poco frequentata, quindi teatro
di rapine e scippi. (Fonte: IL MATTINO) |
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08/06/2006
DAGLI SCAVI NEL CASTELLO TORNA ALLA LUCE IL MURO STROZZI
Fra tubi dell’acqua e del gas, vene della città cresciuta prima
attorno e poi sopra i fossati del castello di Carlo D’Angiò, fra
fabbriche, polveriere e tre anelli di fossato, è riemerso giorni fa un
pezzetto di città scomparsa che, fino ad oggi, apparteneva ai racconti e
ad un’antica pittura. Gli archeologi che lavorano per la Sovrintendenza
nel cantiere di piazza Municipio, lo stanno estraendo come una fila di
denti dalla mascella di un gigante, liberandolo dalle escrescenze di
volte, balze e riempimenti che l’hanno soffocato e nascosto nei secoli.
Ancora poco più che un orlo bianco, irregolare, ma già si intravede la
fila bianca dei merli che un anonimo cronista-pittore immortalò nel
primo ritratto di Napoli, attorno al 1465. Cinque secoli fa il castello,
visto dal mare, aveva una cintura bianca, un muro merlato che gli
vestiva le controscarpe, la radice delle grandi torri medievali.
L’artista della tavola Strozzi, riscoperta a Firenze solo nel 1901,
Napoli la vide così, dal mare, con il castello calzato, vestito e
lambito dall’acqua. E’ quella cintura di merli, sontuosa, che comincia a
riemergere dalla mascella di tufo. Ora abbiamo una conferma in più che
l’artista della tavola Strozzi ci consente di vedere la Napoli di cinque
secoli fa e non una sua ricostruzione fantasiosa o ritoccata. Il muro
Strozzi è arrivato a noi grazie anche alle opere murarie minori che
l’hanno rivestito, come una pianta parassita, fin dal ’500 quando fu
trasformato nel muro del fossato interno. L’archeologa Vittoria Carsana,
che sovrintende i lavori, spiega: «Sono stati i riempimenti
settecenteschi che, alla fine, l’hanno obliterato». Cancellato,
nascosto. Conservato per gli scavi della metro, che si sono imbattuti,
invece, nei resti di costruzioni spazzati via dal dominatore di turno
che ridisegnava il cuore della città. Un altro regalo di un cantiere
unico al mondo, quello della metropolitana di Napoli, al centro di una
piazza del Municipio tappezzata di impalcature dall’ex hotel de Londres
a palazzo san Giacomo, rivoltata come un calzino in un’opera di
rifondazione che, quando sarà ultimata, oscurerà il mito della rinascita
di piazza del Plebiscito. Piazza del Municipio, recuperando il passato -
come le radici dei bastioni aragonesi segati dai Savoia dopo l’unità
d’Italia, giù fino agli strati romani - diventerà un luogo totalmente
nuovo. Nell’aspetto e nell’uso. L’architetto portoghese Alvaro Siza,
tracciato il progetto base, lo aggiorna e lo riconsidera ogni volta che
la pancia aperta di Napoli restituisce tesori, problemi, ostacoli da
aggirare, ma anche valanghe di ciarpame, come le tonnellate di frammenti
di maiolica settecentesca che qualcuno pensò di usare come materiale di
riempimento e che lo scrupolo dell’archeologo spinge oggi a lavare
coccio a coccio per riporle in cassette numerate. Ad ogni novità
importante Siza si incontra con il suo interlocutore per il Comune, il
vicesindaco Rocco Papa che accompagna da sempre il progetto della grande
metro, come tutti i più importanti per la riqualificazione della città.
L’ultimo incontro pochi giorni fa. L’architetto e l’urbanista hanno
ragionato sui due livelli della piazza, sul museo della metro, sulla
collocazione di una grande fontana. Anche il recupero del muro Strozzi,
ora, entra a far parte del futuro della piazza che prevede la rimessa in
luce, ad esempio, anche del bastione circolare dell’Incoronata: un pezzo
della fortificazione aragonese che racchiuse il castello dopo che le sue
torri medioevali si erano rivelate troppo vulnerabili ai progressi
dell’arte della guerra. I bastioni furono segati alla radice, come
alberi, dopo l’unità d’Italia e quel che restava delle camere e della
rampe sotterranee fu riempito. Oggi il recupero del bastione, 40 metri
di diametro, è ad un terzo. Per la prima volta, ieri, è stato possibile
a non adetti avventurarsi per i camminamenti recuperati e fotografare il
Maschio Angioino dall’interno del bastione recuperato. Un percorso fra i
tanti che si vogliono restituire a tutta la città. (Fonte: IL MATTINO) |
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08/04/2006
SI RIPARLA NUOVAMENTE DELLA PASSERELLA SUGLI SCAVI DI PIAZZA MUNICIPIO
L’area è stata appena cantierata. Si lavorerà nei prossimi giorni
per realizzare la passerella entro la fine della primavera. Un percorso
di legno che sovrasterà gli scavi di piazza Municipio. Utile per i
turisti e anche per gli stessi napoletani che vorranno camminare per la
piazza ridotta a un cantiere per i lavori della metropolitana. La
passerella pedonale rimarrà per due anni. Unico sfogo per raggiungere il
molo Beverello a piedi, a meno che non si voglia fare un largo giro. In
estate infatti tutta la parte destra della piazza, quella che costeggia
il Maschio Angioino per intenderci, sarà chiusa a auto e pedoni e
inglobata nel cantiere per la costruzione della stazione del metrò. Per
questo la passerella sarà importante. E poi servirà anche agli stessi
turisti. Per esempio a quelli che scenderanno dalle navi da crociera e
si troveranno subito in piena area scavi. Il progetto ambizioso è
quello, tra un paio di anni, a cantiere finito, di realizzare un
percorso pedonale che attraversi tutta la cittadella aragonese che sta
emergendo dagli scavi archeologici. Parte dei muri ritrovati, quelli
nella zona a valle della piazza, vecchi acquartieramenti soldateschi
dell’800, dovrebbero invece essere abbattuti. Alle spalle anche le
polemiche e la prima bocciatura della passerella da parte del
soprintendente al beni paesaggistici Enrico Guglielmo. Un progetto
giudicato all’epoca troppo «lussuoso» e dall’impatto devastante sulla
zona. La passerella, infatti, si sarebbe dovuta prolungare in un ponte
pedonale su via Acton e riprendere nel materiale le pensiline del molo
Beverello. Un disegno complessivo che non piacque a Guglielmo che anzi
in una nota suggerì a Palazzo San Giacomo di utilizzare, come percorso
pedonale alternativo, via Parco del Castello, stradina che costeggia le
antiche stalle borboniche e attualmente piombata nel degrado: piena di
buchi, ricovero per barboni e per nulla battuta e quindi teatro di
rapine e scippi. «La nostra - spiega il vicesindaco Rocco Papa - sarà
una costruzione molto meno invasiva, quasi una specie di passerella di
cantiere che verrà costruita con tralicci sul fossato e correrà
parallela agli scavi archeologici». Necessaria, secondo Palazzo San
Giacomo la costruzione, visto che «consentirà di dare soluzione ai
problemi di attraversamento della piazza creati dalla presenza del
cantiere della stazione Municipio della Linea 1 e della linea 6 della
metropolitana». Il dislivello sarà di circa 8 metri (da quota 4.30 di
via Acton a quota 12.40 dei giardini) e sarà superato alternando rampe
di 12 metri inclinate (con pendenza pari a 5,4%) con pianerottoli di
riposo di lunghezza pari a 1,5 metri. Il percorso verrà realizzato in
carpenteria metallica su tralicci ad H controventati, montabili e
smontabili rapidamente, ancorati solo superficialmente nel fossato del
castello, al di là del terrapieno, con opere di fondazione che hanno un
minimo impatto con il terreno. Il pavimento sarà realizzato in tavolato
di legno per esterni poggiato su un grigliato metallico avente funzione
portante. La ringhiera sarà realizzata in acciaio inox con una maglia di
dimensioni di 60 centimetri per sessanta. Altro particolare importante,
il percorso sarà illuminato anche di notte con lampioni posti ogni sette
metri. (FONTE: IL MATTINO) |
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21/1/2006 ECCO LA
PASSERELLA SUGLI SCAVI DI PIAZZA MUNICIPIO
Riappare la passerella pedonale a piazza Municipio. Senza, però, il
ponte per attraversare via Acton. E questa volta c’è anche la
benedizione del soprintendente Enrico Guglielmo che a cavallo
dell’estate scorsa fermò il progetto di Palazzo San Giacomo che
prevedeva un percorso pedonale sopra gli scavi del Maschio Angioino e
una sovraelevata utile per attraversare via Acton ed entrare nella zona
portuale. Non sarà un’opera faraonica come quella bocciata dalla
soprintendenza ai beni paesaggistici ma, come spiega il vicesindaco
Rocco Papa, «una costruzione molto meno invasiva, quasi una sorta di
passerella di cantiere che verrà costruita con tralicci sul fossato e
correrà parallela agli scavi archeologici». La realizzazione della
passerella temporanea sul cantiere di piazza Municipio - continua il
vicesindaco - «consentirà di dare soluzione ai problemi di
attraversamento della piazza creati dalla presenza del cantiere della
stazione Municipio della Linea 1 e della linea 6 della metropolitana».
Attualmente, infatti, «il progressivo ampliamento dell’area di cantiere
- spiega ancora Papa - per effettuare gli scavi archeologici nei
giardini di Castel Nuovo, rende poco agevole il collegamento della parte
alta di piazza Municipio con via Marina e il terminal crocieristico e il
terminal passeggeri per le isole». Non sono infatti percorribili i
marciapiedi davanti le aiuole poste al lato del fossato del castello e
parte dei collegamenti pedonali esistenti nella parte centrale della
piazza. Tanto che a Capodanno si è deciso di chiudere la piazza anche ai
pedoni. La passerella consentirà di bypassare, per tutta la durata dei
lavori di realizzazione della stazione e di sistemazione della piazza,
stimati in almeno 24 mesi, le aree di cantiere in modo rapido e sicuro.
Inoltre la realizzazione della passerella, oltre a migliorare il
collegamento pedonale da e verso via Marina, potrà consentire una
particolare visione prospettica dall’alto dell’area dei cantieri tecnici
ed archeologici. La passerella sarà Lunga circa 200 metri e larga 3, si
svilupperà lungo il muro prospiciente il fossato del Castel Nuovo sul
lato destro della piazza, partendo dall’ingresso dell’attuale parcheggio
e giungendo ai giardini davanti al castello. La quota sarà invece a
livello di quella dei giardini, si svilupperà lungo il fossato, che
nasconderà le strutture di sostegno, attraversando il cantiere che si
amplierà progressivamente anche al di sotto della passerella. Il
dislivello sarà di circa 8 metri (da quota 4.30 di via Marina a quota
12.40 dei giardini) e sarà superato alternando rampe di 12 metri
inclinate (con pendenza pari a 5,4%) con pianerottoli di riposo di
lunghezza pari a 1,5 metri. Il percorso verrà realizzato in carpenteria
metallica su tralicci ad H controventati, montabili e smontabili
rapidamente, ancorati solo superficialmente nel fossato del castello, al
di là del terrapieno, con opere di fondazione che hanno un minimo
impatto con il terreno. Il pavimento sarà realizzato in tavolato di
legno per esterni poggiato su un grigliato metallico avente funzione
portante. La ringhiera sarà realizzata in acciaio inox con una maglia di
dimensioni di 60 centimetri per sessanta. Altro particolare importante,
il percorso sarà illuminato anche di notte con lampioni posti ogni sette
metri. I lavori per la realizzazione della passerella avranno una durata
di circa quattro mesi. «Contiamo - conclude Rocco Papa - di essere
pronti quando la stagione croceristica sarà al top». (FONTE: IL MATTINO) |
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23/03/2005
UNA NUOVA
SCOPERTA: UN SANTUARIO GRECO
L’avventura non è finita. Nel cantiere del metrò
di piazza Nicola Amore gli archeologi stanno lavorando all’ultima
scoperta: i resti di un edificio del V-IV secolo a.C. che, secondo gli
esperti, ha fatto parte di un santuario. «Non sappiamo ancora al
culto di quale divinità fosse dedicato - spiega Daniela Giampaola,
responsabile degli scavi per la Soprintendenza napoletana diretta da
Valeria Sampaolo - ma siamo certi che si trattasse di una struttura
pubblica a carattere sacro. Il primo ambiente riportato alla luce è
una sala per banchetti con panchine tricliniari. Andremo avanti,
allargando il cantiere sul lato mare, per ritrovare altre
testimonianze dell’antico complesso. La scoperta dell’edificio
rappresenta, per noi, una vera sorpresa. Si supponeva che all’epoca
greca non potessero esserci insediamenti di questo genere al di fuori
della cinta muraria: e invece c’erano». Nel corridoio-museo
dell’Archeologico sono stati sistemati grandi schermi sui quali si
può seguire (per ora con un video registrato, prossimamente in
diretta) i lavori in corso nel cantiere Duomo. A portata di mano del
visitatore, invece, una piccola ma significativa selezione - circa
cento pezzi su 3 milioni e 300mila - di quello che è stato già
recuperato, classificato, restaurato. «Un indice del grande catalogo»,
come ama definirlo la dottoressa Giampaola. Il percorso cronologico
viene illustrato con pannelli didattici che parlano un linguaggio
semplice e sintetico. L’insediamento preistorico (IV millennio a.C)
è rappresentato da un plastico che riproduce i solchi lasciati
dall’aratro nel sottosuolo; la città greca (VII-II secolo a.C.)
propone un vasto repertorio di ceramiche e i resti dell’area
sepolcrale nella quale venivano deposti i bambini; la città romana (II
secolo a.C.-III secolo d.C.) restituisce i fregi dell’edificio
dedicato al culto imperiale, le epigrafi con i nomi dei vincitori dei
giochi isolimpici, la testa in marmo di un giovane principe della
dinastia Giulio-Claudia (un ritratto del generale Germanico, secondo
l’ipotesi più accreditata dagli studiosi), i modellini delle tre
barche recuperate nell’antico bacino portuale e un campionario degli
oggetti d’uso comune ritrovati a bordo degli scafi. E ancora avanti
attraverso la città bizantina, la città medievale (una fontana in
miniatura, funzionante, riproduce quella ritrovata in piazza Nicola
Amore), la città aragonese. (Fonte: Il Mattino) |
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22/03/2005
Via all'esposizione dei reperti
nel tunnel del museo
Senza mai uscire dalla stazione, il passeggero del metrò lascia
piazza Cavour, attraversa un primo tratto del tunnel e, quando si trova
in cima alle scale mobili, si trova già proiettato nell’arte e nella
storia. Nell’anticamera gli fanno da guida un Laocoonte in bronzo
realizzato dalla fonderia Chiurazzi e foto di altri capolavori. Ancora
pochi passi e incontra l’insegna «Museo archeologico». Parte da qui il
percorso disegnato dalla Soprintendenza per illustrare le scoperte nei
cantieri della metropolitana. Tre saloni (1800 metri quadri lo spazio
complessivo), sui lati le bacheche con i reperti, al centro i modellini
in scala delle barche romane riportate alla luce in piazza Municipio
(attualmente in restauro presso il deposito-laboratorio di Piscinola) e,
ancora, i plastici che riproducono il porto di Neapolis e e i campi
arati scoperti nel sottosuolo di piazza Dante. Quasi cento i pezzi
esposti: il busto in marmo del generale Germanico, vasi in terracotta e
vetro, anfore funerarie e per il trasporto di alimenti, corredi delle
imbarcazioni, resti dall’abbigliamento dei marinai (compresi i calzari,
che portano ancora impresse le impronte delle dita), epigrafi con i nomi
dei vincitori dei giochi augustali. Unico in Europa, questo tunnel,
perché ha una particolarità in più rispetto al corridoio che mette in
comunicazione il metrò parigino con il Louvre: non si limita a
«traghettare» il visitatore dal treno all’arte ma diventa a pieno titolo
struttura museale. (Fonte: Il Mattino) |
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02/12/2004
I TESORI DEL METRO'
ALL'ARCHEOLOGICO
La conferma ufficiale è arrivata l’altro ieri dal soprintendente
Stefano De Caro: il museo temporaneo dei reperti ritrovati durante gli
scavi del metrò, in attesa di quello definitivo da allestire nella
stazione di piazza Municipio, troverà sede in primavera nei saloni
sotterranei dell’Archeologico. «Più precisamente a marzo, quando
inaugureremo il corridoio di collegamento diretto dalla fermata di
piazza Cavour - spiega il vicesindaco Rocco Papa, che dopo aver
mantenuto un certo riserbo sull’operazione è ora disponibile a scendere
nei dettagli - abbiamo a disposizione tre saloni, per un’ampiezza di
circa 1800 metri quadri. Qui sistemeremo bacheche trasparenti piene di
tesori dell’antichità; modelli in scala ridotta di una o due barche
romane; plastici che riproducono il porto di Neapolis svelato dagli
scavi in piazza Municipio e i campi arati scoperti durante i lavori in
piazza Dante, testimonianza di antichissime tecniche rurali nel cuore
della città; maxischermi che proiettano in diretta i lavori di restauro
nel deposito-laboratorio di Piscinola; un percorso virtuale che
accompagnerà i visitatori nel tempio di età imperiale ritrovato in
piazza Nicola Amore». Le spese? Tutte a carico del Comune: 600mila euro
da finanziare con i Boc. Ma altri fondi da destinare al capitolo
restauro potrebbero essere in dirittura d’arrivo. «Qualche giorno fa ho
parlato con il ministro per le infrastrutture Lunardi - continua Papa -
e lui non ha escluso che, data l’importanza delle ultime scoperte,
l’anno prossimo il sostegno del due per cento possa essere destinato
alla nostra metropolitana». Napoli come Parigi, l’Archeologico come il
Louvre. Chi sale e scende dal treno si troverà immerso nelle meraviglie
del passato, mentre un accesso indipendente (e gratuito) al museo
sotterraneo verrà posizionato sul lato della galleria Principe di
Napoli. «Ma non vogliamo che sia un’esposizione per addetti ai lavori -
precisano a palazzo San Giacomo - le opere saranno selezionate con cura
per inserirle in un percorso divulgativo, con spiegazioni storiche
accurate e semplici al tempo stesso. Il primo passo sarà quello di
organizzare visite guidate per gli studenti». Al soprintendente Enrico
Guglielmo la progettazione architettonica degli interni, al
soprintendente De Caro e alla coordinatrice degli scavi Daniela
Giampaolo il compito di selezionare i reperti da mettere in mostra. Una
scelta che imporrà molti sacrifici, per motivi di spazio (1800 metri
quadri sono tanti, ma non basterebbe il triplo per sistemare degnamente
tutti i reperti) e sarà orientata a privilegiare i pezzi meglio
conservati. Ancora in forse la presenza della testa di statua in marmo
che pare riproducesse il generale Germanico, per la quale sembra
necessario un lavoro di recupero piuttosto complesso; ma avremo
senz’altro la possibilità di ammirare una serie interminabile di vasi in
terracotta e in vetro, anfore funerarie e da trasporto di alimenti,
corredi delle imbarcazioni colate a picco nel porto, resti
dell’abbigliamento dei marinai (compresi i calzari, che portano ancora
impresse sulla suola le impronte delle dita) e, quasi certamente, anche
le epigrafi con i nomi degli atleti vincitori dei giochi augustali
disputati nella cittadella olimpica. Ricordi persi con l’andare del
tempo e con la rivoluzione urbanistica del Risanamento, ritrovati mentre
si viaggia verso il sistema di trasporto del futuro. (Fonte: Il Mattino) |
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01/12/2004
LA PISTA DEI CORRIDORI IN PIAZZA NICOLA AMORE
Correvano in onore della dea Partenope, la Sirena - uccello, simbolo
di Napoli. Erano scalzi, forse nudi. La linea di partenza si trovava in
quell’area che 2400 anni fa era conosciuta come il «Tumulo della
Sirena». L'arrivo, invece stava nello spazio che adesso è Piazza Nicola
Amore. Sotto terra, oggi, per circa quindici di metri. Ventiquattro
secoli fa, invece, alla luce del sole. Atleti napoletani, locali:
«partenopei», prima; «Lampadodromi», portatori di lampade, poi,
scattavano con le torce in mano e cercavano di superarsi e diventare
famosi nella corsa inventata dall’ateniese Diotimo. Correvano la
distanza, cinquecento metri in linea d’aria: quasi due stadi, 185 metri
e rotti. Da ripetere quante volte? Due? Tre? Il percorso l’ha
individuato la squadra di archeologi coordinata da Daniela Giampaola,
responsabile del controllo dello scavo del metrò cittadino per la
Soprintendenza archeologica napoletana retta da Valeria Sampaolo. Così
come gli specialisti hanno riconosciuto nell’area prossima al Maschio
Angioino, dopo quella della Chiesa di Santa Maria a Portosalvo, l’altro
probabile punto di partenza per la corsa podistica; in quel caso la
distanza da percorrere poteva diventare quattro volte il multiplo dello
stadio. E non poteva essere diversamente. Una manifestazione importante
per un luogo significativo. Il porto della Napoli d’allora era difatti
la ricchezza della città e si sviluppava appunto tra l’edificio
religioso e l’area oggi occupata dal maniero fatto edificare da Carlo I
d’Angiò. Un «pozzo di San Patrizio», piazza Nicola Amore, dal quale ogni
giorno spuntano tasselli unici della Neapolis pre romana. «Lo scavo dei
livelli di fondazione - conferma difatti Stefano De Caro, responsabile
delle Soprintendenza archeologica regionale - ha evidenziato che il
porticato d’epoca romana imperiale, sulle cui lastre di marmo venivano
incisi i nomi dei vincitori nei giochi Isolimpici napoletani, i Sebastà,
aveva avuto una fase precedente stimata al duecento a.C.». Per costruire
le fondamenta del grandioso monumento, le maestranze dell’epoca si erano
serviti di grandi blocchi di tufo, marcandone con grosse lettere la
provenienza dalle cave di Poggioreale, sotto la chiesa di Santa Maria
del Pianto. I «Sebastà», giochi «Isolimpici» - e dunque pari in dignità
a quelli di Olimpia - competizioni quadriennali di musica, teatro,
corsa, lotta, poesia, inventati nel 2 d.C. da Augusto, avevano avuto
nella «corsa della Sirena» un precedente eccellente. Ovviamente,
all’inizio si era trattato di competizioni alla buona, poi, con
l’intervento dell’imperatore, la cosa si era fatta importante («sebastos»
era lo stesso Augusto) perché unica sede di giochi con tipologia greca
in Italia, vedendo quindi la partecipazione del fior fiore
dell’atletismo mediterraneo. Un impianto greco, dunque. Così come di
architettura ellenistica, sono la strada che corre sotto la pista
situata tra il tempio e il porticato - ginnasio e l’edificio a pianta
rettangolare, con file di pilastri interni, datato dagli archeologi al
III- IV secolo a.C. «Accoglieva certamente riunioni rituali - spiega De
Caro - perché una delle stanze era stata attrezzata con basse banchine,
appena rialzate dal pavimento, dove si mettevano i letti, le klinai, sui
quali ci si stendeva durante il banchetto». Al centro del pavimento,
poi, c’è un mosaico in cocciopesto decorato, così come accadeva per
altri edifici del periodo ellenistico ritrovati a Pompei, Buccino,
Crotone. Ancora, da alcune fosse intercettate nell'area del portico,
sono venuti fuori pezzi di anfore greco italiche usate per il commercio
del vino. Erano scarti di fornace, inservibili, tuttavia documento
eccezionale perché marcate con il nome «Charilaos», lo stesso di un
magistrato romano che si impegnò per un’alleanza con i romani durante la
guerra del 326 a.C. «L’elemento è significativo per la storia del
territorio - riprende il Soprintendente - perché conferma ipotesi sul
raggio d’azione economico e commerciale dei mercanti napoletani».
Nell’edifico religioso, poi, sono stati scoperti consistenti accumuli di
materiali votivi: statuette, vasi, che si sono ritrovati in fosse di
pertinenza della fase più antica del tempio. Sicuramente interessante è
una coppa a vernice nera, adesso sottoposta a restauro, con soprascritta
la dedica «Dios Soteros», a Zeus Salvatore, secondo un uso comune nelle
città magno greche. Adesso, vista l’enorme quantità di reperti si sta
pensando a una rimodulazione dello spazio archeologico dell’area Metrò
di Nicola Amore. Ma prima, già nella primavera 2005, i pezzi più
interessanti verranno esposti, grazie a un finanziamento del Comune di
Napoli, in una mostra allestita dalla Soprintendenza archeologica nel
transetto d’ingresso della stazione «Museo» «per continuare a raccontare
ai napoletani - sottolinea De Caro - la storia sconosciuta di una città
unica e bella». (Fonte: Il Mattino) |
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25/11/2004
UNA TORRE DEL 1500 IN PIAZZA MUNICIPIO
Ancora scoperte archeologiche in piazza Municipio. Questa volta
risalgono al 1500. Quelle che stanno riemergendo, infatti, sono le mura
della seconda torre del Maschio Angioino, di forma rettangolare e
simmetrica a quella rotonda che si trova invece di fronte agli scavi
archeologici della metropolitana. Si tratta di costruzioni fortificate
risalenti all’epoca del viceregno spagnolo e che venivano utilizzate per
difesa posizionandovi le bocche da fuoco. Il tutto venne poi sepolto
alla fine dell'800 quando venne realizzata l'attuale piazza Municipio.
L’architetto portoghese Alvaro Siza, studiando su di una mappa del 1840,
è riuscito a capire dove fosse collocata la torre. Uno studio fatto in
funzione del tunnel di luce, trasparente, che lui stesso sta disegnando
e che collegherà piazza Municipio e le stazioni del metrò con la
Stazione Marittima. Dentro il corridoio saranno incluse le due torri con
il risultato che i napoletani e i turisti potranno passeggiare ammirando
le due torri e gli altri ritrovamenti che stanno riemergendo da piazza
Municipio. Una galleria pedonale sotterranea che sarà lunga circa 250
metri e larga almeno 20. Dentro la quale potrebbe trovare posto anche il
museo di Neapolis, il museo della città. Ma c’è di più, perché con lo
scavo della seconda torre e quindi la sua individuazione, il Comune ha
potuto dare via libera alla Arup per il progetto definitivo del
sottopasso di via Acton. Altra opera caratterizzante del waterfront.
Infatti, il timore era che i lavori per il sottopasso potessero arenarsi
di fronte ai nuovi ritrovamenti. Con la torre che sta riemergendo il
sottopasso sarà scavato sotto di essa, nel tufo, evitando di impattare
anche nel vecchio molo Angioino che si trova da quelle parti. Progetto
che gli architetti della Arup dovrebbero presentare entro le prossime
due settimane, sicuramente prima di Natale, questo il cronoprogramma che
l’amministrazione si è data e che dovrebbe essere rispettato.
L’architetto portoghese è il protagonista del waterfront, che
complessivamente vale 250 milioni di euro interamente finanziati con
fondi della Ue, che cambierà il volto all’intera piazza Municipio. Tutti
i giardini della piazza cambieranno, e anche la viabilità sarà diversa
grazie al sottopasso che consentirà di chiudere al traffico gran parte
dell’area monumentale. |
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10/10/2004
ALTRE SCOPERTE IN PIAZZA NICOLA AMORE
Nuove scoperte illuminano gli scavi archeologici nel cantiere del
metrò, in piazza Nicola Amore. Sul lato mare, proprio di fronte al
tempio di età imperiale, è venuto alla luce portico composto da un muro
di fondo, in reticolato e laterizi, e da un basamento per le colonne.
Lungo le pareti, una serie di lastre di marmo - alcune conservate quasi
integralmente, altre in frammenti - che portano impressi lunghi elenchi
di nomi: sono le liste dei vincitori delle «Isolimpiadi» o «Sebastà», i
giochi che dal primo secolo dopo Cristo vennero organizzati a Napoli per
celebrare il culto di Augusto. Per ogni anno di competizione una
lapide-ricordo scritta in greco, suddivisa per categorie (uomini,
ragazzi, fanciulle) e per specialità sportive (corsa, corsa armata,
pancrazio). Su qualche lastra è rimasto impresso anche il nome
dell’imperatore, cosa che consente di datare il reperto con precisione
quasi assoluta. Fino a questo momento gli archeologi sono riusciti a
«ripescare» le testimonianze dei giochi disputati ai tempi della
dinastia flavia, tra l’anno 69 e l’anno 96, quando il dominio del mondo
romano era affidato alle cure di Vespasiano, Domiziano e Tito, ma non è
escluso - anzi, altamente probabile - che se ne possano ritrovare di più
antichi.
Più che una sorpresa, una conferma. La conferma che il tempio già venuto
alla luce faceva certamente parte di un vasto complesso sportivo e che
in linea teorica, prolungando lo scavo in direzione Museo da un lato e
in direzione piazza Mercato dall’altra, sarebbe possibile localizzare
anche gli altri impianti usati dagli atleti, dal gymnasium
all’ippodromo. «Il portico era usato come luogo d’incontro - spiega il
sopritendente Stefano De Caro - ma anche, e soprattutto, come punto
d’osservazione delle gare. Visto che il muro chiude la struttura sul
lato mare e che le colonne si affacciano sul versante opposto, è
ipotizzabile che più in fondo, tra il portico e il tempio, corresse una
pista rettilinea per l’atletica. Una pista che corrisponderebbe in tutto
o in parte all’attuale corso Umberto». L’importanza delle lastre
ritrovate sulle pareti, spiega ancora il soprintendente, sta nel loro
stato di conservazione. Altri esemplari ritrovati sul finire dell’800,
durante i lavori del Risanamento, sono esposti nella sezione «Epigrafi»
del museo archeologico. Perché, a quell’epoca, non furono ritrovate
tracce del complesso che oggi sta emergendo dal cantiere del metrò? «E
chi ha mai detto che non furono ritrovate? - prosegue De Caro - un
secolo fa le tecniche erano diverse e non consentivano, probabilmente,
di approfondire la scoperta. Ma c’era anche la superiore necessità di
abbattere e ricostruire il centro storico dopo una tragica epidemia di
colera».
Tra gli esperti che hanno esaminato da vicino gli ultimi tesori del
cantiere la professoressa Elena Miranda, docente di storia greca alla
Federico II e profonda conoscitrice dell’antica Neapolis. Sette mesi fa,
in un’intervista al nostro giornale, illustrava così la sua tesi sugli
scavi di piazza Nicola Amore: «È ipotizzabile che tutta la cittadella
olimpica sia conservata sotto gli strati di urbanizzazione successiva.
Parliamo di un’area molto vasta, tra il Museo e Porta Nolana. L’edificio
venuto alla luce nella stazione del metrò potrebbe essere il tempio
dedicato all’imperatore. A poca distanza dovrebbero esserci il gymnasium,
verso piazza Mercato l’ippodromo». Una prima conferma arriva dalle
lastre di marmo con i nomi degli atleti, spaccato d’arte e di storia che
torna davanti i nostri occhi mentre corriamo verso il futuro della
mobilità urbana.
Dal cantiere del metrò di piazza Nicola Amore continuano a venir fuori
tesori dell’antichità. Ultime scoperte, il porticato che si affacciava
sulla pista di atletica utilizzata per i giochi augustali e le lastre di
marmo che portavano impressi, anno per anno, i nomi dei vincitori delle
gare. «Meraviglie che meritano di essere al più presto accessibili per i
napoletani e per i turisti - spiega Rocco Papa, vicesindaco e assessore
all’urbanistica - è per questo che abbiamo deciso di anticipare i tempi
di realizzazione del museo dedicato ai reperti ritrovati durante lo
scavo». Una struttura che nasce come provvisoria - il progetto
originario prevedeva che l’esposizione trovasse sede nella stazione di
piazza Municipio, da inaugurare nel 2007 - ma, se ritenuta convincente,
potrebbe anche diventare definitiva.
«Il nostro intento - continua Papa - è quello di completare
l’allestimento entro la primavera dell’anno prossimo. Abbiamo a
disposizione i fondi, un milione e mezzo di euro inseriti del piano
annuale dei lavori pubblici, e un’area di circa 1800 metri quadri».
Nei prossimi giorni il sindaco Rosa Iervolino darà l’annuncio ufficiale
del progetto. Quanto alla localizzazione degli spazi espositivi, si può
immaginare che l’amministrazione non intenda allontanarsi troppo dal
fulcro delle scoperte: sotto osservazione l’area compresa tra l’asse
piazza Nicola Amore-piazza Municipio e la stazione marittima, dove a
gennaio inizieranno anche i lavori per il recupero del palazzo dell’Immacolatella
che ospiterà il museo dell’emigrazione.
Alla soprintendenza archeologica spetta il compito, certamente non
facile, di selezionare le opere che potranno comparire sotto i
riflettori in condizioni di massima sicurezza. Certamente non le barche
romane, chiuse nel loro «guscio» di restauro nel deposito-laboratorio di
Piscinola (ma si pensa di esporne almeno una riproduzione in scala
reale), e nemmeno le colonne o il frontone del tempio di età imperiale.
Per il resto, resta solo l’imbarazzo della scelta nel vasto campionario
di oggetti di dimensioni più contenute: vasi, monili, anfore funerarie,
corredi delle imbarcazioni, la testa di una statua che si tende a
identificare come ritratto del generale Germanico e tanto altro ancora.
Campo libero, dunque, per la valorizzazione delle testimonianze del
passato: e il futuro del trasporto urbano su ferro? «Nessun problema e
nessun ritardo per la costruzione del metrò - garantisce il vicesindaco
- stiamo studiando un percorso alternativo per lo scavo delle gallerie
in piazza Nicola Amore che consentirà agli archeologi di proseguire nel
loro lavoro mentre nel sottosuolo avanzano le ”talpe”. Quanto a piazza
Municipio, dove il livello più profondo delle scoperte pare ormai
raggiunto, la riattivazione del cantiere è imminente. Ci sono più di
sessanta operai in attesa di tornare alle loro mansioni: la questione
occupazionale è, e deve restare, una priorità. Il prossimo settore
d’intervento sarà localizzato nei giardini del Maschio Angioino e, fino
a Natale, non comporterà interruzioni del traffico: ci è sembrato
opportuno muoverci in questo senso per non creare troppi disagi ai
cittadini durante le feste. A gennaio verrà impegnata anche la
carreggiata che costeggia il castello. I veicoli percorreranno in doppio
senso il versante opposto della piazza». Sarà ingorgo? «Non so cosa ne
pensino gli esperti di mobilità. Dal mio punto di vista, e aspetto la
prova dei fatti, è una soluzione più funzionale di quella attuale». (Fonte: Il Mattino) |
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08/09/2004
TRASFERITA UNA DELLE BARCHE DA PIAZZA MUNICIPIO
«Da un’emozione all’altra, nei tempi previsti. Devo dire che siete
stati di parola». Al suo ingresso nel cantiere di piazza Municipio, dove
la gru si prepara a sollevare il relitto di una barca romana da avviare
al restauro, il sindaco Rosa Iervolino saluta così Giannegidio Silva,
presidente della Metropolitana. A fine luglio veniva tirata fuori dalla
stazione di piazza Nicola Amore una fontana del XIII secolo. Ieri
mattina è venuto il turno di uno dei tre scafi del I-II secolo affondati
nell’antica insenatura del porto e «ripescati» dagli archeologici
durante i lavori di costruzione della tratta bassa della Linea 1: oggi
sarà estratto quello di dimensioni maggiori (13,50 metri di lunghezza
per 25 tonnellate di peso), mentre il più piccolo è stato sezionato e
trasferito in una vasca di conservazione piena d’acqua.
Tiene a dire, il sindaco, che il calendario degli interventi di recupero
dei reperti è stato rispettato. Ma quali saranno i prossimi passi del
cantiere? «Nel mese di ottobre - spiega Silva - l’area sarà
completamente liberata dalle testimonianze del passato e si partirà a
pieno ritmo con il metrò. Vede quelle placche in metallo sistemate sui
bordi dello scavo? Servono come aggancio per i tiranti che consentiranno
di scendere in profondità, venti metri al di sotto del livello attuale,
dove dovranno aprirsi le gallerie dei treni. Entro la fine dell’anno la
zona interessata dai lavori si estenderà fino alle mura del Maschio
Angioino, incorporando anche una consistente porzione dei giardini, per
avviare la costruzione del terminal Linea 6». Tradotto in termini di
impatto sulla città, un versante della piazza dovrà essere chiuso al
traffico. Con l’attuale sistema di flusso dei veicoli, lo sbarramento
renderebbe impossibile raggiungere via Acton dal centro storico. «Il
Comune sta già studiando un piano alternativo di viabilità - precisa il
presidente della Metropolitana - con inversione dei sensi di marcia».
Quando la barca romana si solleva, stretta nel guscio bianco di
vetroresina che la proteggerà dagli attacchi dell’atmosfera, un lungo
applauso unisce le autorità ai tanti cittadini che seguono l’operazione
dal balcone o arrampicandosi sulla recinzione del cantiere. «Spettacolo
eccezionale - commenta il sindaco - soltanto al museo vichingo di Oslo
ho visto qualcosa che, molto lontanamente, si poteva paragonare a
questo». «Le stazioni dell’arte e dell’archeologia - aggiunge il
presidente della provincia Dino Di Palma - rappresentano il punto di
fusione tra lo sviluppo del sistema di trasporto e il recupero della
memoria storica, un percorso verso il miglioramento della qualità della
vita». «Nulla sarebbe stato possibile - conclude il presidente della
regione Antonio Bassolino - senza la sinergia tra studiosi di cose
antiche e ingegneri, restauratori e operai edili, enti locali e
soprintendenza. Napoli avrà un grande museo degli scavi nel metrò.
Bisogna trovare le risorse: per quanto ci riguarda, utilizzeremo i fondi
europei».
L’impegno di spesa per il restauro dei tesori trovati in piazza
Municipio e piazza Nicola Amore, che durerà almeno cinque anni, potrebbe
essere presto definito con un accordo Stato-Regione. Il ministero per i
beni culturali ha già stanziato 50mila euro per l’allestimento del
deposito di Piscinola che ospita le barche romane e la fontana del XIII
secolo. E un’altra importante iniziativa è allo studio dei tecnici. Una
visita guidata virtuale negli scavi archeologici della Campania, con
collegamenti in diretta dal capannone dove si lavora al recupero dei
reperti del metrò, attraverso le immagini e i filmati trasmessi da un
serie di monitor che verranno posizionati all’interno della stazione
Museo. L’impianto verrà realizzato grazie a un’intesa tra Soprintendenza
e Cnr e dovrebbe essere attivato nella prossima primavera, quando si
inaugurerà il collegamento diretto tra la ferrovia e l’ingresso
dell’Archeologico: ma c’è speranza di anticipare i tempi.
Sotto le barche d’epoca romana, un tappeto di reperti ci riporta a tempi
più lontani, ai traffici portuali della Napoli greca e addirittura ai
limiti della preistoria. Ultime in ordine d’apparizione due belle anfore
del II secolo avanti Cristo, che affiorano per metà dal fondo del
cantiere e venivano utilizzate per trasportare olio, vino, cereali. Allo
stesso periodo risale la serie di ceramiche a vernice nera di produzione
campana recuperata dagli archeologi nelle ultime settimane di lavoro e
attualmente in fase di lavaggio nel piccolo deposito annesso alla
stazione, operazione che precede la partenza per la sede del restauro
vero e proprio. Il pezzo più antico, restando a quelli che hanno già
avuto una datazione ufficiale, è un frammento di tazza del VII secolo
avanti Cristo fabbricato a Ischia. Ma resta sotto osservazione il coccio
di un vaso in ceramica che, come spiega il sopritendente regionale
Stefano De Caro, «per le caratteristiche d’impasto potrebbe forse
riportarci all’età del bronzo, due millenni prima della nascita di
Cristo. L’ipotesi, comunque, deve ancora essere confermata».
Sotto le barche, sul fondo del cantiere, all’osservatore poco attento
può sfuggire un disegno del suolo a righe ondulate che per l’esperto,
invece, rappresenta un’eccezionale materia di studio. «Quando abbiamo
cominciato a scavare per il recupero dell’antico porto - prosegue De
Caro - ci siamo resi conto che l’area era soggetta a un fenomeno di
interramento che si ripeteva a cadenze regolari e provocava una continua
alterazione del livello del fondale. Come è stato possibile, in queste
condizioni, assicurare l’approdo delle barche? Semplice: i nostri
antenati sono stati in grado di garantire un costante e efficace
intervento di manutenzione. I solchi che vedete sul terreno, impressi
con un movimento rotatorio ”a cucchiaio”, rappresentano la testimonianza
di un’opera di dragaggio eseguita regolarmente con la benna. Il
terriccio che si accumulava veniva rimosso per consentire agli scafi di
pescare nell’acqua senza arenarsi». All’approfondimento dell’alta
ingegneria greco-romana si accompagna la ricostruzione dei flussi
mercantili. «Un vasetto in vernice nera, preso singolarmente, ha poca
importanza dal punto di vista storico - precisa il soprintendente
regionale - è fondamentale, invece, stabilire se questi prodotti
partissero da Napoli verso altri scali o se, invece, rappresentassero
materiale da importazione».
L’operazione di recupero delle barche da piazza Municipio, coordinata da
Stefano De Caro con la soprintendente ai beni archeologici Valeria
Sanpaolo, ha impegnato un nutrito staff di esperti e si è svolto in
collaborazione con la soprintendenza della Toscana. Con la responsabile
dello scavo, Daniela Giampaola, sette archeologici, due architetti e tre
restauratori; al progetto di diagnosi sul degrado del legno hanno
lavorato la dottoressa Gianna Giachi (soprintendenza Toscana),
l’Istituto centrale del restauro e il dipartimento di botanica
dell’università Federico II. Tirati fuori i tre relitti, l’opera degli
studiosi di cose antiche si avvia a conclusione per lasciar spazio a
quella degli ingegneri, dei geometri, degli operai edili. Ma nuove
sorprese potrebbero essere dietro l’angolo, con l’apertura della seconda
porzione del cantiere sul versante Maschio Angioino. È possibile, anzi
altamente probabile, che altri tesori saltino fuori durante lo scavo
della stazione e delle gallerie. Così come potrebbero nascondere un
patrimonio di reperti i giardinetti che fronteggiano Palazzo San
Giacomo, prossima tappa dell’opera di rifacimento della piazza. (Fonte: Il Mattino) |
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31/07/2004
ECCO FRONTONI E GRONDAIE
Sollevata la fontana medievale dagli scavi del metrò di piazza
Nicola Amore, continuano a venir fuori tesori archeologici di grande
valore storico. Gli scavi ruotano intorno al complesso monumentale di
età imperiale, prima metà del I sec. d.C. Scavi che hanno confermato che
si è in presenza di un podio in opera laterizia di un tempio che è
circondato su tutti i lati da un corridoio, pavimentato a mosaico a
grandi tessere policrome, delimitato da una bassa balaustra rivestita di
marmi. La pavimentazione, databile fra fine III – IV sec. d.C.,
documenta un restauro del monumento che appare essere stato oggetto nel
tempo di diversi interventi edilizi. Giorni di lavoro intenso nel
cantiere, tanto che, come comunica la nota di palazzo San Giacomo «è
stata completata l’asportazione della ricca decorazione marmorea
dell’elevato del tempio rinvenuta in crollo lungo il lato sud del podio,
negli strati che coprivano il pavimento a grandi tessere marmoree».
Oltre alle cornici, alle colonne e ai capitelli corinzi sono venuti in
luce lastre di gronda, ugualmente di marmo, con un genio alato su toro
che trattiene per la criniera due leoni con la testa di prospetto: un
ulteriore prova della ricchezza e originalità dell’apparato decorativo
dell’edificio. La rimozione della fontana del XIII secolo, consente di
approfondire lo scavo nel settore sud del pozzo di stazione,
evidenziando la sistemazione dell’area circostante il tempio.
Gli archeologi sono dunque al lavoro per mettere in sicurezza il
prezioso pavimento a mosaico e inseguire altre tracce di storia su un
percorso appena accennato: i primi gradini di una scalinata che prosegue
verso un livello inferiore, dove lo scavo di sondaggio ha già rivelato
l’esistenza di una pavimentazione d’epoca precedente. Sul lato opposto,
a ridosso della fontana, emergono dal terreno capitelli e fregi
ritrovati negli ultimi giorni e altri verranno fuori quando sarà
possibile smantellare il basamento della vasca. (Fonte: Il Mattino) |
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24/07/2004 TRASFERITI
REPERTI DA PIAZZA NICOLA AMORE
Quando il cassone comincia a sollevarsi - base quattro metri per
sei, altezza due e mezzo, 75 tonnellate di peso tirate su da una gru
zavorrata - il sindaco Rosa Iervolino trattiene il respiro: «È un pezzo
di storia che si muove. Un tesoro che non può toglierci nessuno».
Visibilmente commosso anche Antonio Bassolino, presidente della regione:
«Quando è partito lo scavo si sapeva che nel sottosuolo c’era qualcosa
di importante. Ma siamo davvero andati oltre ogni aspettativa». Lascia
così il cantiere di piazza Nicola Amore, diretta al capannone di
Piscinola per il restauro, la fontana del XIII secolo scoperta durante i
lavori per la costruzione del metrò.
Sul lato anteriore della struttura, la mano di un ignoto artista ha
lasciato una «fotografia» dei suoi tempi: la torre di guardia, simbolo
della città, e il corteo di galee con il gran pavese che fa ritorno da
una battaglia vinta (forse quella di Procida, tra angioini e aragonesi)
con il suo carico di gloria e di bottino. «Nelle delicate linee del
graffito - spiegano gli esperti della soprintendenza - si riconosce lo
stile delle miniature che illustravano i testi di Pietro da Eboli».
Terminato il recupero, dove sarà sistemata la vasca? Meglio in un museo,
suggeriscono gli addetti ai lavori. «Meglio all’aperto - interviene il
vicesindaco Rocco Papa - l’ideale sarebbe riportarla qui, dove l’abbiamo
trovata. Come il tempio di età augustea, che verrà sezionato, trasferito
per il restauro e ricostruito all’interno della stazione».
Eccolo, il tempio. Liberato il campo dai reperti di dimensioni più
ridotte (colonne e frammenti del frontone sono stati «impacchettati» e
spediti a Piscinola l’altro ieri) gli archeologi sono al lavoro per
mettere in sicurezza il prezioso pavimento a mosaico e inseguire altre
tracce di storia su un percorso appena accennato: i primi gradini di una
scalinata che prosegue verso un livello inferiore, dove lo scavo di
sondaggio ha già rivelato l’esistenza di una pavimentazione d’epoca
precedente. Sul lato opposto, a ridosso della fontana, emergono dal
terreno capitelli e fregi ritrovati negli ultimi giorni e altri verranno
fuori quando sarà possibile smantellare il basamento della vasca. Tra i
pezzi più interessanti, da un punto di vista artistico, la grondaia che
lasciava scorrere acqua piovana dalle fauci di tori e leoni finemente
scolpiti nel marmo: la prima lastra è stata scoperta due mesi fa, altre
due in tempi più recenti. Ma l’avventura continua anche lungo i confini
del cantiere, a ridosso di via Duomo, dove la recinzione bizantina
lascia intravedere l’impianto delle mura greche.
Gli archeologi possono spingersi oltre per almeno quindici metri di
profondità. Tempi lunghissimi per la ripresa dei lavori «ordinari» del
metrò? Non lunghissimi, ma lunghi. C’è da ridisegnare il progetto della
stazione, dove deve trovare spazio l’ammezzato-museo, e da allargare il
perimetro del cantiere per bypassare le fondamenta del tempio. In piazza
Municipio, invece, il programma è accelerato al massimo. «A settembre
saranno tirate fuori le barche romane - promette Giannegidio Silva,
presidente della Metropolitana - e subito dopo partiremo con lo ”scavo
assistito”, tecnici della soprintendenza e operai edili saranno
all’opera contemporaneamente». (Fonte: Il Mattino) |
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21/07/2004
NEL METRO' DELLE MERAVIGLIE UNA STORIA LUNGA MILLE ANNI
Abituati alle infinite navigazioni per oceani alla scoperta di terre
remotissime e insperate, i portoghesi sono gente paziente. Anche l'
architetto Alvaro Siza lo è senz' altro. Gli annunciamo che si è formato
un comitato convinto che il suo progetto per il metrò di piazza
Municipio vada rivisto, alla luce dei nuovi scavi che hanno scoperto
quella che gli addetti ai lavori chiamano "la piccola Ercolano". Proprio
così, era previsto, dice il soprintendente regionale Stefano De Caro,
«ma scavare e quantizzare, datare e archiviare è una cosa diversa,
necessaria». «Polemiche? Ma certo, deve essere così - risponde pacato
Alvaro Siza - Tutto ciò che ha a che fare con l' archeologia, non è un
progetto terminato». Replica come un mare calmo ai confini con un lago
agitato, il progettista tra i più grandi del secolo. E il capitolo si
riapre, ancora una volta. «Siamo sicuri - dicono negli uffici di via
Galileo Ferraris quelli che lavorano per la Metropolitana di Napoli -
che tornerà presto, Siza, e sebbene anziano, chiederà di girare da solo,
senza che gli raccontiamo assolutamente nulla, e riempirà una cifra di
quei suoi foglietti, come fa ogni volta». Leggenda vuole che l'
archi-star, al primo incontro dopo uno di quei suoi sopralluoghi
solitari, abbia detto a chi gli commissionava il progetto per le
stazioni del metrò e il collegamento con il waterfront: «Siete proprio
sicuri che volete il metrò proprio qui?». Sapeva già, Siza, non solo che
sarebbero nati comitati spontanei, ma che il suo lavoro avrebbe dovuto
essere rivisto non una, ma decine di volte. Aldo Loris Rossi, collega
del progettista portoghese e studioso dell' area di Castel Nuovo, prima
di aderire al comitato, capeggiato da Gerardo Marotta (che sta
pubblicando un instant-book sulla vicenda) ha riassunto in sette punti
le sue obiezioni al progetto Siza. «Gran parte dei suggerimenti dati da
Rossi sono già contenuti nel progetto - dice Giannegidio Silva,
presidente della Metropolitana di Napoli - sappiamo che le sue
osservazioni sono in buona fede e già ne facemmo tesoro. Il problema è
che tocca sistemare nella piazza ben due stazioni su tre e non due
livelli, per soddisfare tutte le funzioni di cui si ha bisogno. Priorità
assoluta ai pozzi di stazione: quelli sono inevitabili, e non si può mai
pensare di spostarli, i calcoli ci darebbero torto assoluto». Il
progetto Siza, questo sconosciuto: è l' obiezione più comune. Il motivo
di questa convinzione, vera solo in parte, diventa chiaro nel container
dove alloggiano gli archeologi, incaricati della tutela e della
valorizzazione degli scavi. La soprintendente archeologa di Napoli,
Maria Luisa Nava, mostra una testina di donna in pietra serena della
quale sembrano avere reminiscenze nelle loro sculture Manzù e Medardo
Rosso. è un pezzo del Medioevo napoletano riportato alla luce nella
"Piccola Ercolano" (a significare il sito archeologico tra i più vasti
mai trovati in Campania) scavata tra Castel Nuovo, l' area di Palazzo
San Giacomo e via Vittorio Emanuele III su cui affaccia la cortina di
palazzi con l' Hotel de Londres e il teatro Mercadante. La testina è
stata trovata di recente, i ritrovamenti sono continui. Esulteranno gli
esperti di Caravaggio a sentire che la locanda del Cerriglio, dove il
pittore fu sfigurato, aveva inaugurato l' usanza di certi ristoranti
moderni del piatto del buon ricordo: su un coccio cinquecentesco, quindi
di prima del Merisi, anche quello venuto alla luce negli scavi per la
metropolitana, si legge la scritta "Da Lonardo al Cerriglio. Bella cosa
è la poltroneria: la 'state al fresco, il verno all' osteria". Qui,
davanti al castello, c' era una enorme discarica di stoviglie: anche
questa permette la lettura della storia quotidiana della città, finora
pochissimo risaputa. E la frase di Siza riportata all' inizio dimostra
che se ne tiene conto. Il progetto non è conosciuto non perché non sia
stato mostrato pubblicamente da Comune e Metropolitana, ma perché il
microcosmo antistante il castello è in continuo mutamento e il progetto
ne segue la metamorfosi molto da vicino. «Dal primo progetto - spiega De
Caro - le cose sono molto cambiate. Inizialmente veniva privilegiato l'
aspetto architettonico, gli scavi hanno costretto Siza a modificarlo.
Noi dobbiamo trovare il punto di equilibrio tra il disegno di un grande
architetto, le preesistenze e le necessità della metropolitana. La
stazione del metrò o non si fa, o si fa - e bisogna farla - e allora si
deve contrattare tra vecchio e nuovo. Quel che è certo è che piazza
Municipio era un luogo di scambio cruciale, uno snodo fondamentale della
vita urbana di Napoli. Il come farlo capire ancora, è quello che ci
aspetta nei prossimi tempi. Noi abbiamo approvato il progetto di
massima, ma si vedrà». Intanto De Caro dà un' occhiata al "rendering",
la ricostruzione virtuale da progetto delle due quote della piazza, una
coperta, l' altra come è adesso. Sotto si vedrà il muro vicereale, che
non verrà distrutto se non per il varco che permette l' ingresso alla
stazione. «Questo, ad esempio - dice il soprintendente - è già
superato». Guarda un altro disegno che dà un' idea del corridoio lungo
le mura dove è prevista la sistemazione dei reperti e delle barche. «Ne
ho già parlato con il sindaco: perché non trasformare il Maschio
Angioino nella sua totalità in Museo della Città, come quelli di ogni
centro europeo che si rispetti? Sarebbe necessario mettere insieme
diverse competenze per farlo, come accadde per San Martino. Ma qui si
potrebbe contare su due milioni di visitatori all' anno, visto il flusso
del porto e il resto. Non c' è un posto dove la storia della città non
borbonica venga raccontata». è vero, quella venuta alla luce è la
cittadella aragonese e vicereale, con i palazzi angioini sotto ai quali
ora si affaccia una villa romana costruita sul promontorio del porto
dove furono scavate le due barche. Insomma, è un pezzo di storia di
Napoli, ma non è il Partenone. Eppure «sbaglia chi pensa che si tratti
di scavi inutili», ammonisce De Caro, rispondendo alle osservazioni del
professor Giulio Pane. «I napoletani mostrano molto interesse - dice
Daniela Giampaola, che dirige gli scavi e con la medioevista Vittoria
Carsana lavora incessantemente da dieci anni a questo esperimento senza
precedenti di archeologia urbana che sta facendo scuola - e visitano
numerosi i reperti che saranno esposti nello spazio sotto la stazione
Museo fino al 31 luglio. Napoli ha grossi problemi di identità e tutto
questo aiuta a riconoscersi nella propria storia». Adesso possiamo
scendere nello scavo, che in una giornata di caldo record, naturalmente,
è rovente: sconsigliabile farlo senza cappello. Siamo pochi metri sotto
il calpestio, e a pochi passi, nel circuito creato intorno al cantiere,
corrono auto impazzite e bus stracarichi. Ma qui nel fossato sembra di
salire sulla macchina del tempo, i rumori si stemperano, i colori si
fanno riposanti. Entriamo nella Tavola Strozzi come Mary Poppins fa il
suo fantastico ingresso nei paesaggi dipinti con i gessetti dallo
spazzacamino della favola. Si riconosce il muro merlato e una torre
circolare costruita dopo, sormontata dai fori delle archibugiere, con
dietro il muro aragonese, che nessuno toccherà, assicurano gli
archeologi. Quello vicereale poi Siza vorrebbe inglobarlo nel
sottopassaggio che collegherà la Stazione Marittima con Palazzo San
Giacomo (che Rossi propone invece scoperto: secondo i tecnici però se
così si facesse ne risentirebbero troppo gli assi viari del traffico).
Ecco poi l' angolo di muratura di un palazzo con pitture murarie: si
distingue un braccio con ampia manica che circonda un fanciullo (o un
santo con committente?), forse è di mano angioina, come la scritta
neogotica comparsa poco oltre. Palazzo nobiliare o chiesa? La prossima
tappa è la scuderia diventata nel Settecento deposito di palle di
cannone: ecco le mangiatoie e i successivi segni dei materiali da
arsenale. Subito sotto ecco apparire un mosaico a disegno geometrico
della villa probabilmente terrazzata. Questi ambienti, coperti da una
volta e introdotti da un grande arco, sono proprio a sinistra del futuro
previsto ingresso alla stazione che metterà in connessione linea 1 e
linea 6. Il pozzo di stazione, il grande buco nero senza il quale il
metrò non si può fare, non mette in discussione tutto questo. L' altro
pozzo, come era stato annunciato, è scavato nel vecchio sito del porto
romano, poco distante da qui. Risaliamo dalla quota degli scavi e
usciamo dal cantiere non prima di esserci lasciati sulla sinistra l'
ingresso slabbrato di un cunicolo tappezzato da terribili mattonelline
rosa. è il vecchio Cobianchi, la toilet pubblica che negli anni Sessanta
fu costruita sventrando a destra e a manca quel che c' era della
cittadella aragonese. L' ultimo pezzo del palinsesto della storia di
Napoli. Quella volta la città rimase muta e sorda al dibattito, meno
male che ora non è più così. 2- continua(Fonte:
Stella Cervasio su La Repubblica) |
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11/06/2004 SPUNTA
L'ACQUEDOTTO AUGUSTEO
L’eccezionale quantità di reperti, secondo gli archeologi permetterà
di ricostruire un interessante spaccato storico e scientifico
dell’antica Neapolis. Era console, e patrizio, Agapitus. Un personaggio
di spicco della Napoli bizantina, quando si accollò l’onere di
restaurare l’acquedotto Augusteo del Serino, l’antica via d’acqua che
riforniva con prezioso liquido Napoli e i Campi Flegrei. La storia, la
racconta un breve tratto di condotta, in piombo, con graffiti nomi,
impegni e titoli del nobile napoletano, ritrovata nel cantiere del Metrò
in Piazza Nicola Amore. Ultima scoperta di una serie di ritrovamenti
eccezionali effettuati dagli archeologi della Soprintendenza
Archeologica napoletana. Una testimonianza certa che l’acquedotto in età
bizantina non solo funzionava ancora ma era oggetto di attenti recuperi
da parte delle autorità. Cosi come il recupero delle barche di Piazza
Municipio ha portato a individuare un natante unico per quest’area del
mediterraneo: con la chiglia molto larga e la prora piatta in modo da
potersi attaccare al pontile ed eseguire le operazioni carico e scarico
merci con maggior facilità. E pi ci sono i ritrovamenti dei materiali
che una volta restaurati permetteranno di riscrivere la storia
dell’instrumentum domestico nella città di Napoli, visto che si sono
intercettati enormi quantità di materiali d’importazione estremamente
vari, tra cui una cima di corda, ancore con i denti di legno ben
conservate, un cesto di vimini, stuoie, suole di scarpe. “Insomma – dice
Daniela Giampaola, l’archeologa che è responsabile degli scavi - tutto
quanto veniva usato nell’attività connessa al bacino e che normalmente
non si ritrova nelle normali indagini archeologiche”. Tra l’altro, gli
scavi servono a ricostruire la sequenza storica dell’insediamento
napoletano visto che Il bacino s’interra agli inizi del V secolo d.C..
Altra scoperta, in Piazza Nicola Amore, è stata la destinazione
dell’edificio del quale si erano recuperate le parti in crollo: era un
tempio, edificato nella prima epoca imperiale, tra l’età di Claudio e
Tiberio, abbellito con decorazioni architettoniche dell’edificio e marmi
di elevata finezza. Abbattuto durante le guerre greco – gotiche, adesso
il tempio sarà ricostruito proprio accanto alla stazione del Metrò a
testimonianza di quanta storia sia ancora sepolta in quello che Matilde
Serao chiamò il “ventre di Napoli”. (Fonte: Culturalweb) |
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10/06/2004
L'ULTIMA NAVE DI PIAZZA MUNICIPIO E' UN UNICUM
È assolutamente unica nel suo genere e per quest'area del
Mediterraneo, l'ultima imbarcazione emersa dallo scavo del Metrò
napoletano di Piazza Municipio. Lo hanno scoperto gli archeologi della
Soprintendenza Archeologica partenopea quando lo scafo è stato ripulito
dal fango e dalle incrostazioni che per duemila anni lo hanno custodito,
sigillato nella melma, sul fondale del porto antico di Neapolis. Il
natante, altri due simili si trovano a Tolone, in Francia, e comunque
non si sono conservati come quello di Napoli, «presenta una chiglia
molto larga, con bordi poco alti e la prua piatta in modo da favorire
l'attracco al molo e il carico e scarico merci», come rivela Daniela
Giampaola, l'archeologa responsabile di scavi e recupero. Il barcone,
faceva la spola tra il molo e le pesanti navi da trasporto, obbligate
dalla loro stazza a ancorarsi al largo. Ma non sono questi gli unici
elementi che rendono i ritrovamenti del tutto particolari, per il loro
spessore storico e scientifico. Anche la costruzione della barca, con lo
scheletro di base al quale si sovrapponeva il fasciame, del tutto
differente dalle architetture successive, è un dato che contribuisce a
confermare ipotesi su particolari tecniche di produzione applicate alla
cantieristica antica. Per finire con tutti i dati che emergeranno dallo
studio dei legni e capaci di fornire elementi unici a studiosi di
territorio, clima e flora antica. |
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29/05/2004
ANCORA SCOPERTE A PIAZZA NICOLA AMORE
Ancora sorprese dai cantieri del metrò di piazza Nicola Amore. E
questa volta quello che viene fuori dallo scavo potrebbe consentire agli
archeologi di ricostruire il tempio che poi verrà installato nella
stazione del metrò archeologico una volta ultimati i lavori.
I reperti che sono venuti alla luce sono almeno tre: si tratta di due
capitelli, due pezzi delle colonne del tempio grazie ai quali i tecnici
ora sono in grado di ricomporre e ricostruire appunto il tempio. E poi
di un «doccione» una sorta di grondaia, attraverso la quale trovava
sfogo l’acqua piovana di età imperiale. Perché il tempio, secondo gli
archeologi dovrebbe avere quella datazione. Ogni giorno che passa un
nuovo tassello architettonico in ottimo stato di conservazione si
aggiunge al disegno dell’imponente struttura giulio-claudia, tempio per
il culto augusteo oppure gymnasium: frammenti del frontone, pezzi delle
colonne, parti del pavimento a mosaico che - secondo gli esperti - si
poggia su una base ancora più antica. Gli ultimi ritrovamenti dovrebbero
essere quelli definitivi, e lo dimostra il fatto che le altre colonne
sono state già impacchettate e sono pronte per essere spedite nel
laboratorio di Piscinola. Qui i restauratori le faranno ritornare agli
antichi splendori e vi ricostruiranno intorno i pezzi mancanti. Fatto
questo lavoro il tempio verrà portato pezzo su pezzo di nuovo nella
stazione di piazza Nicola Amore che dovrebbe essere la sua definitiva
destinazione. Del resto quella sarà l’ultima fermata a essere terminata.
Proprio per dare modo agli archeologi di portare a termine il loro
compito.
Ieri al Museo Archeologico c’è stata una conferenza stampa della
direttrice scavi metropolitana Daniela Giampaola dove sono stati
illustrati appunto gli ultimi ritrovamenti e soprattutto le barche
romane rinvenute nel cantiere di piazza Municipio. Tre le imbarcazione
restituite alla luce dagli archeologi dopo 2000 anni. E ieri al Museo
c’erano anche gli esperti del laboratorio «Arc Nucléart» di Grenoble,
già incaricati del recupero dei relitti nel sito archeologico di
Pisa-San Rossore e che ora stanno lavorando in città.
Piazza Municipio sarà ridisegnata intorno al metrò archeologico
dall’architetto portoghese Alvaro Siza che tra qualche settimane
dovrebbe consegnare il progetto definitivo. Siza ha previsto addirittura
due piazze: una a venti metri di profondità, l’altra in superficie.
L’idea è quella di riportare la piazza agli antichi splendori. Antichi
perché Siza per ridisegnarla ha studiato la conformazione di quello
spazio risalendo fino all’antichità, per arrivare poi all’età angioina
quando lo «spazio» è divenuto piazza vera e propria. Epoche in cui
attraverso il sito la città si collegava al mare. Il tunnel pedonale,
l’agorà sotterranea, il filo rosso attraverso il quale Napoli
riabbraccerà il suo mare. Il futuro è il passato riveduto e corretto:
basta pensare che anche il fossato del Maschio Angioino non sarà più lo
stesso. Spostato in avanti, sarà quella parte della piazza sotterranea
dove troveranno posto bar, ristoranti, locali commerciali e luoghi di
aggregazione con vista mare. (Fonte: Il Mattino) |
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22/04/2004 UN PROGETTO
URBANISTICO PER PIAZZA MUNICIPIO
Una a venti metri di profondità, l’altra in superficie: raddoppia
piazza Municipio, quella presentata ieri da Alvaro Siza, l’architetto
portoghese scelto dal Comune e in particolare da Rocco Papa il
vicesindaco e assessore all’Urbanistica, per riportarla agli antichi
splendori. Antichi perché Siza per ridisegnarla ha studiato la
conformazione di quello spazio risalendo fino all’antichità, per
arrivare poi all’età angioina quando lo «spazio» è divenuto piazza vera
e propria. Epoche in cui attraverso il sito la città si collegava al
mare. E questo ha progettato il professionista portoghese, che,
nonostante sia considerato tra i principali esponenti «della metafisica
e della lentezza» ha portato invece un progetto dal sapore
rivoluzionario.
Il tunnel pedonale, l’agorà sotterranea, il filo rosso attraverso il
quale Napoli riabbraccerà il suo mare. Il futuro è il passato riveduto e
corretto: basta pensare che anche il fossato del Maschio Angioino non
sarà più lo stesso. Spostato in avanti, sarà quella parte della piazza
sotterranea dove troveranno posto bar, ristoranti, locali commerciali e
luoghi di aggregazione con vista mare. Ma non è finita qui, perché Siza
oltre a cambiare volto a piazza Municipio ha avuto un’altra missione,
quella di disegnare le stazioni della linea 1 e della linea 6 del metrò
che galleggeranno a quote diverse sotto il tunnel pedonale e che saranno
uno dei principali nodi di interscambio dell’intera rete della
metropolitana. Restituire la città al mare la parola d’ordine, ma anche
pedonalizzare. Così via Depretis diverrà cieca, non ci sarà più accesso
a piazza Municipio da quel lato. Le direttrici di attraversamento
veicolare saranno due soltanto: la prima parte da via San Carlo e passa
per via Medina. La seconda è costituita da via Marina. Dove in
superficie viaggeranno solo i mezzi pubblici, i famosi jumbo tram. Sotto
il mare, grazie al sottopasso di via Acton, il resto del traffico.
Sarà una piazza che guarderà al passato tanto che quello che emerge
dall’antichità avrà un ruolo pregnante. Nel tunnel pedonale, che partirà
dai giardini prospicenti Palazzo San Giacomo, troverà posto, anzi sarà
un vero e proprio museo, quanto rinvenuto nei cantieri del metrò. Le tre
barche di epoca romana gli attrattori principali. Una sarà appesa alla
parete a mo’ di quadro, le altre poggiate al suolo. Nell’agorà
sotterranea anche statue marmoree a grandezza d’uomo che riprodurranno
fedelmente grandi capolavori dell’antichità. Il bastione del Maschio
Angioino sarà visibile dall’interno della stazione della metropolitana
che sarà arredata con i reperti archeologici emersi dagli scavi in
corso.
Siza il «metafisico» lascia il segno anche per un’altra particolarità
del suo progetto. Malgrado l’agorà sia venti metri sottoterra, sarà
illuminata dalla luce del sole: pozzi e fenditure sono previsti a questo
scopo. Se sotto sarà una piazza, sopra il percorso del tunnel pedonale
sarà un lungo viale alberato fino al porto. Dove una rampa d’accesso al
tunnel accoglierà i turisti. «Siamo un po’ commossi - spiega il sindaco
- un buon architetto fa cose semplici e mi commuove l’uso costante della
luce». Soddisfatto Papa, che vede così il disegno del waterfront
concretizzarsi: «Siza recupera l’idea di fondo della piazza del
collegamento della città con il mare, con il rispetto dei materiali, dei
colori, della luce e dei reperti archeologici trovati. Dal punto di
vista planimetrico la piazza è organizzata su due piani: uno alle
attuali quote, l’altro all’altezza del fossato che diventa una grande
piazza, di volume triplicato rispetto a quello attuale. L’ingresso della
metropolitana non sarà più una discesa agli inferi ma sarà in quota».
Quanto ai tempi il vicesindaco è preciso: «L’intervento prevede la
divisione della piazza in tre parti: la porzione antistante Palazzo San
Giacomo si farà immediatamente, le altre due insieme, compatibilmente
con i tempi della metropolitana, tutta la piazza sarà pronta per il
2008». Sessanta i milioni di euro a disposizione, frutto di fondi
comunitari. (Fonte: Il Mattino)
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03/04/2004
NUOVI RITROVAMENTI DAI CANTIERI DEL METRO'
Pezzo dopo pezzo sta venendo fuori il «Gymnasium» e anche ieri, come
comunica la Soprintendenza, dal cantiere del metrò stazione via Duomo a
piazza Nicola Amore gli archeologi hanno avuto sorprese. Perché dal
terreno sono venute fuori altre parti di colonne di marmo, decorazioni
risalenti al VI secolo d.C. che dovrebbero fare parte appunto del «Gymnasium».
La localizzazione dei capitelli è in prossimità della fontana del 1300,
cosa che confermerebbe come il tempio fu abbattuto piuttosto che raso al
suolo da eventi naturali. E soprattutto c’è la conferma che scavando in
quella direzione presto potrebbero venire alla luce altre tessere di
questo mosaico vecchio di 2000 anni.
Ritrovamenti che sono salutati con piacere non solo dagli archeologi, ma
anche dai tecnici della metropolitana. E questo per un motivo semplice,
perché la Soprintendenza ha affermato che entro dicembre gli scavi
saranno ultimati. Il ritmo con cui i reperti vengono recuperati va in
questa direzione e quindi non ci saranno ulteriori rallentamenti per lo
scavo del metrò. Anzi, vista la modifica attuata al progetto originario
della stazione i due lavori procederanno in maniera parallela. Una volta
recuperati tutti i pezzi del «Gymnasium», verranno restaurati e
ricollocati dentro la stazione che sorgerà intorno al tempio ricostruito
per intero dagli archeologi.
Novità arrivano anche dal cantiere del metrò di piazza Municipio dove la
più piccola delle tre barche di epoca romana, rinvenute dove c’era il
porto di Neapolis, è stata scavata del tutto. L’imbarcazione aveva a
bordo un carico di calce al momento dell’affondamento. Al di sotto dei
livelli di calce, la parte interna dello scafo non è risultata
completamente conservata. In sostanza è in condizioni abbastanza
critiche. Malgrado questo, stando a quanto trapela, gli studiosi hanno
ricavato parecchie informazioni. Sembra che questa barca non fosse
adibita per viaggiare in alto mare, ma piuttosto per trasportare grossi
e pesanti carichi, come appunto la calce, da scaricare poi o su altre
navi che avrebbero preso il largo oppure in zone non molto lontane dal
porto.
Ora comincia la fase più delicata del lavoro, perché è in fase di
elaborazione il progetto per l’asportazione della barca dal fondale
marino sul quale è inglobata. Operazione per la quale è stata chiesta la
collaborazione della soprintendenza per i beni archeologici della
Toscana che collaborerà al restauro delle navi di età romana. In virtù
delle competenze acquisite negli scavi delle navi romane a San Rossore,
a Pisa. La collaborazione prevede, oltre la trasmissione agli operatori
napoletani delle metodiche elaborate nello scavo di Pisa, anche il
sollevamento delle imbarcazioni e il loro trattamento conservativo. I
restauratori toscani, del resto, stanno già prendendo parte allo scavo.
La soprintendenza fiorentina restaurerà anche i resti di una quadriga
bronzea della prima età imperiale romana venuti alla luce nel 1739 nel
corso degli scavi borbonici ad Ercolano. Alcuni frammenti della
quadriga, che decorava un arco trionfale, subito dopo il rinvenimento
furono rifusi per ricavarne un bassorilievo con i ritratti del re e
della regina e, per evitare il ripetersi dello scempio, i frammenti
residui vennero tenuti nascosti per anni. Nel 1756 venne ricomposta la
figura di un cavallo, detto cavallo Mazzocchi, utilizzando anche resti
di altre statue equestri provenienti da zone diverse di Ercolano. Altri
frammenti della quadriga vennero alla luce nell’800 e in uno scavo del
1960. Il restauro si farà nei laboratori di Firenze.
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24/03/2004
E' DI UN BOVINO LO SCHELETRO ANIMALE RINVENUTO
Non sono resti di un coccodrillo, bensì di un bovino, scarnificato
probabilmente dopo la macellazione. Lo ha comunicato la soprintendenza
per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta al termine degli
accertamenti scientifici eseguiti sul reperto, rinvenuto nei giorni
scorsi durante gli scavi per la realizzazione della stazione della
metropolitana in piazza Municipio.
In una nota trasmessa al vicesindaco Rocco Papa, si precisa «che i resti
dello scheletro animale rinvenuti nella giornata di venerdì scorso
nell’ambito degli scavi di piazza Municipio appartengono alla carcassa
di un bovino macellato». Secondo la soprintendenza si tratta, «come
confermato dai paleozoologi che hanno esaminato i resti, di parte del
tratto dorsale della colonna vertebrale di un bovino, gettata via dopo
la scarnificazione».
L’attribuzione dei resti a un coccodrillo, ipotizzata in un primo
momento, subito dopo il rinvenimento, fu messa in relazione con la
leggenda secondo la quale tra il XIV e il XV secolo i nemici dei sovrani
e gli amanti della regina Giovanna venivano dati in pasto al rettile
venuto dall’Egitto. La leggenda resta tale: non si tratta dello
scheletro di un coccodrillo, ma di quello di un bovino macellato.
Probabilmente, se la notizia del ritrovamento archeologico fosse stata
fornita alla stampa tempestivamente dagli organi preposti, non si
sarebbe scatenato un vero «giallo» paleozoologico, tra polemiche,
dibattiti e illustri pareri scientifici sul ritrovamento dello
scheletro.
(Fonte: Il Mattino)
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23/03/2004
RINVENUTO LO SCHELETRO DI UN ANIMALE IN PIAZZA MUNICIPIO
Potrebbe essere un delfino, oppure chissà cosa, resta il fatto che
nei cantieri del metrò di piazza Nicola Amore e di piazza Municipio,
ogni giorno escono fuori nuovi reperti. Paradossalmente un problema per
gli archeologi, per la Soprintendenza, per i tecnici della metropolitana
e per il Comune che devono fare i conti con l’aspetto sicurezza dei
cantieri. Si spiega così la decisione del vicesindaco e assessore
all’Urbanistica, con delega anche alle infrastrutture di trasporto Rocco
Papa di promuovere un vero e proprio regolamento di accesso alle due
aree, dentro le quali potranno entrare solo persone con apposite
autorizzazioni. Ma c’è di più come spiega lo stesso Papa: «D’intesa con
la Soprintendenza è stata prevista la redazione di un breve bollettino
giornaliero dei lavori effettuati e degli eventuali ritrovamenti
archeologici».
Un bollettino, dunque, per avvisare la città di nuovi eventuali
ritrovamenti, a testimonianza di come i napoletani siano attenti e
vogliano avere notizie sulla Napoli di 2000 anni fa che sta riemergendo
dal sottosuolo pezzo dopo pezzo.
Sullo scheletro rinvenuto a piazza Municipio sembra farsi largo la tesi
che non si tratti di un coccodrillo, la cui leggenda legata al Maschio
Angioino è destinata a restare tale, una sorta di favola e nulla più. La
pensano così, questo trapela, alla Soprintendenza anche se nessuno si
sbilancia più di tanto in attesa di esami più approfonditi. C’è da dire,
su questo punto, che gli zoologi della stazione marina Anton Dohrn hanno
chiesto di visionare il reperto ma hanno ricevuto in rifiuto dalla
Soprintendenza. Hanno strappato solo la promessa che in un futuro, non
ben definito, uno sguardo potranno pure darlo, ma non subito. A
testimonianza che il giallo sullo scheletro è tutt’altro che risolto. Un
diniego che tuttavia non è piaciuto agli zoologi della stazione marina,
fra le più antiche al mondo e fra le più titolate, che avrebbero voluto
vederci chiaro subito. E vista la loro esperienza è indubbio che il
mistero sarebbe stato risolto in poco tempo. Intanto sull’ipotesi
dell’istituzione del museo dove collocare i reperti il sindaco è
possibilista: «Vediamo la quantità di reperti che tireranno fuori e poi
vediamo il da farsi». Una sede probabile potrebbe essere la chiesa
dell’Incoronata a via Medina, almeno per il periodo del Maggio dei
monumenti, che trova favorevole anche il soprintendente archeologico
regionale Stefano De Caro per la vicinanza del sito al luogo degli
scavi. C’è gran fermento intorno agli scavi, proprio alla vigilia della
vista del ministro per i Beni culturali Giuliano Urbani. «Non so -
conclude il sindaco - se vorrà rivedere gli scavi del metrò. Mi risulta
che a Urbani piacerebbe visitare il teatro di via Anticaglia. E noi
saremo ben lieti, se lo vorrà, di accontentarlo».
E il ministro è molto vicino alla città e agli scavi archeologici,
ritenuti i più importanti in corso nell’intero Paese. tanto da avere
dato già un parere favorevole all’allargamento della stazione di via
Duomo in funzione dello scavo completo dello «Gymnasium». (Fonte: Il Mattino)
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19/03/2004
STAZIONE PIU' AMPIA A PIAZZA NICOLA AMORE
La stazione di piazza Nicola Amore non verrà spostata, ma allargata.
Questa la soluzione trovata per salvare gli scavi del metrò, ma
soprattutto quelli archeologici. Una stazione più grande per fare in
modo che oltre a ospitare i treni possa contenere per intero i
ritrovamenti archeologici che stanno emergendo. Primo fra tutti il «Gymnasium»,
il tempio dei giochi olimpici napoletani che pezzo dopo pezzo sta
venendo alla luce. E la novità di giornata è proprio questa, ormai gli
archeologi sono sicuri che il tempio può essere scavato per intero, è
stato individuato attraverso carotaggi nella parte del cantiere che si
affaccia su via Duomo e verso la stazione centrale. E sarà quella l’area
destinata a crescere nelle dimensioni. Una soluzione che comporta un
nuovo progetto e anche una spesa maggiore di circa tre milioni di euro.
Ma questo si sa, non dovrebbe essere un grande problema visto che il
governo, con i ministri per le Infrastrutture Pietro Lunardi e per i
Beni culturali Giuliano Urbani, ha grande attenzione verso il metrò
napoletano e ha promesso, in caso di necessità, un intervento economico
serio. Per ora non serve, la metropolitana è in grado di far fronte con
mezzi propri. Tuttavia è annunciata entro questo mese, oltre la visita
di Lunardi anche quella dello stesso Urbani.
La decisione è arrivata al termine di una lunga riunione tenutasi a
Castel dell’Ovo nella sede della Soprintendenza fra il vicesindaco Rocco
Papa, la Soprintendenza stessa e i dirigenti della metropolitana.
Preceduta nei giorni scorsi da molte polemiche e prese di posizione
spesso contrastanti fra i vari soggetti in campo. La reggente della
Soprintendenza Valeria Sampaolo il 12 marzo era stata categorica:
«Nessuna decisione sarà presa per i lavori della metropolitana se non
dopo il completamento degli scavi». Vale a dire: gli archeologi devono
completare il loro lavoro prima che il cantiere del metrò si possa
rimettere in moto al ritmo giusto. La decisione dell’allargamento della
stazione è la soluzione trovata come conferma il vicesindaco: «La
positiva conclusione degli approfondimenti tecnici consente di coniugare
l’esigenza della conservazione e del restauro dei recenti reperti
archeologici con la necessità di completare la costruzione della Linea 1
del metrò». Tre i turni di lavoro per recuperare parte del tempo che si
perderà, i ritardi nella consegna della stazione sono valutati in un
anno. Gli archeologi dovrebbero terminare il loro lavoro entro la fine
dell’anno. Novità anche per il cantiere di piazza Municipio, tramonta
definitivamente il sogno di far riemergere una delle tre barche per il
Maggio dei monumenti. Bisognerà attendere un po’ di tempo in più per la
loro riemersione dal vecchio porto di Neapolis. La Soprintendenza ha
informato Comune e Metronapoli che sarà la Soprintendenza Archeologica
della Toscana a dare una mano ai tecnici napoletani. È stata messa a
punto la metodologia di scavo e di recupero delle navi. Un lavoro che
dovrebbe essere ultimato entro luglio. Una volta riportate alla luce le
barche saranno restaurate. Due in un laboratorio classico, l’altra in
una teca piazzata a piazza Municipio a mo’ di laboratorio trasparente
visitabile da tutti. |
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13/03/2004
TEMPI LUNGHI PER LO SCAVO DELLE BARCHE
Anche la Soprintendenza, con Valeria Sampaolo, fa sentire la sua
voce a proposito dei nuovi ritrovamenti archeologici nei cantieri del
metrò di piazza Nicola Amore e piazza Municipio. E quello che emerge, è
il caso di dire, è che se non si ultimeranno i lavori di recupero per i
reperti non si potrà prendere alcuna decisione sul futuro delle due
stazioni, né sui tempi di loro ultimazione. Se non è la conferma di uno
stop dei cantieri c’è almeno la certezza di un rallentamento. C’è
l’ammissione che i ritrovamenti sono straordinari, ma hanno provocato
problemi: «E questo nella consapevolezza che senza la tecnologia messa a
disposizione questi reperti non sarebbero mai emersi».
Tempi lunghi tanto che da piazza Municipio, malgrado la speranza di
Palazzo San Giacomo sia ancora forte in questa direzione, difficilmente
si tireranno fuori le imbarcazioni entro l’estate per esporle alla vista
dei turisti e dei napoletani. Affermazioni, quelle della Sampaolo, fatte
nel corso di un incontro alla facoltà di Architettura su «Neapolis e i
reperti ritrovati in piazza Nicola Amore e in piazza Municipio», al
quale ha partecipato anche Daniela Giampaola funzionario responsabile
dei due cantieri. Con lei una folla di appassionati e specialisti come
il preside di Architettura Benedetto Gravagnuolo, l’architetto Aldo
Loris Rossi, la docente Teresa Colletta membro della Consulta della
cultura e il soprintendente regionale Stefano De Caro. «In piazza
Municipio - spiega la soprintendente - bisogna risolvere il problema
della questione dei tempi per il recupero delle barche, una, due, tre o
quante saranno, e la prosecuzione dei lavori per la metropolitana.
Mettendo a punto i metodi di recupero delle barche. Su questo punto
vogliamo utilizzare l’esperienza dei colleghi della soprintendenza di
Firenze. E vogliamo esporre le barche in un museo, certamente non in un
deposito. Ma il recupero delle barche non sarà rapido».
Poi la soprintendente passa al cantiere di piazza Nicola Amore, anche
qui molti i nodi da sciogliere: «Più complessa è la vicenda di questo
cantiere dove ci sono strutture immobili come i pavimenti. Comunque,
nessuna decisione sarà presa per i lavori della metropolitana se non
dopo il completamento degli scavi». Vale a dire, che se gli archeologi
non finiranno il loro lavoro, e in piazza Nicola Amore la
stratificazione storica è «complessa», gli scavi del metrò non potranno
andare avanti. «La nostra indicazione su piazza Nicola Amore - prosegue
la Sampaolo - è questa: far emergere i reperti, smontarli, per
rimontarli in sito dopo la conclusione dei lavori per la stazione».
Situazione difficile (il pericolo è la perdita di posti di lavoro) sulla
quale molto probabilmente sarà chiamato a esprimersi anche il governo
visto che amministrazione e soprintendenza hanno esigenze diverse oltre
che punti di vista differenti. Sulla questione interviene anche il
direttore tecnico della metropolitana Gianfranco Pomicino che così
replica alla Sampaolo: «Gli scavi che stiamo facendo sono quelli della
metropolitana, in cui sono previsti, ed erano previsti, anche quelli
archeologici. Per ora le due cose coincidono. Per il futuro vedremo». (Fonte: Il Mattino)
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11/03/2004
RINVENUTA LA TERZA BARCA
Tutto confermato: dal cantiere del metrò di piazza Municipio emerge
anche la terza barca, quella conservata meglio di tutte e anche la più
grande con i suoi 13,50 metri e larga 3,60. Si trova anch’essa nei
pressi della banchina di ciottoli calcarei e pali lignei. I livelli
stratigrafici che sono stati riportati alla luce fanno ritenere che
l’imbarcazione risalga a un periodo compreso tra il I e il II secolo
dopo Cristo. E forse, potrebbe essere proprio questa barca a finire
nella teca che gli esperti francesi del laboratorio «Arc Nucléart» di
Grenoble hanno avuto mandato di costruire. Il nuovo reperto è l’ennesima
testimonianza che sotto la piazza giace per intero il porto di Neapolis,
uno scalo che 2000 anni fa era tutt’altro che marginale per le rotte
dell’impero romano. Un ritrovamento che ha messo in fibrillazione
l’amministrazione e la sovrintendenza con un susseguirsi di riunioni.
Interpellato al riguardo Stefano De Caro, il sovrintendente regionale ai
beni archeologici ha puntualizzato: «Non mi occupo di barche, ma di
programmazione economica».
La notizia della nuova scoperta è arrivata nella tarda mattinata di
ieri, tanto che il vicesindaco Rocco Papa alle 12 si è precipitato al
cantiere per un sopralluogo, con lui uno stuolo di tecnici della
metropolitana e il presidente Giannegidio Silva accompagnato dal
direttore tecnico dei lavori Gianfranco Pomicino. Il ritrovamento non è
stata una sorpresa, anzi: di indizi nei giorni scorsi ce ne sono stati
tanti. La certezza è arrivata quando lo scanner ha fotografato in
maniera tridimensionale il reperto. A quel punto la sagoma della nave è
stata individuata e già evidenziata nel cratere del cantiere.
Soddisfatto il vicesindaco il cui primo pensiero è stato quello di
rasserenare le maestranze: «Non ci saranno rallentamenti dei lavori per
la metropolitana, su questo posso tranquillizzare tutti». Sul
ritrovamento è più esplicito: «Innanzitutto è la conferma che ci
troviamo di fronte a una scoperta di tipo eccezionale, perché si tratta
della conferma che il porto era un porto importante e molto attivo e che
la sua localizzazione precisa è in quella zona della città. Poi c’è da
dire che rispetto alle prime due imbarcazioni questa che sta emergendo,
oltre a essere la più grande, è quella conservata meglio. Certo,
toccherà alla sovrintendenza stabilire se sarà questa a essere esposta,
ma abbiamo buoni motivi per ritenere che abbia le carte in regola. Del
resto necessita di restauri più lievi rispetto alle altre due». Non a
caso ieri a Palazzo San Giacomo si è tenuta una lunga riunione proprio
per stabilire come fare la teca e dove collocarla. La tecnica che sarà
usata è quella che Laurent Cortella dell’«Arc Nucléart» qualche giorno
fa ha spiegato a «Il Mattino»: «Il cosiddetto sistema a ”pane di terra”,
che considero più funzionale per la buona riuscita dell’intervento.
Invece di tirare fuori le barche pezzo dopo pezzo, per ricostruirle
altrove, si asporta tutto il blocco che le contiene e si provvede, poi,
a una graduale eliminazione del terreno». Due mesi per tirare fuori il
«pane di terra» poi i lavori per la teca, secondo Papa «per l’estate
dovremmo regalare ai napoletani e ai turisti il magnifico spettacolo
dell’imbarcazione». I costi dell’operazione dovrebbero aggirarsi sul
milione di euro, ritenuti accettabili tanto dal Comune quanto dalla
sovrintendenza.
Intanto a piazza Nicola Amore, sul lato occidentale dell’edificio di
prima età imperiale è stato individuato un altro importante reperto: la
struttura muraria di una scalinata, dalla quale sono stati asportati i
gradini, mentre si conserva parte delle balaustre laterali in marmo.
La prossima settimana si deciderà il futuro della stazione del metrò di
Piazza Nicola Amore. Nei prossimi 10 giorni è prevista una riunione fra
Comune, Sovrintendenza e Metropolitana per decidere se spostare o meno
il sito per favorire gli scavi archeologici. Oppure insistere su quella
zona rallentando i lavori per il metrò per consentire agli archeologi di
lavorare e di riportare alla luce un intero pezzo della Napoli di eta
Imperiale. Giusto ieri sono stati fatti altri ritrovamenti. In quel
cantiere la stratificazione è particolare, visto che oltre ai reperti di
2000 anni fa quotidianamente i tecnici fanno i conti anche con resti
risalenti a età più recenti.
Situazione complessa, ma a Palazzo San Giacomo nutrono fiducia che si
possa risolvere proprio nel corso del prossimo breefing. Spostare la
stazione, oltre che il rifacimento dell’intero progetto, che
comporterebbe una ulteriore perdita di tempo, costerebbe qualcosa come
dieci milioni di euro. Soldi difficili da reperire, ma una missione
comunque possibile.
Tuttavia l’orientamento dell’assessore all’Urbanistica Rocco Papa è un
altro. Vale a dire modificare il progetto della stazione, variando la
profondità piuttosto che farne uno ex novo in altro luogo, magari più a
ridosso di via Duomo. Operazione tecnicamente fattibile e che
soprattutto non coinvolgerebbe il livello politico nella decisione, cosa
che impantanerebbe i lavori per i tempi lunghi che richiederebbe. Alla
vicenda è molto attento anche il governo, che con il ministro ai Beni
culturali Giuliano Urbani monitorizza quotidianamente la situazione ed è
pronto a dare il suo il contributo.
Secondo l’amministrazione modificare solo il progetto della stazione e
non la sua localizzazione in funzione degli scavi è possibile.
Basterebbe, per esempio, costruire degli ascensori in luogo delle scale
mobili per recuperare lo spazio necessario che da un lato consentirebbe
il prosieguo dei lavori del metrò e dall’altro quello degli archeologi.
Su questa materia verterà la discussione la prossima settimana che in
ogni caso, sarà definitiva, cioè si saprà cosa s’intende fare a piazza
Nicola Amore. La sensazione è che la stazione non verrà spostata, troppo
rischioso anche da un punto di vista del rallentamento dei lavori per il
metrò che potrebbe far perdere posti di lavoro in attesa della sua nuova
localizzazione. Per questo Comune, Sovrintendenza e metropolitana sono
chiamati a trovare una soluzione che salvi entrambi gli scavi. «I
problemi tecnici si risolvono sempre - trapela dal Comune - quelli
politici invece è più difficile». (Fonte: Il Mattino)
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09/03/2004
PROSEGUONO I LAVORI PER RIPORTARE ALLA LUCE IL GYMNASIUM
Ancora due settimane di scavo, nel cantiere di piazza Nicola Amore,
per avere le idee chiare sull’edificio di età imperiale riemerso durante
i lavori del metrò. E ogni giorno che passa un nuovo tassello
architettonico in perfetto stato di conservazione si aggiunge al disegno
dell’imponente struttura giulio-claudia, tempio per il culto augusteo
oppure gymnasium: frammenti del frontone, pezzi delle colonne, parti del
pavimento a mosaico che - secondo gli esperti - si poggia su una base
ancora più antica. Ed è proprio su questo strato che ora si concentra
l’attenzione dei tecnici. «Una volta riportato alla luce il precedente
piano di calpestìo sul quale è stato costruito il monumento - spiega il
soprintendente archeologico regionale Stefano De Caro - avremo una
visione esatta della stratigrafia dei luoghi e potremo fare le giuste
valutazioni in tema di restauro e conservazione dei reperti».
In piazza Municipio, intanto, due barche romane e i frammenti di una
terza aspettano il momento buono per rivelarsi agli occhi del mondo. Due
settimane fa il sopralluogo degli esperti del laboratorio «Arc Nucléart»
di Grenoble, già incaricato del recupero dei relitti nel sito
archeologico di Pisa-San Rossore. A che punto siamo? Le imbarcazioni
saranno tirate fuori e sistemate in una teca trasparente, come aveva
annunciato il Comune, oppure si studiano altre soluzioni? «L’intervento
non è semplice - precisa Laurent Cortella, componente dell’equìpe di
specialisti francesi - da parte nostra, abbiamo suggerito tre modalità
di lavoro per il sollevamento e il trattamento degli scafi perché il
legno non si deteriori a contatto con l’atmosfera. Uno è quello attuato
a Pisa dopo una prima sperimentazione negli scavi di Ercolano, con la
tecnica del ”guscio chiuso”. Il fasciame, ricomposto all’interno di una
struttura in stagno e resina, viene ”nutrito” con una soluzione d’acqua
e polietilene glicol per tutto il tempo necessario a consolidare la
struttura. Con questo sistema, però, non sarebbe possibile assistere
dall’esterno alle varie fasi del restauro, così come vorrebbero i vostri
amministatori». La seconda possibilità? «Il guscio semiaperto. Che,
comunque, non saremmo orientati a posizionare nei pressi del cantiere».
Terza ipotesi? «Il cosiddetto sistema a ”pane di terra”, che
personalmente considero più funzionale per la buona riuscita
dell’intervento. Invece di tirare fuori le barche pezzo dopo pezzo, per
ricostruirle altrove, si asporterebbe tutto il blocco che le contiene e
si provvederebbe, poi, a una graduale eliminazione del terreno».
Quanto ai tempi e ai costi dell’operazione, Cortella precisa che «non è
stato ancora preso un impegno ufficiale con la soprintendenza, il Comune
e la società Metropolitana. A noi interessa molto svolgere questo
lavoro, ma nessuno ci ha dato conferma sul conferimento dell’incarico.
La vostra amministrazione è orientata a fissare una scadenza nel breve
termine, possibilmente prima dell’estate, ma la definizione del
calendario dipende molto dalla tecnica scelta. In linea di massima, se
avremo la disponibilità del personale necessario compatibilmente con
tutti gli altri impegni del nostro laboratorio, possiamo impiegare un
mese per il sollevamento e almeno tre o quattro mesi per avviare il
trattamento del fasciame, che per avere un buon effetto dovrebbe
proseguire per circa due anni. Della questione economica non si è ancora
parlato. Non ritengo, comunque, si possa scendere al di sotto del
milione di euro. Restauro escluso: noi non siamo archeologici, siamo
esperti nella rimozione e nella conservazione del materiale estratto
dagli scavi».
Ufficialmente i giochi sono fermi, in attesa del parere definitivo degli
archeologi. Ufficiosamente si attende la trasferta romana del
soprintendente regionale Stefano De Caro, che nei prossimi giorni
presenterà la sua relazione al comitato tecnico del ministero perché si
prenda, in quella sede, la decisione definitiva sul futuro della
stazione di piazza Nicola Amore.
Sulla variante al progetto della fermata Duomo per consentire il
recupero e la valorizzazione dei reperti non c’è mai stata perfetta
identità di vedute. L’ipotesi di uno spostamento della stazione piace
agli esperti di cose antiche, molto meno a chi si pone l’obiettivo di
completare la ferrovia sotterranea senza andare troppo oltre la prevista
tabella di marcia. L’ostacolo potrebbe essere aggirato con la previsione
di uno scavo su due livelli, che in termini economici corrisponde a un
aumento dei costi pari a circa 15 milioni di euro e in termini tecnici
pone, comunque, una serie di problemi piuttosto delicati. Primo fra
tutti, la messa in sicurezza delle aree che circondano il cantiere con
un sistema di paratìe parallele in grado di scongiurare ogni rischio di
smottamento del terreno. Alla luce di queste considerazioni non può
considerarsi un fatto casuale, né una semplice visita di cortesia, il
recente sopralluogo dell’ingegnere Goffredo Lombardi, responsabile del
dipartimento difesa del suolo, già impegnato nel difficile compito di
«sollevare dal baratro» il manto stradale di via Settembrini.
L’ultima parola spetterà dunque a Roma, come ha avuto modo di
sottolineare il ministro Giuliano Urbani prima della sua visita nei
cantieri del metrò: «Spostare la stazione? Non è escluso. Aspettiamo che
gli archeologi completino il loro lavoro: poi, dal momento che si tratta
di scelte molto delicate, affideremo la decisione al comitato di
settore, che è il nostro massimo organismo tecnico, una specie di corte
di cassazione di materia di beni culturali». E proprio in sede di
comitato, nei prossimi giorni, sarà chiamato a rappresentare il suo
pensiero il soprintendente archeologico regionale Stefano De Caro.
Due settimane ancora, fanno sapere gli addetti ai lavori, e avremo le
idee chiare sull’edificio imperiale di piazza Nicola Amore. Il monumento
sta venendo fuori in ottime condizioni, più di quanto fosse possibile
immaginare quando ne sono state individuate le prime tracce, e si fa
sempre più pressante l’esigenza di non spostarlo per non mettere a
rischio le strutture architettoniche e i preziosi mosaici pavimentali.
Due settimane ancora, aggiunge il presidente della Metropolitana
ingegnere Giannegidio Silva, e sarà possibile sedersi di nuovo intorno
al tavolo per prendere una decisione definitiva: «Per quanto ci riguarda
- precisa - siamo pronti a riscrivere il progetto della stazione Duomo.
Quello che sta venendo fuori dal cantiere rappresenta qualcosa di
eccezionale, non possiamo non tenerne conto». (Fonte: Il Mattino)
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27/02/2004
NON E' DI NERONE LA TESTA RINVENUTA, STRAPPO COMUNE-SOPRINTENDENZA
Da tempo c’è freddezza fra Palazzo San Giacomo e la sovrintendenza
archeologica, nonostante lo scavo della metropolitana con i cantieri di
piazza Nicola Amore e piazza Municipio stia contribuendo a far venire
alla luce i tesori dell’antichità. Questioni di approccio alla materia
diametralmente opposte alla base del mancato feeling. Ieri, tuttavia,
c’è stato qualcosa di più. Valeria Sampaolo, sovrintendente reggente per
i beni archeologici di Napoli ha organizzato un convegno dove ha
illustrato attraverso diapositive i recenti ritrovamenti nei due
cantieri, ma al tavolo non c’era nessuno del Comune, semplicemente
perché non invitato. Spiega bene come stanno le cose Rachele Furfaro,
assessore alla Cultura: «Credo che se accade una cosa del genere in
città, come il ritrovamento di simili tesori, come minimo l’assessore
alla Cultura debba essere invitato e invece così non è stato».
Uno strappo vero e proprio quello consumatosi ieri che fa seguito ai
mille piccole tensioni di queste ultime settimane, ultimo in ordine di
tempo l’assenza anche di Giulia Parente, assessore ai Grandi Eventi, che
comunque era attesa al convegno. Dissidi nati, oltre che sulla modalità,
su come proseguire lo scavo anche per le modalità di comunicazione. Con
il Comune che spende centinaia di milioni di euro per il metrò e, causa
i ritrovamenti, vorrebbe dire alla città cosa sta emergendo per
giustificare i ritardi con i quali termineranno i lavori. E dall’altro
lato la sovrintendenza che invece ritiene di tenere «nascosti» quei
tesori per necessità didattiche e di studio.
Tant’è, ieri la Sampaolo ha intanto chiarito che la statua ritrovata a
piazza Nicola Amore, la testa marmorea, non raffigura Nerone. «Più
probabile che si tratti di un altro esponente di spicco della gens
Giulio-Claudia, forse del nipote di Augusto, Germanico, o di un fratello
dell’imperatore Caligola». Nerone o no, il ritrovamento di piazza Nicola
Amore costringerà i tecnici ad una serie di accorgimenti nel prosieguo
dei lavori del metrò: «Di certo la stazione Duomo non verrà spostata,
non ci sono gli spazi. Ci saranno degli adattamenti al progetto per
consentire la convivenza del moderno con l’antico che esisteva e che
merita di essere conservato sul posto. Pensiamo, per esempio alla
eliminazione delle scale mobili». Anche sui tempi di realizzazione ci
potrebbero essere novità: l’idea è di smontare i reperti trovati, in
particolare le mura e i resti dell’edificio, salvo ricollocarli a
stazione ultimata nel posto in cui sono stati rinvenuti. Escamotage che
consentirebbe ritardi minori rispetto a quelli prospettati. «Con il
prosieguo degli scavi - conclude la Sampaolo - ci aspettiamo nuove
scoperte: in particolare, da Piazza Municipio altri elementi
caratterizzanti del porto. Per piazza Nicola Amore pensiamo che dovrà
emergere l’edificio, il gymnasium, e la piazza antistante nella sua
interezza. Gli scavi dovrebbero essere completati entro la fine
dell’estate». |
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20/02/2004
SCOPERTA UNA TESTA: RAFFIGURA NERONE?
Ancora un importantissimo ritrovamento
archeologico nei cantieri del metrò di piazza Nicola Amore. Una testa
marmorea che potrebbe raffigurare Nerone, è venuta alla luce dagli
scavi.
A favore dell'identificazione con Nerone gioca la datazione della statua
attribuibile al 50 d.C. Qualche dubbio invece riguarda la barba e la
capigliatura che non corrisponde esattamente alla classica iconografia
dell'imperatore, anche se potrebbe trattarsi di una raffigurazione più
giovanile. Dal punto di vista storico, il ritrovamento costituirebbe una
testimonianza che l’area di scavo (dove già è venuto alla luce
l’edificio del gymnasium) era sicuramente un luogo di culto imperiale.
Naturalmente il prosieguo degli scavi potrebbe portare a nuovi
ritrovamenti in tal senso. E' anche significativo che il rinvenimento
sia avvenuto poco lontano dal teatro dove intorno al 60 d.C., Nerone si
esibì in performances canoro-musicali.
E si racconta che durante l'esibizione il teatro crollò, ma non per la
sua esibizione, bensì per una violenta scossa di terremoto. La scoperta
della testa marmorea apre nuovi scenari sul passato di Napoli: dopo anni
di studi, ricerche e intuizioni finalmente molte domande potrebbe
trovare una risposta. Resta aperto pertanto il discorso su come portare
avanti lo scavo e, soprattutto, cosa comporterà una tale scoperta sul
futuro dei lavori del metrò. Perché, mentre finora si pensava di
trovarsi di fronte al rinvenimento di un edificio (il gymnasium)
abbattuto volutamente dagli antichi e pertanto privo di qualsiasi
statua, ora si pensa che l'edificio possa essere crollato in conseguenza
di un evento disastroso (terremoto, alluvione, ecc.) e pertanto lo scavo
potrebbe nascondere ulteriori statue ed oggetti. La soluzione che il
Comune vorrebbe portare avanti è quella di continuare i lavori lasciando
per ultima la stazione di Piazza Nicola Amore in attesa della
conclusione degli scavi archeologici. Si tratta di una soluzione che
creerebbe meno problemi per i lavori del metrò, ma naturalmente andrebbe
valutato se i reperti potrebbero restare interamente in situ. In
alternativa si potrebbe spostare la stazione di Piazza Nicola Amore,
soluzione che non intaccherebbe gli scavi archeologici, ma farebbe
lievitare costi e tempi per la stesura di un nuovo progetto. Ci sarebbe
anche una terza via, la più utile per gli archeologi: portare a un
livello di profondità diverso lo scavo della stazione. Anche qui il
ragionamento tecnico da fare non è facile, perché bisogna considerare
che la profondità attuale è già di cinque metri sotto il livello del
mare. Tuttavia in questo modo gli archeologi potrebbero arrivare fino al
tufo e quindi esplorare l’intera stratificazione della città.
In piazza Municipio, invece, lo scenario è diverso: c’è il progetto per
istallare in una teca di vetro la barca ritrovata. Tanto che il Comune
ha già preso contatti con le compagnie navali del settore crocieristico
per concordare con loro un tour archeologico per il Maggio dei
monumenti.
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12/02/2004
I REPERTI A SECONDIGLIANO
Mentre il ministro per i Beni e le Attività culturali Giuliano
Urbani ha garantito l’intervento del Governo per il completamento dei
lavori di scavo e la sistemazione delle aree archeologiche emerse dai
cantieri della linea 1 della metropolitana, il Comune ha concesso in
comodato d’uso gratuito alla soprintendenza per Beni Archeologici un
edificio situato nel Deposito officina di Secondigliano di circa 1.000
metri quadrati per ospitare i reperti rinvenuti.
Il provvedimento era stato già reso noto lo scorso gennaio in occasione
del ritrovamento dell’imbarcazione romana negli spazi della stazione
Municipio “A breve - annuncia il vice sindaco Rocco Papa - sorgerà un
museo annesso alla stazione che sul modello dell’esperienza ateniese,
ripercorre la storia e il tracciato della città, mentre i reperti di
verranno trasferiti nella periferia nord in un laboratorio di restauro,
e una volta recuperati, sistemati nel museo di prossima apertura”.
Gli spazi messi a disposizione della Sovrintendenza saranno utilizzati
per la custodia, la catalogazione ed il restauro dei reperti
archeologici rinvenuti negli scavi per la realizzazione delle stazioni
del metrò. (Fonte: Il Mattino)
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30/01/2004
SPUNTANO LA TERZA BARCA ED UNA NECROPOLI
Emergono anche le tracce di un'altra barca dai lavori di scavo per
la stazione della metropolitana in Piazza Municipio a Napoli. Adesso le
barche romane saranno tirate fuori, sistemate in una grande struttura
trasparente a pochi passi dalla futura stazione e restaurate sotto gli
occhi dei cittadini e dei turisti.
Nel frattempo in Piazza Nicola Amore (dove sono già emersi i resti
dell'antico gymnasium, l'edificio pubblico che i greci destinavano a
luogo di formazione per i giovani) gli operai hanno riportato alla luce
un'anfora funeraria contenente lo scheletro di un bambino. Il
ritrovamento dello scheletro di bambino in piazza Nicola Amore potrebbe
lasciar pensare alla presenza di una necropoli. Lo scheletro è stato
rinvenuto in un’anfora di terracotta tagliata a metà. Si tratta di una
tecnica di sepoltura infantile detta ”enchitrismos” che per tradizione
risale ai tempi degli antichi greci ma è stata utilizzata anche nella
Roma imperiale e nei secoli successivi. Pur essendo Napoli di origine
greca, è il primo reperto del genere che viene alla luce in città. (Fonte: Il Mattino)
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15/01/2004
RINVENUTA LA SECONDA BARCA
Ancora un nuovo sensazionale ritrovamento dal cantiere del metrò di
Piazza Municipio a Napoli. A poca distanza dalla barca rinvenuta
capovolta poco tempo fa, è affiorata la sagoma di un secondo natante,
uguale al primo. Il ritrovamento di questo secondo natante, mette in
moto tutta una serie di ipotesi sull'utilizzo di queste imbarcazioni,
considerate le dimensioni quasi identiche:dieci metri di lunghezza per
due di metri di larghezza, e fa pensare a una flottiglia di scafi, dallo
scarso pescaggio, che in epoca romana avrebbero fatto la spola tra il
naviglio da trasporto pesante, all'ancora in acque profonde, e i moli
del porticciolo dell'antica Neapolis. Al recupero dei legni, adesso,
dovrebbero provvedere i tecnici che hanno riportato alla luce le navi
pisane. Le primissime indagini sugli oggetti trasportati da quest'altra
imbarcazione, hanno evidenziato la presenza di vasi, ceramiche, gioie e
monili, suole di scarpe, pezzi di corda.
Dal "pozzo" di Piazza Nicola Amore, invece, è spuntato un tratto di
pavimento che i tecnici hanno ritenuto fosse quello posato all'ingresso
del Gymnasium: quella sorta di tempio dello spirito e del corpo, usato
dai giovani sia come palestra per svolgere esercizi fisici che come
luogo d'eccellenza dove ascoltare filosofi, pesantori, letterati e poeti
o esercitarsi nella musica. Tutti i reperti, a partire dalla fontana
medioevale, per continuare con gli elementi recuperati nella necropoli,
saranno rapidamente restaurati. Per quelli che dovranno necessariamente
rimanere in situ, si sta pensando a un percorso pedonale che darebbe la
possibilità di ammirarli nonostante i cantieri siano ancora attivi. |
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06/01/2004
RIAFFIORA IL PORTO ROMANO SORPRESA DAGLI SCAVI PER IL METRO'
C' era una volta, secondo alcuni qui, secondo altri là, il porto di
Napoli antica. Mille e ottocento anni dopo gli archeologi, scavando con
le squadre della metropolitana la stazione di piazza Municipio, 13 metri
sotto il piano di calpestio e 3 e mezzo sotto il livello del mare
isolato grazie a enormi paratie stagne, hanno ritrovato la linea di
costa perduta. Per anni c' erano state tre diverse ipotesi sulla
ubicazione dello scalo per i vivaci commerci di Neapolis: secondo alcuni
c' era un porto solo, e si trovava tra piazza della Borsa e l'
Università. Secondo altri, i bacini erano due, uno in piazza Municipio e
l' altro tra via Depretis e via Marittima. Per altri ancora, il porto
era verso l' attuale Castel dell' Ovo. Solo ipotesi. Lo storico crociano
Bartolommeo Capasso e l' archeologo Mario Napoli ci erano andati più
vicino, ma il primo aveva sbagliato la datazione: pensava fosse durato
di più, invece i commerci neapolitani dopo tre secoli si spensero, con
la crisi dell' Impero romano. Ora, finalmente, la risposta. Passava in
mezzo alla piazza, a pochi metri dal Maschio Angioino (che sarebbe stato
costruito mille e 200 anni dopo) e proprio sotto la statua equestre di
Vittorio Emanuele c' era il punto più basso, punteggiato di pali di
legno che nel tempo avevano sorretto più di una banchina. Proprio lì,
dritta dritta, era affondata una barca da carico di nove metri per due,
che da quasi duemila anni poggia su un fondale che restituirà frammento
per frammento la vita quotidiana di una città. Perdevano di tutto, in
mare, gli antichi. Si son trovate suole in cuoio di calzari romani
infossate nel fango. Circa 200 reperti, residui di operazioni di carico
e scarico: monete, «sigillate» corinzie con decorazioni a rilievo di
scene bacchiche, bottiglie di vetro tappate col sughero, balsamari che,
analizzati, racconteranno lo Chanel delle matrone, una grande quantità
di ceramica ben conservata: pentole di terracotta, anfore che
aggiungeranno novità alla storia del vino, e coppe di produzione
africana che si erano rotte cadendo in acqua. Ed ancora, attrezzi da
marinaio persi tra i flutti: aghi per rammendare le reti, cime, piccoli
arpioni di legno per la pesca, anelli forse per assicurare le vele al
sartiame, quelli che in gergo marinaro si chiamano garrocci, ancore
romane in pietra a due fori e lucerne di antiche lampare. In barba alle
teorie sul biodegradabile è rimasto tutto com' era. Dopo il ritrovamento
di Pisa del ' 98 a Pisa, quando vicino alla stazione furono trovati l'
antico porto etrusco-romano e 16 imbarcazioni, quello di Napoli è tra i
più importanti. Fu all' inizio del 400 d.C. che il porto cessò di
esistere, si impaludò e nel VII secolo fu coperto da una strada. «L'
attuale piazza - spiega il soprintendente regionale, l' archeologo
Stefano De Caro - era un' insenatura orientata a nord-ovest/sud-est.
Dallo scavo di piazza Bovio si può ipotizzare che forse un unico grande
bacino allungato tra piazza Municipio e piazza Bovio si andò frantumando
in due o più insenature a seguito dei fenomeni marini. Fu interrato -
prosegue De Caro - al ritmo di un metro al secolo per mancata
manutenzione e crisi dell' Impero». La scoperta si deve a due donne: le
archeologhe Daniela Giampaola, che dirige lo scavo, e Maria Vittoria
Carsana. «Lo scavo della metropolitana - spiega Giampaola - è stata un'
occasione unica. Il nucleo greco-romano è rimasto più o meno delle
stesse dimensioni per molti secoli, in età angioina, aragonese e
vicereale, come un gioco di scatole cinesi». «L' intervento, che ha
visto d' accordo Comune e società Metropolitana Spa, ci ha resi il fiore
all' occhiello dell' archeologia italiana - osserva Bruno D' Agostino,
ordinario all' Istituto Orientale e teorico dell' archeologia urbana -
Si è lavorato bene anche a Pavia e a Roma, ma il quadro napoletano,
complicato dalla stratificazione e dalla difficoltà ambientale, ha dato
risultati insperati». Nessun blocco, i lavori riprendono in questi
giorni. Bisognerà recuperare i reperti, che vengono costantemente
bagnati per evitare che l' ossigeno si deteriori. La barca sarà tirata
in superficie immersa in una vasca di vetroresina piena d' acqua che le
verrà costruita intorno per evitarle shock. Il fondale dell' antico
mare, che si trova nel pozzo della galleria del metrò, è condannato a
sparire, ma nei «mezzanini», i percorsi pedonali della stazione, sarà
leggibile come per il metrò di Atene la stratificazione di età,
straordinario regalo di Natale degli archeologi alla città.
(Fonte: Stella Cervasio su La Repubblica)
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I PRIMI RITROVAMENTI: UNA
BARCA ED UN EDIFICIO
E' accaduto tutto a fine del 2003. Durante gli scavi per la
costruzione della stazione della metropolitana di Piazza Municipio, sono
venuti fuori reperti romani. Il successivo scavo ha permesso di
individuare un'antica insenatura che si insinuava in un remoto cratere
vulcanico fino all'interno dell'attuale Piazza Municipio. In tal modo è
stato possibile ricostruire l'antica linea di costa di questa zona ove
sorgeva un impianto portuale di Neapolis. La sistemazione dell'area
risale al II secolo d.C. Ma il reperto più interessante è sicuramente
una barca, lunga 10 metri, rinvenuta capovolta e straordinariamente
simile a quella rinvenuta nel 1982 di Ercolano. La scoperta della linea
di costa era prevedibile ma senza i lavori di scavo della metropolitana
non sarebbe stato possibile portare alla luce i resti.
L'area dello scavo è in una zona fangosa dove si scorge il profilo della
antica barca affondata che verrà portata alla luce interamente entro sei
mesi. Tutt'intorno si scorgono pali lignei, praticamente integri,
conservati perfettamente dalla presenza dell'acqua, una serie di
banchine dove venivano ancorate le imbarcazioni. Infine la linea di
approdo disseminata di vasi ed anfore, alcune delle quali ancora
sigillate col tappo di sughero. Ovviamente si spera di continuare gli
scavi più in profondità per ritornare ancora più indietro nel tempo. Il
progetto potrebbe essere quello di creare un museo di esposizione
all'interno della stessa stazione di piazza Municipio, dove ospitare la
grande quantità di reperti. Grazie ai rinvenimenti è stato ricostruito
l'antico profilo della costa in questa zona: il mare si insinuava in un
cratere che sorgeva accanto all'attuale Maschio Angioino. Si trattava di
una baia protetta che consentiva l'approdo in tutta tranquillità. Il
mare si è poi ritirato nel corso dei secoli, interrato da dilavamenti e
frane e nel sesto secolo venne costruita una strada.
A poca distanza da Piazza Municipio, nel cantiere per la costruzione
della stessa metropolitana a Piazza Nicola Amore, ancora testimonianze
della Napoli antica. Qui sono emersi i resti di quello che era un
imponente edificio pubblico, edificato in epoca augustea probabilmente
per i giochi Isolimpici. Nello stesso scavo, a pochi metri di distanza,
è venuta alla luce una bellissima fontana in marmo del 1200, con
graffiti raffiguranti barche che navigano verso un castello. |
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