La Tomba di Virgilio a Napoli

Si tratta di un colombario di epoca augustea con base cubica e volta a botte. Presenta tre aperture; originariamente l’ingresso principale era opposto all’attuale. All’interno vi sono 10 nicchie, disposte simmetricamente a coppie di tre sulle pareti chiuse e di 2 su quelle con le aperture, destinate a raccogliere, oltre alle spoglie del poeta – di cui non si sa con certezza se effettivamente riposino qui o altrove – anche quelle delle persone a lui più care. All’esterno vi sono due lapidi, di cui una fatta apporre da re Alfonso d’Aragona che recita: Fermati passeggero e leggi queste poche cose: qui c’è Virgilio, questo è il suo tumulo. Nell’anno del Signore 1455, sotto il regno di Alfonso signore nel nome di Gesù Nostro Signore, Re delle Due Sicilie. Nell’altra iscrizione, datata al 1558 e qui collocata dai Canonici Regolari Lateranensi della chiesa di Piedigrotta si dice: Quali ceneri? Queste sono le rovine di un sepolcro, vi è seppellito colui che un tempo cantò pascoli, campi e condottieri.
Il sepolcro fu oggetto di visita e ammirazione nel corso dei secoli di uomini illustri quali Seneca, Petrarca Boccaccio, Goethe, Saint-Non e del popolo. Nella Cronaca di Parthenope, del XIV secolo, espressione e riflesso della tradizione popolare, numerosi sono i poteri magici attribuiti al mantovano e i prodigi da lui compiuti. Oltre all’edificazione della Crypta in poche ore, come già detto, si riteneva che Virgilio avesse realizzato le terme dei Campi Flegrei e di Baia.
Corrado di Querfurt in una lettera scritta ad Arnaldo da Lucca nel 1194 afferma che Virgilio aveva fondato la città di Napoli cingendola di mura e fatto prodigi numerosi per preservare la città da tanti mali.
La nascita della figura di Virgilio mago può, presumibilmente, ricondursi all’importanza che le sue opere ebbero nel corso dei secoli in quanto ritenute compendio di tutto il sapere, ed in particolare questa credenza si lega al canto della Sibilla Cumana, IV ecloga del VI libro dell’Eneide, le cui arti divinatorie furono trasferite alla figura del poeta.

Foto di Dante Caporali