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Il pianoro su cui sorse Neapolis era contornato a nord dal vallone dell’attuale via Foria, ad ovest dal vallone di Via S.Maria di Costantinopoli e Calata Trinità Maggiore, ad est dalla depressione di Castel Capuano. A sud il suddetto pianoro seguiva l’andamento della costa.
Secondo alcuni autori l’area di Neapolis era inoltre delimitato da tre piccoli fiumi che seguivano le seguenti direttrici:
1. Ponti Rossi, Arenaccia, Corso Novara, Piazza Garibaldi
2. Fontanelle, Vergini, S. Giovanni a Carbonara, Lavinaio
3. Salvator Rosa, piazza Dante, S. Anna dei Lombardi, via Medina, piazza Municipio.
I suddetti corsi d’acqua vengono chiamati dagli storici con nomi diversi (Sebeto, Clanio, Cavone, Rubeolo), ma l’esatta identificazione non è finora possibile.
La struttura urbana di Neapolis è conosciuta come ippodamea (dal nome dell’urbanista Ippodamo di Mileto, vissuto ed operante soprattutto nella seconda metà del V secolo a.C.) ed è prettamente greca. In realtà il piano urbanistico napoletano non è riconducibile a quest’autore, ma è sensibilmente più antico e di concezione arcaica. In base a questo sistema urbanistico, Neapolis era formata da tre grandi vie rettilinee in direzione est-ovest dette plateiae (plateae per i romani) che corrispondono quasi interamente alle attuali direttrici di:
-via Pisanelli, via Anticaglia, via SS. Apostoli (plateia superiore);
-via S. Pietro a Maiella, via Tribunali (plateia mediana);
-via B. Croce, v. S. Biagio dei Librai, via Vicaria Vecchia, via Forcella (plateia inferiore).
Tali strade erano intersecate perpendicolarmente da stenopoi (angiporti per i romani) in senso nord-sud, ancora oggi riconoscibili in strade quali: via Atri, vico Giganti, vico Zuroli, ecc..
La plateia mediana era larga m. 5,92, mentre gli stenopoi risultavano larghi da m. 2,96 a m. 3,55. Grazie al perfetto incrocio tra plateiai e stenopoi, si formavano le insulae (m. 187 x 37) che risultano rettangolari e non quadrate come nello schema ippodameo, a cui molti fanno riferimento. Le insulae erano poi inframmezzate da stretti vicoli che persistono ancora e caratterizzano l’attuale impianto del centro antico di napoli.
Mura e porte
L’area abitata, fin dall’inizio, fu racchiusa entro una possente struttura muraria costruita in blocchi di tufo locale. Col succedersi dei secoli, fu rinforzata e a tratti ricostruita. In epoca imperiale, lo sviluppo delle mura era di circa 3,8 km. per un’area di 72 ha.
Il circuito murario seguiva il seguente andamento: via Costantinopoli, S. Pietro a Majella, S. Domenico Maggiore, via Mezzocannone, Corso Umberto (con andamento irregolare per la presenza del litorale), piazza Calenda, Castel Capuano, S. Giovanni a Carbonara, via Settembrini, base della collina di Caponapoli.
Le mura vennero costruite in tufo giallo napoletano che sembra provenire in gran parte dalla cava di Santa Maria del Pianto.
Le porte che si aprivano nelle mura erano almeno sei: le porte di San Domenico Maggiore e di piazza Calenda lungo la plateia inferiore, le porte di San Pietro a Majella e Castel Capuano lungo la plateia mediana, la porta di S. Sofia lungo la plateia superiore (che non sembra avere sbocchi dal lato di via del Sole); un’altra porta doveva trovarsi nell’area dell’attuale Porta San Gennaro ed infine una viene collocata nell’area della Chiesa di Sant’Aniello a Caponapoli. Vari studiosi hanno, inoltre, ipotizzato la presenza di porte e postierle a Via Mezzocannone (altezza cortile del Salvatore), Via Donnaregina ed, in genere, sul lato est.
Le mura greche: tecnica edilizia e fasi cronologiche.
Il sistema difensivo di Neapolis presenta almeno due fasi edilizie, che si distinguono nettamente per la differente tecnica edilizia impiegata.
La più antica, databile al V sec. a.C., prevede un muro difensivo realizzato con grossi blocchi di tufo, posti in opera a secco ed aventi come base il lato breve (posti in opera di coltello). Alla cortina muraria si legano alcuni bracci ortogonali (le briglie) disposte ad una distanza regolare in modo da realizzare delle concamerazioni riempite con il materiale di risulta del montaggio dei blocchi (scaglie e taglime di tufo). Le briglie potevano legarsi o ad una seconda cortina muraria interna (sistema a doppia cortina) o all’andamento naturale della collina (come nel caso di Piazza Bellini).
La seconda fase delle fortificazioni, databile al IV a.C., differisce dalla prima per la disposizione dei blocchi, che vengono sovrapposti avendo per base il lato lungo.
In questo momento viene quindi realizzato un raddoppiamento delle mura con un nuovo sistema che si appoggia al precedente, inglobandolo ed obliterandolo, ottenendo quindi un inspessimento del sistema difensivo.
La cava greca di S. Maria del Pianto
Nel 1982 sotto la chiesa del cimitero di Santa Maria del Pianto è stata scoperta una enorme cava di epoca greca perfettamente conservata grazie ad un crollo che ne ostruì l’ingresso già in antico; sulle pareti vi sono ben leggibili i marchi di cava ed i segni della cavatura dei blocchi
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